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Problemi tedeschi, “colpe” cipriote e borse in calo

L’economia globalizzata ha spiazzato molti nazionalismi. Anche all’interno degli analisti e dei “decisori” che dovrebbero guidare i processi in sintonia con “i mercati”. Un esempio? Si era detto – non solo da parte nostra – che la ricetta di austerità imposta dalla Germania merkelliana (e di Bundesbank) ai paesi “Piigs” si sarebbe prima o poi ritorta contro l’economia tedesca.
Ora sembra che stia avvenendo. L’indice Pmi è redatto sulla base dei giudizi sulla situazione espressi dai responsabili aziendali degli acquisti, ossia da quei manager che “maneggiano” ordinativi, e quindi vedono quel che accadrà da qui a qualche mese.
L’ultimo Pmi sulla manifattura tedesca registra 48,9 punti, invece dei 50,5 previsti dagli analisti. Dov’è l’importaza? Che la soglia dei 50 punti, per convenzione ed esperienza storica, segnala il passaggio da una (moderata) espansione economica a un regresso. Sia pur moderato.
Ma non è stato l’unico indizio di malessere per l’economia di Berlino. Del resto molta della produzione manifatturiera tedesca concentra parti lavorate da “contoterzisti” (il Nord italiano, e poi Austria, Polonia, Cechia, paesi baltici, ecc) per comperre merci da esportare poi in tutto il mondo. Compresi i Piigs, che – grazie agli stessi processi – erano stati nel frattempo resi meno autonomi sul piano produttivo e più dipendenti dalle (spesso ottime) merci tedesche. Solo che ora, tra un taglio e l’l’atro, importano molto meno di prima. Così la loro recessione “contagia” anche il Pil di Berlino. E questo, alla Merkel, piace molto meno, a sei mesi dalle elezioni.

Così le borse hanno capito che Cipro ha i suoi problemi, ma che non sono problemi solo o unicamente ciprioti. E a ben poco servono gli ultimatum, come quello odierno della Bce (“se entro lunedì non sarà trovata una soluzione non potrà più mantenere l’attuale livello di liquidità a sostegno di Cipro”).
Prendono atto – grazie anche al report dell’agenzia di rating Fitch – che introdurre il prelievo forzoso nel salvataggio rischia di creare un contagio tra i Paesi dell’Eurozona. Non immediato, è vero, ma sufficiente a consigliare gli investitori finanziari di cominciare a “guardare ad altre aree”. Metabilizzano con diffidenza le ipotesi di “piano B”, che secondo il Dow Jones comprenderebbe la proposta di convertire in titoli di Stato gli attivi dei fondi pensione ciprioti. Una “conversione forzosa” per sostituire la confisca sui conti, ma che provocherebbe anche un aumento del debito pubblico cipriota, considerato già a livelli insostenibili.
E ancor meno possono apprezzare l’idea – anche qui solo come “indiscrezione”, visto gli effetti che un annuncio potrebbe avere – teda a impedire la fuga di capitali all’estero (martedì, quando riapriranno le banche dell’isola): dividere il settore bancario in due categorie, quelle “sane” e le “bad banks”.

“I mercati” hanno capito infine che la Slovenia sta per cadere e l’Italia non sta bene affatto, abbia o no un governo. Se pure la Germania tira il freno della crescita…

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