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Sanità. “E al loro dio goloso non credere mai…”

Intervista a Tullio Rossi

Tullio Rossi è un militante dell’Unione Sindacale di Base della Sanità e attivista del Movimento 5 Stelle di Genova che lavora all’Ospedale Galliera da quasi vent’anni.

È stato recentemente raggiunto da una contestazione di addebito con pena prevista il licenziamento per aver “criticato” su Facebook il Cardinale Bagnasco, presidente dell’ospedale genovese. A suo sostegno è partita una campagna di solidarietà ed una relativa pagina FB di riferimento: “A Sostegno di Tullio Rossi”.

Tale provvedimento è un chiaro pretesto per punire chi nel corso di questi anni ha denunciato puntualmente, a livello sindacale e politico, lo stato di salute della sanità ligure e proposto possibili soluzioni per questo settore.

Questa contestazione è un chiaro segnale contro tutti i lavoratori della sanità che in questi anni si sono opposti alla distruzione del sistema sanitario nazionale che dal governo Monti in poi, è sotto la scure dell’obbligo del pareggio di bilancio. Da allora la sanità ha conosciuto ripetuti tagli e sembra essere sempre più in balia degli appetiti imprenditoriali di ciò che è stata definita la “white economy”, con una celere trasformazione delle garanzie smantellate per fare posto al modello statunitense del “Pay to Cure” insieme ad uno sgretolamento dei diritti dei lavoratori impiegati in questo settorei.

Nel corso degli anni hai “denunciato” la destrutturazione del sistema sanitario in Liguria, iniziata più di 15 anni fa con la Giunta Biasotti appoggiata dal Centro-destra che ha intrapreso una politica di privatizzazione, esternalizzazione, onerose consulenze esterne e operazioni di speculazione edilizia. Quali sono stati i mutamenti avvenuti poi in seguito con il passaggio della regione al centro-sinistra, con Burlando presidente e Montaldo assessore regionale alla Salute?

Sostanzialmente la gestione del servizio sanitario regionale non ha subito alcun cambiamento rispetto all’esperienza di governo del Centro-destra, oramai è palese il fatto che, entrambi gli schieramenti, hanno come obiettivo comune la privatizzazione della sanità pubblica.

L’attuale maggioranza in Regione di centro-destra si è contraddistinta per avere intrapreso decisamente la strada della privatizzazione sia attraverso la così definita “indagine di mercato: conferimento incarico esplorativo ad A.Li.Sa” per il passaggio di gestione ai privati di tre importanti ospedali in regione: Bordighera, Albenga e Cairo Montenotte, sia attraverso “l’integrazione tra pubblico e privato accreditato” come recita la sintesi del piano sociosanitario 2017-2019, che prevede “l’azzeramento del disavanzo nel 2020” che nel 2015 era di 94 milioni. Puoi farci una sintesi dei maggiori cambiamenti intercorsi con questa relativamente nuova giunta, partendo dalla creazione di A.Li.Sa?

A.Li.Sa. ha assorbito di fatto la vecchia A.R.S. ed ha accentrato a se la gestione degli appalti a livello regionale. Cucine/mense aziendali, pulizie, lavanderia e vestiario, questi sono solo un esempio di grandi appalti dove vengono investiti centinaia di milioni di euro di fondi pubblici. Poi c’è il mega appalto della “gestione calore” che era partito con la giunta Biasotti e che ancora oggi è in essere con l’attuale amministrazione Toti. Tra l’altro questo mega appalto è un qualcosa di indescrivibile/indecifrabile, nel merito e nel metodo, e soprattutto per il costo abnorme. In questo periodo c’è stata anche l’amministrazione decennale di Claudio Burlando e, come vedi, il “sistema” è rimasto invariato!

Puoi spiegarci meglio il meccanismo per cui vengono addebitati al singolo cittadino ligure di default 10 euro per i ticket relativi ad una prestazione sanitaria e da cosa è dipesa questa scelta?

I 10 euro di ticket sono per ogni singola richiesta, questa odiosa tassa è stata introdotta per recuperare parte del deficit creato nei bilanci del S.S.R. della Liguria a partire dall’anno 2002. In quegli anni è esploso il “sistema” degli appalti in Liguria, le diverse aziende che non avevano ancora appaltato ed esternalizzato i servizi non sanitari hanno deciso di intraprendere questo percorso, “costi quel che costi”. Poi ci sono state le consulenze esterne, milioni di euro spesi per inutili consulenze, alcune pagate anche a “peso d’oro”.

Puoi farci un quadro dei maggiori punti di criticità del sistema sanitario a Genova che l’attuale Giunta Regionale vorrebbe risolvere più con operazioni di pura speculazione edilizia come l’edificazione del “nuovo” ospedale Galliera e lo spostamento della nuova struttura ospedaliera del Ponente genovese agli Erzelli, e con operazioni di privatizzazione tout court?

A questa classe politica al governo della Regione non interessa garantire i servizi essenziali ai cittadini, sul territorio. I fatti ci narrano che negli ultimi due decenni hanno chiuso intere strutture ospedaliere (Rivarolo, Busalla), altre le hanno ridimensionate (Pontedecimo, Sestri Ponente), hanno reso inutilizzabili i pronto soccorso di queste strutture che sono attivi solo di giorno e per casi irrilevanti. Con questa operazione folle hanno desertificato la Val Polcevera dei presidi di Pronto Soccorso, lo hanno fatto con la promessa (non mantenuta) della costruzione di un nuovo ospedale di Vallata e, ancora oggi, perdendo ulteriore credibilità annunciano di voler costruire un ospedale sulla collina degli Erzelli, un sito quasi privo di collegamenti infrastrutturali e comunque inadeguato per rispondere alle esigenze di un territorio vasto e popoloso come la Val Polcevera.

Recentemente hai denunciato pubblicamente attraverso la stampa un fatto davvero inquietante che era stato taciuto ai 22.000 lavoratori della sanità interessati: la presenza di un micro-chip negli indumenti degli operatori in grado di localizzarne la posizione, questo tra l’altro successivamente al recente cambio di appalto per la pulizie degli abiti di lavoro affidati ad unica azienda per tutta la Liguria. Le motivazioni che sono state date una volta trapelata la notizia lasciano parecchio perplessi, può sintetizzarci questa vicenda?

Nessuno era stato informato, né i lavoratori, né le organizzazioni sindacali. Infatti, dopo il clamore suscitato dagli organi di informazione, tutte le ASL e gli Enti Sanitari si sono affrettati a diffondere dei comunicati stampa per tranquillizzare gli operatori. Stando alle dichiarazioni della dirigenza, questi microchip non sono nocivi per la salute dell’uomo e non servono a controllare i lavoratori. I dubbi restano, i costi di questo mega appalto confermano quanto denunciamo da anni, più soldi spesi per gli appalti, meno fondi spesi per assumere medici, infermieri e personale di supporto.

Un ultima domanda non può essere che relativa alla contestazione che ti viene mossa. L’USB nazionale ha preso subito parola per denunciare questo atto, hai ricevuto il sostegno del Movimento 5 stelle, gli organi di informazione non solo locali ne hanno trattato ed è partita una campagna nazionale per sostenerti così come è successo per Costantino Saporito, militante USB che rischia il licenziamento per avere partecipato in divisa di Vigile del Fuoco al Pride a Roma, o a Sasha Colautti, metalmeccanico e militante dell’Unione Sindacale di Base trasferito per rappresaglia da Trieste a Taranto. Ora quali sono i prossimi passaggi per la tua vicenda?

La Confederazione Ligure dell’USB, la Confederazione Romana e il SI-Cobas stanno valutando le iniziative di lotta, sicuramente il 12 settembre ci sarà un presidio davanti alla sede legale del Galliera. Ora è fondamentale capire se l’art. 21 della Costituzione italiana è ancora valido….

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Per un approfondimento sul processo di privatizzazione della Sanità rimando a: White Economy. Come privatizzare la sanità in dieci mosse, Claudio Scorza (https://contropiano.org/news/scienza-news/2017/05/09/diritto-alla-salute-vendesi-privatizzato-la-sanita-dieci-mosse-091671) e Dovete morire prima. L’accelerazione di Maroni, Redazione Contropiano (https://contropiano.org/news/politica-news/2017/08/22/dovete-morire-laccelerazione-maroni-094919)

i Mario Monti ha abbattuto la sua pesante scure sulla sanità pubblica italiana con il  “Decreto Cresci Italia” ed il  “Decreto Balduzzi“: un salasso da  9,4 miliardi euro ai danni del  Fondo  sanitario spalmati dal 2012 al 2015.  A decorrere dal 2013 il fabbisogno sanitario nazionale standard è di fatto un parametro relativo ai margini di spesa imposta dall’UE ed è stato sancito il  federalismo fiscale regionale.  Sulla scia di quella norma,  negli anni  2014  e 2105,  arriva un altro  pesantissimo taglio di 2,3 miliardi a carico del Fondo Sanitario Nazionale  accompagnato dall’ eliminazione di 180  prestazioni diagnostiche dalla lista dei servizi sanitari gratuiti.  Pochi mesi dopo, con la Legge di Stabilità 2016,  il Governo procede ad un ulteriore sanguinoso taglio  di altri 2 miliardi del FSN cui vanno aggiunte le possenti riduzioni apportate ai bilanci delle Regioni per circa 19 miliardi di euro, previste per il triennio 2016 -2019, che  inevitabilmente impatteranno sulla Sanità dal momento che l’80% di quei bilanci è  destinato proprio al servizio sanitario pubblico. L’ultimo taglio annunciato (422 milioni di euro) è frutto dell’intesa raggiunto nel corso della conferenza programmatica del 10 febbraio 2017  tra il Governo Gentiloni e  le Regioni a statuto ordinario sulla ripartizione delle sforbiciate previste dalle ultime leggi di Bilancio “…per far fronte al contributo alla finanza pubblica previsto dalla legge di bilancio 2017”  e  rischia di essere  il definitivo colpo alla nuca del sistema sanitario

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