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Pomigliano e Melfi: fuga dalla Fiom degli operai Fiat

Particolarmente alla Fiat di Pomigliano d’Arco, nel giro di poco tempo, su 650 iscritti alla Fiom circa 350 hanno inviato la disdetta dell’iscrizione a questa organizzazione sindacale.

Non ci vuole molto a comprendere che questo esodo dalla Fiom è il prodotto dell’allucinante clima di dispotismo aziendale messo in pratica dalla Fiat all’indomani della cura/Marchionne la quale opera una selezione feroce, all’atto dell’avvio delle New/Co, verso i lavoratori iscritti al sindacato di Landini oltre, naturalmente, a quelli aderenti al sindacalismo indipendente e conflittuale.

E’ evidente che siamo di fronte ad un ulteriore passaggio di blindatura autoritaria, non solo delle condizioni di lavoro nei recinti degli stabilimenti, ma del complesso delle relazioni attinenti l’intero versante sindacale e sociale 

Mai come ora la Fiat, ma anche molte altre aziende afferenti la filiera del capitalismo tricolore, per rimanere a galla nel gorgo della competizione globale internazionale, hanno la necessità di usufruire di fabbriche pacificate da ogni possibile anelito di protagonismo operaio. Da qui, con la Fiat impegnata nel primario ruolo di sfondamento, l’offensiva generale contro l’insieme dei diritti politici e sindacali e della libertà di lotta e di organizzazione in fabbrica e non solo.

Che questa deriva repressiva non sia limitata al solo universo/Fiat o del lavoro privato è rappresentata dal continuo produrre di leggi e provvedimenti restrittivi delle libertà sindacali che stanno investendo, anche, il Pubblico Impiego e tutte le altre tipologie contrattuali e compartimentali con cui si configura la moderna forma dello sfruttamento capitalistico. Persino comparti lavorativi ritenuti “privilegiati” iniziano a fare i conti con la nuova configurazione repressiva del lavoro e dei suoi rapporti.

A fronte di questa vera e propria emergenza democratica assistiamo ad una reazione – in primis della Fiom e della sua Confederazione di appartenenza – completamente inadeguata alla pesante portata di questo affondo antisociale.

Certo qualche dirigente regionale della Cgil, come in Campania, inizia a lanciare i suoi (tardivi) strali contro Marchionne ma, a Pomigliano come in altri luoghi, registriamo, complessivamente, una sottovalutazione di questo fenomeno e dei devastanti effetti che produce tra i lavoratori ed ogni possibile eventualità di organizzazione collettiva.

Per la Cgil, per la Fiom e per tanti delegati questa linea di condotta della Fiat deve essere contrastata prioritariamente con il ricorso alle vie legali o attraverso generiche, quanto impotenti, petizioni alle varie istituzioni locali (le Regioni dove insistono gli stabilimenti…) le quali non hanno nessun potere di interdizione verso il management di Marchionne.

Non saremo noi a negare la complessità di questa situazione e le difficoltà che esistono nei vari stabilimenti. Abbiamo, però, la sensazione che la dirigenza della Cgil e della Fiom stia sottovalutando questo campanello d’allarme il quale è foriero di altre prossime limitazioni e restringimenti dell’azione sindacale e sociale.

Sarebbe, quindi, il momento che il tema della libertà sindacale e della sua agibilità diventasse un punto programmatico fisso di ogni iniziativa di mobilitazione non solo nei posti di lavoro ma nel complesso della società.

Non è più possibile continuare a discutere di leggi sulla rappresentanza, di diritti del lavoro e di democrazia sui generis quando nell’inferno quotidiano delle fabbriche si negano diritti elementari ritenuti, fino ad ora, inalienabili.

E’ troppo auspicare l’avvio di iniziative di discussione e di mobilitazione, sul piano territoriale e nazionale, a ridosso di questi temi con il concorso unitario di quanti sono schierati con i diritti dei lavoratori e contro la filosofia della Fiat, di Confindustria e del padronato?

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1 Commento


  • paolo2008

    Economia/Industria/Finanza Il Neoliberismo mostra sempre più con Prepotenza la Sua Faccia di Fascismo Internazionale.Priorità Smantellare i DIRITTI dei Lavoratori!!!!

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