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Madamina, ecco il catalogo amici-nemici dell’Italia

Alberto Negri è il più esperto e navigato tra gli inviati dall’estero del giornalismo italiano. Acuto, di memoria prodigiosa, profondo conoscitore del Medio Oriente e del mondo islamico; e di come l’Occidente ha imperversato in quel modo dal dopoguerra in poi.

Per questo pubblichiamo questo articolo sugli “amici-nemici” dell’Italia: aiuta a capire perché la “diplomazia italiana” arriva sempre dopo e, in fondo, conta pochissimo. E se pure gli scappa un sospetto sbagliato – quello sul “caso Moro” – non cambia la nostra stima per la sua competenza e soprattutto la sua indipendenza di giudizio.

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Sulla nostra politica estera si leggono cose deliranti semplicemente perché fa fatica a esistere, nonostante abbia ottenuto il sì europeo a una missione navale, aerea e forse pure terrestre che blocchi l’ingresso di armi in Libia.

Il dato più allarmante però è che non abbiamo leve negoziali quasi con nessuno. Ma vediamo un po’ l’elenco di amici e nemici. Madamima il catalogo è questo…

Partiamo in ordine cronologico dalla Russia soltanto perché abbiamo avuto ieri l’incontro a Roma con il ministro degli Esteri Lavrov e quello della Difesa Shoigun. Incontro era stato rinviato più volte perché questo governo come quelli precedenti non vuole mai irritare troppo gli americani a causa dei dazi. Questi rinvii hanno un po’ agitato i russi che però tengono talmente alla sponda italiana nell’Unione europea che hanno tollerato con magnanimità.

Sono gli unici che anche per ragioni culturali oltre che economiche (gas, imprese italiane e sanzioni) ci danno una certa importanza e infatti ci hanno scelto con partner in estate per una grande fiera sull’innovazione e si preparano a marzo per la grande assemblea interparlamentare.

Insomma la Russia sta dalla nostra parte anche se in Libia Mosca sostiene Haftar e non il governo di Tripoli: ma i russi, almeno a parole, promettono che gli interessi dell’Eni, partner storico nel gas, non verranno toccati in ogni caso.

Il libro di Aldephi di Pavel Muratov, “Immagini dell’Italia”, è un peana, per la verità un po’ datato, alle bellezze naturali e artistiche del nostro Paese con un lunghissimo elenco di artisti e letterati russi innamorati dell’Italia. Così istruttivo e commovente che mi è venuto un senso di colpa per non averlo letto prima.

Con gli Stati Uniti non abbiamo problemi: abbiamo digerito tutto il menu americano e siamo stati ricompensati. Siamo i soldatini più obbedienti degli Usa. Ogni anno solo per questo alla serata degli Oscar dovrebbero darcene uno alla carriera.

Siamo stati liberati dagli americani”: è il refraìn che ripetiamo da decenni, nasciamo con questo imprinting. Salvo poi scoprire nel corso del tempo che c’è stata anche la Resistenza, che gli Usa hanno cercato di alimentare da noi colpi di stato anti-comunisti, strategie della tensione e molto altro: fino al sospetto supremo, la fine di Aldo Moro. Ecco cosa scriveva Moro nel Memoriale redatto mentre era in mano alle Br: “L’Italia era frequentemente in difficoltà anche per le pressioni americane che tenevano in limitato conto gli interessi del nostro Paese”.

Allora come oggi. Dopo la seconda guerra mondiale volevano che Mattei liquidasse l’Agip così dovevamo comprare petrolio solo da loro e in Libia hanno cercato più volte di ammazzare Gheddafi, che fu salvato da Andreotti e Craxi. Fino al 2011, quando con francesi e inglesi hanno liquidato il raìs e inferto all’Italia la peggiore sconfitta dall seconda da guerra mondiale. A essere onesti Obama in una lunga intervista all’”Atlantic” ammise che “La Libia è stato il peggiore errore della mia presidenza”.

Questo non ha impedito a Trump e a Pompeo di ignorare gli interessi italiani in Libia prendendoci in giro ogni volta con la promessa della “cabina di regia”. Gli americani, come ammette la nostra diplomazia, ci hanno mollati.

Diciamo che ci tengono per il guinzaglio, ovvero appesi ai dazi. All’ultima tornata l’Italia è stata risparmiata perché ha ingoiato tutto il menu Usa. In primo luogo l’ampliamento delle basi militari da Camp Darby alla Sicilia, una sostanziale disponibilità ad accogliere le testate nucleari che gli Usa ritireranno dalla Turchia. E poi, dulcis in fundo, l’Italia proprio ieri si è dileguata a Bruxelles dalla riunione dei ministri degli Esteri europei per il riconoscimento dello stato palestinese in funzione di contrasto al Piano Trump, una vera e truffa ai danni degli arabi.

Insomma facciamo quello che ci chiedono Washington e Israele i veri padroni della nostra politica estera.

La Germania è un nostro alleato riluttante. Per i nostri debiti i tedeschi ci prenderebbero a pedate ma siccome esportano come dei matti e si riforniscono da noi per componenti essenziali della loro industria (automotive in particolare) ci tengono in minimo conto. Assestandoci qualche umiliazione. Alla Conferenza sulla sicurezza europea di Monaco la ministra della Difesa tedesca Kramp-Karrenbauer – una che ha già fallito su tutto – ha annunciato che l’Italia può entrare nel clan ristretto con Francia e Gran Bretagna sulla Libia e il Medio Oriente.

L’Italia sarà pure un Paese dei balocchi ma in Libia tiene 300 soldati a Misurata, in Iraq ha un contingente di 950 soldati, in Libano di 1.200 e in Afghanistan di oltre 800, senza contare quelli nei Balcani e in altre missioni Onu: non risulta che i tedeschi abbiano la stessa presenza militare sul campo. Al prossimo giro di giostra degli americani in Iraq, dove hanno ammazzato il generale iraniano Qassem Soleimani, dovremmo chiedere che i tedeschi ci diano una mano a prendere sulla testa qualche missile quando gli Usa chiederanno alla Nato di sostituirli come bersagli.

Sui rapporti con la Francia ci sarebbe da scrivere un libro ma nessuno ha voglia di farlo. Ormai anche i bambini hanno capito che i francesi ci vogliono contenere in Libia e su tutti i mercati arabi e africani dove siamo concorrenti. Ma i francesi hanno comprato da noi banche, assicurazioni e imprese, come volevano fare già nell’Ottocento dando una mano alla monarchia sabauda a fondare il Regno, quindi non hanno interesse a farci crollare ma a tenerci a bada e a delimitare il giardino del nostro campo giochi. E poi la Francia, che non se la passa benissimo, ci serve a contenere la Germania e noi serviamo a loro proprio per questo.

A Turchia ed Egitto vendiamo armi a tutto spiano. Con i turchi abbiamo aperto il contenzioso di Cipro greca per il gas offshore mentre con il Cairo siamo i maggiori fornitori di gas attraverso il giacimento Eni di Zhor. Vorremmo fare affari con tutti e due i raìs, nemici tra di loro, che però ci tengono appesi per il bavero. I turchi minacciano sempre di mandarci profughi sia attraverso la rotta balcanica e ora anche dalla Libia dove controllano il governo Sarraj. Mentre con gli egiziani abbiamo aperto la questione Regeni e ora anche il caso Zaki. Ma siamo pronti a venderci qualunque principio sui diritti umani pur avere la nostra fetta di torta di commesse.

L’aspetto più eclatante è che, a differenza delle altre potenze europee, nel Mediterraneo ci ricattano tutti perché incapaci di avere qualche leva per trattare con gli uni e con gli altri. Quindi datevi da fare se potete.

* dal Quotidiano del Sud

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