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Pyongyang: la Nato non “ficchi il naso”

L'agenzia di stampa nordcoreana KCNA scrive che Pyongyang ha rigettato la pretesa della Nato, espressa al vertice del 15 dicembre scorso, che la RPDC elimini i propri programmi missilistico-nucleari. Tale richiesta (“solo quella richiesta?”, viene da chiedere), scrive la KCNA, dimostra che quel blocco politico-militare si è trasformato in una marionetta USA. Solleva perplessità, scrive l'agenzia, la circostanza che la Nato, “la cui funzione ufficiale è quella di assicurare la sicurezza nella regione nordatlantica, ficchi il naso nelle questioni della penisola coreana”.

Il direttore del Dipartimento legale del Ministero degli esteri nordcoreano, scrive la KCNA, aveva rilasciato ieri una dichiarazione di denuncia della "risoluzione sulle sanzioni" contro la RPDC (la n. 2321 del 30 novembre scorso) adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite “su iniziativa degli Stati Uniti e dei loro vassalli”, in cui si bollano i test nucleari della Corea del Nord come "minacce" e "provocazioni". Nella dichiarazione nordcoreana si afferma che “né le sanzioni ONU, né sanzioni indipendenti possono influenzare le azioni della RPDC, orgogliosamente emersa come potenza nucleare e spaziale”, nonostante le sanzioni “affibbiate da USA e altre forze ostili da più di mezzo secolo”. Denunciando la "risoluzione sulle sanzioni" 2321, che “viola arbitrariamente la sovranità” della RPDC, quale “documento criminale privo di legalità”, il Ministero nordcoreano afferma anche che “il test nucleare della RPDC ha costituito un esercizio del diritto di autodifesa e una pratica di contrasto alla minaccia nucleare USA e di altre forze ostili, insieme alla dimostrazione della forte volontà del suo popolo di esser pronto a contrastare ogni provocazione del nemico. Le legittime misure di autodifesa della RPDC per difendere la propria dignità e i propri diritti vitali e proteggere una pace autentica dalla minaccia di guerra nucleare sempre più crescente proveniente dagli Stati Uniti, rappresentano un diritto legale di ogni Stato sovrano, non in contrasto con le leggi internazionali”. Tale ultima risoluzione ONU, conclude la dichiarazione ministeriale nordcoreana, “che va oltre anche la "risoluzione sulle sanzioni" 2270 tesa a isolare e soffocare la RPDC, crea un imminente pericolo di guerra nella penisola coreana” e vale “come una dichiarazione di guerra. Gli Stati Uniti e gli altri paesi coinvolti nell'adozione della "risoluzione sulle sanzioni" avranno la piena responsabilità delle conseguenze”.

Tra le “forze ostili” citate dalla KCNA, non è da escludere il Giappone, le cui forze armate, scriveva ieri la Tass, hanno ottenuto dal Consiglio per la sicurezza nazionale il diritto a usare ogni tipo di armamento per proteggere Stati Uniti e altri alleati in caso di attacco; il discorso riguarderebbe principalmente i missili balistici nordcoreani. Inoltre, i militari giapponesi inquadrati nelle forze di pace ONU, possono ora usare le armi per proteggere la popolazione civile, mentre finora avevano l'obbligo di ritirarsi immediatamente in caso di  minaccia di operazioni militari e, all'estero, potevano far uso delle armi solo se fatti oggetto di attacco diretto.

Ma, soprattutto, riferendosi alle forze ostili, a Pyongyang si insiste sulla volontà sudcoreana di ostacolare in ogni modo il miglioramento delle relazioni tra le due Coree e si afferma che la linea di contrapposizione seguita da Seoul nei confronti dei connazionali del Nord “è giunta a una fase estremamente pericolosa”. In un'altra dichiarazione, rilasciata sempre ieri dal Ministero degli esteri della RPDC, si invitano tutti i governi stranieri “a seguire con attenzione lo stato dei rapporti tra Nord e Sud e prender atto della pericolosità della campagna propagandistica indirizzata da Seoul contro Pyongyang”, diretta “a trascinare gli Stati stranieri nel confronto tra RPDC e Corea del Sud”. Nella dichiarazione, si afferma che nel 2016 l'intelligence sudcoreana ha diffuso ogni tipo di comunicato, e-mail e CD, "con insulti alla dignità della leadership e al sistema sociale della RPDC". Pyongyang esige anche  il ritorno in patria delle 12 ragazze nordcoreane sequestrate in Cina da agenti sudcoreani e portate a Seoul.

 

Fabrizio Poggi

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