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La Libia traballa. L’Italia negozia con un interlocutore indebolito

Le milizie dell’Esercito nazionale libico (Anl), che rispondono al generale Khalifa Haftar, hanno annunciato di aver ripreso il “controllo totale” di due terminal petroliferi nell’Est della Libia, che nel corso dell’ultima settimana erano divenuti oggetto degli attacchi di milizie armate rivali. “Le nostre forze armate hanno il controllo totale della regione di Ras Lanouf”, ha indicato il portavoce dell’Anl, generale Ahmed al-Mesmari, prima di annunciare che le forze filo-Haftar “si sono impadronite del terminal di al-Sedra e scacciavano i nemici verso l’Ovest”. Ma verso ovest, e sempre più a ovest, c’è il territorio formalmente controllato dal governo di Tripoli, riconosciuto dalle potenze occidentali ma contrastato da Haftar.

Il governo di Tripoli ormai controlla solo una parte del territorio libico e sopravvive solo sulla base degli accordi e degli aiuti internazionali, soprattutto quelli legati al controllo e alla detenzione dei migranti che dalle coste libiche cercano di raggiungere l’Italia e le coste europee.

A parte le difficoltà nelle forniture di petrolio, sembra essere questa l’unica merce di scambio del governo libico/tripolino. Ma la progressiva avanzata verso ovest delle milizie del gen. Haftar – oltre al prosperare di milizie tribali e locali che giocano in proprio – potrebbero riscrivere la mappa dei rapporti di forza, sia in Libia che nelle interlocuzioni con l’Italia e le altre potenze europee responsabili della destabilizzazione del paese con l’aggressione militare del 2011.

Ci sono ad esempio le difficoltà lamentate della Guardia Costiera libica nel “controllo e repressione” del traffico di esseri umani dalle coste. Questione che dovrebbe essere affrontata durante l’imminente visita a Tripoli del ministro degli Interni, Matteo Salvini, il quale ha fatto sapere: “conto di andare in Libia entro la fine di questo mese con una missione risolutiva”. Qualcuno si chiede però se manterrà fede all’impegno visto che della visita annunciata in Tunisia qualche settimana fa, e per analoghi motivi, si è già persa traccia.

In un lancio riportato dall’Askanews, il portavoce della Marina Libica, contrammiraglio Ayob Amr Ghasem, ha invitato l’Italia a tener duro sulla decisione di chiusura dei porti ai migranti e chiede venga tolto l’embargo sulle armi affinchè la Marina e le sue navi da guerra possano contrastare la migrazione illegale”. Ma l’alto ufficiale libico del governo di Tripoli, gioca anche sulla contrapposizione tra l’Italia e gli altri governi europei: Insistete su questa decisione, tenete testa alla Francia, alla Spagna e alle Ong” poichè “alcune organizzazioni non governative “sono la lunga mano di altri soggetti in Europa e in Africa che compiono riciclaggi e altre azioni illegali sotto la copertura della protezione dei migranti e dei diritti umani”, ha aggiunto Ghasem ma senza fornire altre indicazioni in proposito.

Le congetture di Salvini sul blocco degli sbarchi all’origine, potrebbero dunque non trovare più un interlocutore credibile sull’altra sponda del Mediterraneo per fargli “il lavoro sporco”. La realtà come noto ha la testa dura, molto più dura di quella del Ministro degli Interni.

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