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Ucraina: popolo in miseria e timori tra i golpisti

La situazione sociale ed economica ucraina è in caduta libera: lo dimostrano alcune cifre pubblicate a Kiev e altre rese disponibili a Langley. I sondaggi del Comitato statale di statistica (ComStat) indicano che il 72% degli ucraini si dichiara “povero” (era il 57% nel 2008, anno di crisi) e solamente lo 0,7% (il 2% nel 2008) ritiene di far parte della “classe media”, mentre è scesa dal 41 al 27% la porzione di popolazione che considera il proprio stato a metà strada tra povertà e “condizione media”. Soltanto il 6,2% delle famiglie considera il proprio reddito sufficiente e riesce a mettere da parte qualcosa. Il ComStat scrive di un 43% di famiglie che rinunciano costantemente all’essenziale, tranne il cibo e un 46% che riesce a far pari, senza però fare risparmi; ma il 4,9% delle famiglie, nel 2015 non ha potuto assicurarsi nemmeno gli alimenti quotidiani e ha dovuto digiunare per 1 o 3 giorni.

La questione, ovviamente, non riguarda oligarchi quali Rinat Akhmetov, Igor Kolomojskij, Gennadij Bogoljubov o Viktor Pinčuk che, con un patrimonio complessivo di 7,2 miliardi di $, detengono poco meno del 30% della ricchezza totale (circa 24 miliardi di $, secondo la classifica di Focus Ucraina: miliardo più, miliardo meno, secondo le diverse classificazioni) dei 100 uomini più ricchi d’Ucraina. Non riguarda nemmeno le multinazionali straniere che, per accaparrarsi le ricchezze in materie prime del paese, hanno scelto la strada del colpo di stato, che assicura ricchezza crescente, naturalmente, anche agli esecutori materiali del golpe. Il “povero” Petro Poroshenko, per dirne uno, appena ottavo nella classifica di Focus – ma sesto in quella di Forbes, con 858 milioni – pur con “appena” 680 milioni di $, continua di anno in anno ad accrescere il proprio patrimonio. Ovviamente, per tutti loro, queste sono solo le cifre ufficiali: Panama papers a parte.

Quelle stesse cifre ufficiali, pubblicate dalla CIA, mostrano una caduta del reddito pro capite ucraino, passato dai 9.400 $ del 2013, agli 8.300 del 2014, ai 7.500 del 2015, a fronte di un PIL (PPA) di circa 340 miliardi di $ (377 nel 2014 e 403 nel 2013). Ovviamente, nella media di quei 7.500 $, sono compresi gli oltre 3 miliardi di Akhmetov e i circa 1.500 milioni cadauno di Kolomojskij, Bogoljubov e Pinčuk, oltre ai miseri 136 milioni di Sergej Taruta (come Akhmetov, uno degli oligarchi del Donbass), che lo spingono al meschino 37° posto di Focus.

Sempre nel 2015, con la distruzione di fatto di settori fondamentali dell’economia, quali l’energetico, il chimico, l’ingegneria meccanica, il cosiddetto tasso di crescita reale ha registrato un -9,9% (era stato del -6,6% nel 2014 e dello 0% nel 2013; per fare un paragone con la crisi italiana: la CIA accredita al nostro paese un +0,8% nel 2015). In compenso, l’Ucraina si è assicurata il secondo posto mondiale per tasso di mortalità, con 14,46 ogni mille abitanti: subito dietro al Lesotho, con 14,89 e si è piazzata al quintultimo posto per tasso di crescita della popolazione, con un -0,60, davanti a Moldova (-1,02), Lituania (-1,04) e Lettonia (-1,06), oltre a Saint Pierre e Miquelon (-1,08) e le Isole di Cook (-2,95). Il tasso di disoccupazione è passato dal 9,3% del 2014 al 9,5% del 2015, anche se, proprio nel 2015, il direttore ucraino dell’Istituto di analisi e management Ruslan Bortnik, aveva parlato di un tasso del 20% e pronosticava un balzo al 50% – tra disoccupazione aperta e mascherata – per fine 2015. E, sempre un anno fa, il direttore del Centro di analisi ucraina Aleksandr Orkhimenko, parlava di 30 pretendenti per un posto di lavoro, contro una media di 20 nel 2013. Se nel 2010 a Langley stimavano che il 24% degli ucraini vivesse al di sotto della soglia di povertà, nel 2015, secondo lo standard ONU (è considerato povero chi spende meno di 5 $ al giorno) oltre l’80% della popolazione è al di sotto di quella soglia. Gli esperti delle Nazioni Unite valutano che il minimo di sopravvivenza in Ucraina è oggi di 1,5 $ al giorno, poco al di sopra di diversi paesi africani. Mentre l’agenzia ucraina Unian.net concorda con i dati ONU, il sito mojazarplata.com.ua scrive invece di un 14% (circa 13 milioni di persone) di popolazione che vive al di sotto del livello assoluto di povertà e di un altro 28% a livello di povertà relativa: in ogni caso, una “sicura crescita” rispetto al 2010, con l’inflazione arrivata quest’anno al 43%!

Secondo le statistiche ufficiali, nel primo trimestre del 2016 il reddito reale si è ridotto del 15%, “grazie” agli aumenti tariffari dettati da FMI e Banca Mondiale. Con salari minimi di 1.450 grivne (circa 58 $) e medi che oscillano tra le 2.500 e le 4.000 grivne e con pensioni da 1.130 a 1.900 grivne, i pronostici indicano che, con gli ulteriori aumenti tariffari del prossimo autunno, occorreranno 2-3 stipendi per pagare gas, luce, acqua, riscaldamento di un appartamento di tre stanze.

Ma il Ministero per lo sviluppo economico ha annunciato che, nel 2017, l’economia ucraina crescerà del 3% e del 4% nel 2018-’19. Peccato che questo annuncio, scrive Olga Šelkova su odnarodyna.org, grazie agli sforzi dell’ex Ministro delle finanze, l’americano-ucraina Natalja Jaresko, per la ristrutturazione del debito (dei 15 miliardi di $, 3,8 “abbonati” e altri 8,5 dilazionati fino al 2020), farà contenti solo i creditori stranieri. L’accordo raggiunto tra americana e americani, obbliga infatti il paese a sborsare ai detentori di titoli di debito ucraini, dal 2021 al 2040, parte del PIL nazionale: se la crescita del PIL sarà inferiore al 3%, l’Ucraina sarà esente dal pagamento; invece, con una crescita del 3-4%, il paese pagherà il 15% della somma superiore al 3% del PIL; se la crescita  supererà il 4%, i creditori riceveranno il 40% della quota di aumento per ogni punto percentuale superiore a quel valore. Secondo i calcoli del Blocco di Opposizione, con una crescita del 7%, l’Ucraina pagherà agli “strozzini” occidentali circa 60 miliardi di $. Dopo questo “accordo”, Natalija-Dipartimento-di-stato-Jaresko è andata a dirigere la filiale ucraina del Aspen Institute, da poco inaugurata a Kiev sotto gli auspici di George Soros e del quarto uomo più ricco d’Ucraina, Viktor Pinčuk, ma tra i cui fondatori negli anni ’50 in USA figurava uno degli architetti della guerra fredda, quel Paul Nitze autore della direttiva 68 del NSC: “Dobbiamo condurre un’aperta guerra psicologica per fomentare un tradimento di massa verso i Soviet e distruggere i piani del Cremlino. Dobbiamo rafforzare le operazioni segrete in campo economico, politico e psicologico, per incitare alla ribellione in importanti e strategicamente selezionati paesi satelliti”. Non a caso, l’inaugurazione del Aspen Institute a Kiev segue di poco il vertice Nato a Varsavia, che ha proclamato la Russia “minaccia principale dell’Alleanza atlantica”.

E se l’Aspen si occupa del convincimento mentale degli ucraini, per assicurare la “pace” interna e “persuadere” il paese della giustezza del percorso intrapreso due anni e mezzo fa, l’ambasciata a stelle e strisce ha eletto a proprio strumento operativo il battaglione “Azov” e il suo “führer” Andrej Biletski, ex Capo di quei Patrioti d’Ucraina che già nel dal 2006, con il motto “Il mio führer mi aspetta nel Walhalla”, cominciarono a bastonare e uccidere studenti arabi, vietnamiti, africani, nei convitti di Kharkov, sotto la protezione dell’allora governatore regionale e ora Ministro degli interni Arsen Avakov. Oggi, eminenza grigia di “Azov” e vice di Biletskij è considerato Oleg Odnoroženko, che varie fonti danno come legato alla CIA almeno dal 2012. Al di là di “Azov”, Biletskij, Odnoroženko e un’altra quindicina di loro camerati compongono l’ordine del “Sole Nero”, di cui fanno parte anche alcuni deputati del Partito radicale. Nel Donbass, secondo Russkaja Vesna, il ruolo di “Azov” è stato più quello di “polizia” contro la popolazione civile, che non quello di forza combattente. Più o meno la stessa funzione che sta svolgendo ora ai danni della popolazione ucraina con il beneplacito di Arsen Avakov (il Ministero degli interni è ricco di squadristi di “Azov”) e la supervisione di Roman Zvarič, nato in USA da emigrati ucraini, dal 1979 al 1991 segretario a Monaco del capo dell’OUN, Jaroslav Stetsko e poi, emigrato in Ucraina e ottenuta la cittadinanza nel 1995, Ministro della giustizia nel governo di Julija Timoshenko nel 2005. Uno dei molti, dunque, “supervisori” yankee a Kiev, come la moglie dell’ex presidente Juščenko, Ekaterina, il banchiere lituano ed ex Ministro dello sviluppo economico ucraino Abramavičus, il governatore di Odessa Mikhail Saakašvili, con la sua coorte di georgiani, o il consorte di Natalija Jaresko, il cittadino USA Igor Figljus, presidente della cosiddetta “Plast”, un’organizzazione di scout che, al pari di altri organismi giovanili, come il Corpo Civile di “Azov” o vari club di “tifoseria” calcistica, cura la formazione nazista della “nuova Ucraina”, secondo i dettami a stelle e strisce. Una formazione che, a detta di Maksim Sereda, di amdn.news, coinvolge anche molti neonazisti russi, invitati appositamente in Ucraina per seminari e corsi ad hoc: pare infatti che a Washington comincino a dubitare delle possibilità di successo della cosiddetta “opposizione liberale” in doppiopetto dei Kasjanov e Kasparov e si orientino per soluzioni più dirette.

Così che, grazie allo spadroneggiare di mentalità, metodi e risorse – a più riprese, gli aeroporti di Kharkov, Zaporože e Dnepropetrovsk sono rimasti chiusi, per permettere il trasbordo di materiale militare USA destinato in gran parte proprio ai neonazisti  di “Azov” – materiali, la diffusione di armi e di criminalità comune, non solo “politica”, ha raggiunto livelli elevati. Anna Dogareva scrive su Žurnalistskaja pravda che il numero degli omicidi negli ultimi due anni è aumentato del 165%, è raddoppiato il numero di furti di autoveicoli e del 68% quello di conflitti tra bande. Di contro, i casi risolti dalla polizia non sono più del 25% e meno del 15% gli omicidi. Ciò è dovuto non solo alla cosiddetta “Legge Savcenko” che ha rimesso in libertà quasi centomila reclusi, non solo alla “riforma europea” della milizia, non solo alla leggerezza con cui viene “perdonato” qualsiasi crimine commesso da reduci dei massacri nel Donbass, ma anche all’immiserimento generale e alla drammatica situazione sociale: si deruba e si uccide oggi per un cellulare, un portafoglio vuoto e una catenina di finto oro.

E’ così che, secondo i sondaggi del Centro “Sotsialnyj monitoring”, se in questo momento si tenessero le elezioni presidenziali, al primo posto ci sarebbe ancora Petro Poroshenko, ma con appena il 19,5% dei consensi, seguito da Julija Timoshenko col 19,4% e, più distanziati, il sindaco di L’vov Andrej Sadovyj, il capo del Partito radicale Oleg Ljashkò e il deputato del Blocco di Opposizione Vadim Rabinovič. Secondo il sondaggio, il livello di sfiducia è del 70,1% nei confronti del presidente, del 69% nei confronti del suo primo ministro Vladimir Grojsman e del 68,8% nei confronti del Procuratore generale Jurij Lutsenko.

Forse anche per questo, scrive news-front.info, mentre il presidente del Consiglio di sicurezza Aleksandr Turčinov parla di introduzione della legge marziale, mentre nelle strade di Kiev si uccidono giornalisti, mentre nel Donbass la situazione militare si inasprisce ogni giorno di più, ecco che vanno “in vacanza” il Ministro degli interni Arsen Avakov e il sindaco di Kiev Vitalij Kličkò e il presidente Petro Poroshenko se ne vola alla chetichella nella sua villa a Malaga. Qualcosa bolle nelle pentole di Kiev?

 

Fabrizio Poggi

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2 Commenti


  • roberto

    perchè questi articoli così lunghi, spesso non va di leggerli perchè la lunghezza li rende tediosi!


  • Mimmo

    Gli effetti della fine del comunismo.

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