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Alcoa. Lavoratori presidiano a lungo l’aeroporto di Cagliari

Riesplode la protesta dei lavoratori dello stabilimento Alcoa di Portovesme. Questa mattina, dopo l’assemblea convocata alle 5.30 davanti ai cancelli della fabbrica, operai e sindacalisti hanno deciso di marciare verso Cagliari per chiedere uno sforzo congiunto di tutte le istituzioni sarde per scongiurare la chiusura degli impianti.
Senza un nuovo acquirente – dopo il fallimento della trattativa con i tedeschi di Aurelius si parla di contatti con la multinazionale svizzera Glencore, già proprietaria della Portovesme srl – i vertici di Alcoa hanno infatti annunciato lo stop per fine agosto. È corsa contro il tempo per tentare di siglare un accordo che consenta alla multinazionale statunitense di cedere lo stabilimento mantenendo gli attuali livelli occupazionali e rilanciando la filiera dell’alluminio in Italia. «Siamo tutti molto preoccupati – spiegano i rappresentanti della Rsu Bruno Usai (Cgil) e Massimo Cara (Cisl) – Il tempo sta per scadere e le soluzioni vanno trovate rapidamente».
Gli operai dell’Alcoa di Portovesme (Carbonia-Iglesias) sono poi arrivati all’aeroporto di Cagliari e in oltre 300 hanno bloccato con circa 60 auto, la rotonda di accesso allo scalo, consentendo l’uscita di qualche auto. I passeggeri raggiungono l’aerostazione a piedi.
Sarebbero un migliaio i lavoratori, tra diretti e delle ditte d’appalto e dell’indotto, a restare senza lavoro. La polizia, in tenuta antisommossa, ha preparato a lungo lo sgombero dell’arteria stradale bloccata, senza però intervenire.

Dopo circa due ore e mezza la protesta degli operai dell’Alcoa è terminata, riaprendo di fatto gli accessi all’aeroporto.
La protesta di oggi si annuncia come preludio ad una nuova, intensa mobilitazione. Domani il coordinamento sindacale e delle Rsu si riunirà ancora nello stabilimento di Portovesme per decidere le prossime azioni. «Non siamo più in grado di mantenere la situazione sotto controllo – hanno detto i sindacalisti durante la manifestazione – Gli animi sono esasperati, basta una scintilla per far saltare tutto. Ogni momento è buono per tornare in piazza: finora siamo riusciti a coordinare tutte le iniziative di protesta, ma i lavoratori non ce la fanno più: è come una pentola a pressione pronta ad esplodere».

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