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Basta sorrisi, con Atene è scontro frontale

Borse tremanti, sguardi tesi, decisioni forti. A dieci giorni dalla vittoria di Syriza in Grecia, con tutte le incertezze che aveva provocato anche a livello dei governi e delle istituzioni europee, il gioco ora si fa vero e duro. Senza mediazioni.

Da una parte la Bce, che ha bloccato la liquidità alle banche di Atene. Il meccanismo usato è quello istituzionale, a termini di statuto della banca centrale: non accetterà più i titoli di stato greci (detenuti dagli istituti di creedito privati) come “collaterale” in cambio di denaro fresco perché il governo Tsipras ha interrotto l’applicazione degli accordi capestro sottoscritti da Samaras in precedenza (il “memorandum” o “programma di risanamento”). La nota ufficiale di Francoforte spiega che “attualmente non è più possibile presumere una conclusione positiva della revisione del programma”.

In pratica, elimina dal mercato i bond pubblici di Atene, mettendo in difficoltà estrema contemporaneamente le banche private del paese e il governo, che non potrà di fatto emettere nuovi bond per finanziarsi sui mercati.

La Bce – come spiegano molti resoconti – “non può” far altro che questo, ma non prenderà iniziative di contrasto fuori dalle sue regole istituzionali. E’ una posizione in fondo “conciliante”, anche se praticamente durissima, perché lascia aperta la porta ad altre proposte provenienti dal governo greco. Ma l’idea di sostituire (swap) i titoli comprati dalla Bce con altri “perenni” (che pagano soltanto cedole annuali, senza però una scadenza di restituzione del capitale) non può essere accettata dalla Bce perché equivalente a un finanziamento diretto al paese; cosa vietata appunto dai trattati istitutivi della banca centrale.

Di conseguenza, Draghi avrebbe indicato a Varoufakis la “via maestra”, ovvero a cercare un accordo politico con l’Eurogruppo e gli altri governi europei. “Tenicamente”, insomma, non c’è soluzione nel quadro di regole esistenti. Se queste vengono cambiate, allora si vede…

Molto più drastica e politica, invece, la risposta del governo tedesco, fatta furbescamente filtrare ai giornali ma non esplicitata ufficialmente: Tsipras dovrebbe, secondo Merkel e Schaeuble, semplicemente “dimenticarsi le promesse elettorali” e proseguire nell’opera di demolizione dell’economia e del sistema sociale ellenico già avviata da Samaras e Papandreou sotto la direzione della Troika. La quale, par di capire, dovrebbe tornare ad essere ricevuto in pompa magna ad Atene anche se Bce e Fmi stanno meditando di ritirare i propri funzionari.

Immediate le conseguenze sui mercati finanziari, che vanno a coinvolgere anche l’Italia: Il differenziale di rendimento sui titoli di stato italiani rispetto a quelli tedeschi sale a 126 punti contro i 118 della chiusura di ieri. Mentre lo spread della Grecia cresce a 941 contro i 902 di ieri. E’ possibile che questo scateni una corsa dei cottadini greci a ritirare i propri depositi in banca (quelli che ce li hanno ancora, almeno), mettendo in ulteoriori problemi di liquidità la nache del paese. Le quali potrebbero a questo punto finanziarsi solo tramite un altro programma di rifinanziamento previsto dalla Bce –  l’Emergency liquidity assistance (Ela), ma a un prezzo decisamente più alto.

Le cronache raccontano di ben 15 miliardi di euro ritirati dalle banche negli ultimi due mesi (in previsione della vittoria di Syriza). Il che comporta la necessità per le banche nazionali di chiedere aiuto alla banca centrale nazionale per ottenere liquidità sostitutiva di quella Bce. In pratica, la banca centrale comincerebbe ad emettere “moneta elettronica” fuori dalle linee europee. Non il “ritorno alla dracma”, ma la rottura dell’euro nel punto più debole.

Per ora Tsipras e Varoufakis rispondono in modo tranquillizzante all’interno del paese e secco nei confronti della Ue. “Il governo”, spiega una nota ufficiale, “resta deciso nell’obiettivo del suo programma di salvezza nazionale approvato dal voto del popolo greco”. La sua intenzione è di “convergere verso una politica europea che metterà definitivamente fine alla crisi dell’economia sociale greca”. Resta dunque in piedi l’obiettivo – difficilissimo, al momento – di far cambiae politica all’insieme dell’Unione.

Per quanto riguarda invece il sistema bancario, “La liquidità e il finanziamento del sistema bancario greco sono assicurati e non c’è alcuna ragione di preoccuparsi”, ha spiegato il portavoce del governo, Gabriel Sakellaridis.

Più caustico e preciso il minisstro delle finanze Varoufakis: «Credo che di tutti i Paesi europei la Germania possa capire questa semplice notizia: quando si scoraggia troppo a lungo una nazione orgogliosa, e la si espone a trattative e preoccupazioni di una crisi del debito deflattiva, senza luce alla fine del tunnel, questa nazione prima o poi fermenta». E per essere ancora più chiaro: questa è «una crisi di sistema», con la Grecia nella parte dei «canarini nelle miniere», «la parte più debole che moriva per prima, ma non era responsabile dei gas velenosi».

Se non rinnoverà il suo programma per una nuova linea di credito, la Grecia rischia di non poter far fronte ai suoi pagamenti il 25 marzo: sarebbe l’quivalente di un default. Il gioco si fa subito molto duro, ma i “canarini” per ora mostrano il becco appuntito…

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