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Il Cile arde, ma di popolo

Dormivamo, ci siamo svegliati”, diceva la targa collocata alla Puerta del Sol di Madrid dagli “indignados”. Finito l’accampamento del Sole, quella targa è stata rimossa dagli amanti del dimenticatoio. Dopo il 15M niente è tornato uguale. Ma simile, sì.

L’attuale sollevazione in Cile ha grandi differenze con il movimento degli “indignados” dello Stato spagnolo, ma anche alcuni parallelismi. In questi giorni vola nelle reti la foto di una giovane con un cartello che dice: “La mia paura più grande è che tutto questo finisca e tutto continui uguale”. In Cile, dopo questo, ormai niente sarà uguale. E speriamo nemmeno simile.

Lo storico cileno e collaboratore di Vocesenlucha, Sergio Grez Toso, con un lungo percorso nella ricerca sulla lotta operaia e il movimento popolare in Chile, il giorno della massiccia marcia nazionale dello scorso venerdì 25, ci inviava un audio in cui così si esprime:

Non so quale sarà il risultato di questa sollevazione popolare. Evidentemente non ci sarà la rivoluzione sociale, e neanche si riuscirò a smantellare il modello economico neoliberista. Però per lo meno lo si incrinerà enormemente. Niente sarà più come prima. Credo che da tanto tempo la borghesia cilena non aveva tanta paura come ora, forse neanche all’epoca delle proteste contro Pinochet, o qualcosa del genere.

La situazione è fluida. Ci sono distinti scenari possibili di uscita. Per smantellare il neoliberismo ci vorranno vari altri assalti come questo, in modo che senza farci illusioni esagerate circa la conclusione e il saldo finale, credo che questo movimento è giusto, necessario e bisogna cercare di portarlo il più in là possibile per ottenere i maggiori avanzamenti fattibili in questo contesto.

Per ora, la cosa più importante è mantenere la pressione. Non smettere, continuare a lottare, disturbarli da tutte le parti, circondarli e continuare a fare pressione per ottenere il massimo dei benefici e avanzamenti possibili per i settori popolari”.

Speriamo che in Cile, effettivamente, nulla ormai torni ad essere uguale a prima, e neanche simile. Per ora, la pressione continua. Il governo di Piñera mette da parte la divisa militare e cerca ora di strizzare l’occhio allo stesso popolo al quale giorni fa aveva dichiarato guerra. Il bombardamento mediatico di quarta generazione cerca di ridurre il torrente di fuoco popolare a uno stagno d’acqua inoffensivo, per assoggettarlo. Non c’è aria che questo finisca, e si annunciano nuove mobilitazioni per questa settimana. “Non abbiamo ancora vinto niente, la lotta continua”, dicono alcuni messaggi.

Già immerso nella storica mobilitazione, tra rumore di casseruole e voci di popolo degno, Sergio Grez ci racconta emozionato:

“Centinaia di migliaia di persone al punto di partenza della marcia di oggi. Quasi non si riesce ad arrivare a Plaza Italia. È impressionante. Credo che dall’epoca dell’Unidad Popular, o forse delle grandi mobilitazioni dell’epoca della dittatura, non si vedeva una cosa così. È il popolo del Cile quello che è riunito qua. Sono realmente emozionato di tornare a vedere una cosa così. Speriamo di poter ottenere qualcosa, che non riescano a sconfiggerci con la repressione. Un abraccio da qui”.

Due ore dopo, Sergio conclude con un terzo messaggio:

Sto uscendo adesso dalla manifestazione, che è stata, come già sappiamo, gigantesca. Come suole accadere, i confini tra il sociale e il politico sono imprecisi. Questo comincia come un movimento spontaneo, di astio della popolazione contro le condizioni dei vita infami a cui ci tiene sottomessi il neoliberismo, però rapidamente acquisisce caratteristiche politiche. Oggi, e nei giorni precedenti, la rivendicazione unanime, è la rinuncia di Piñera. Si vedono molti cartelli, molti slogan e grida che chiedono le dimissioni di Piñera. E, in alcuni gruppi più politicizzati, sta risorgendo con molta forza anche l’esigenza dei un’Assemblea Costituente per, così dicono i manifestanti, un nuovo patto sociale. Un nuovo patto sociale basato su una nuova costituzione attraverso l’Assemblea Costituente”.

Ricordiamo che il Cile è l’unico paese dell’America Latina che mantiene una costituzione nata durante una dittatura militare. La Costituzione cilena oggi in vigore è stata approvata nel 1980, 10 anni prima che la dittatura cedesse il passo a una specie di democrazia controllata e ristretta, come suole dire Grez. Controllata dalle stesse èlite politiche ed economiche che hanno impiantato il neoliberismo in Cile e si sono nutrite di questo. Ristretta in quanto a diritti per un popolo che fa equilibrismi per sopravvivere con la salute, l’istruzione, le pensioni, l’energia e persino l’acqua sequestrata dal mercato internazionale.

Sergio Grez, insieme ad altre compagne e compagni, da anni sviluppa il dibattito per l’Assemblea Costituente, dal collettivo “Foro por la Asamblea Constituyente”. Da alcuni giorni, molte voci segnalavano il rischio che la politica corrotta che dirige il Cile raccogliesse queste giuste richieste e le orientasse, per i suoi interessi, verso un processo costituente che cambi la costituzione in modo tale che tutto continui allo stesso modo.

Già la Bachelet ha cercato di farlo. Bisogna vedere se questo nuovo scenario riordina le relazioni di forza e del potere popolare. Se così fosse, al nostro caro amico Sergio Grez, ai suoi compagni e a tutto il popolo del Cile, arriva un’epoca di lavoro titanico per cercare di cambiare l’odioso ordine delle cose esistente. Che sia così da adesso.

Avanti Cile!!

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