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Che successo le privatizzazioni! Sawiris vuol comprarsi Telecom

L’uomo d’affari egiziano Naguib Sawiris ha infatti proposto ai vertici di Telecom Italia un investimento fino a 5 miliardi di euro nella compagnia.

Il cda della compagnia telefonica ha confermato   le indiscrezioni di Wall Street Journal. Ha ricevuto una “manifestazione di interesse” a investire «mediante sottoscrizione di nuove azioni» da parte di Naguib Sawiris e su richiesta di Consob si precisa che «il cda si è limitato a prenderne atto, riservandosi ogni opportuna valutazione a valle delle necessarie verifiche».
Stando al quotidiano americano, l’offerta, che potrebbe portare Sawiris a detenere fino al 30% del capitale del gruppo di tlc, è stata presentata ufficialmente al consiglio di amministrazione la scorsa settimana.
Un’offerta di questo tipo potrebbe incontrare degli ostacoli, soprattutto dal punto di vista regolatorio, con Sawiris che potrebbe lanciare una offerta di acquisto su tutto il capitale di Telecom, società che opera in un settore ben conosciuto dall’uomo d’affari egiziano, già presente in Italia con Wind (ora gruppo Vimpelcom).
La privatizzazione di telecom avvenne sotto il primo governo prodi, con D’Alema sponsor dei “capitani coraggiosi” (definizione sua) come Roberto Colaninno.

La storia recente di telecom nella cronologia di Wikipedia

In quel momento il presidente di Telecom era  Guido Rossi. il 20 ottobre 1997 viene venduto il 35,26% del capitale,  ricavandone circa 26.000 miliardi di lire. La privatizzazione, che comporta la quasi totale uscita del Ministero del Tesoro dall’azionariato Telecom, viene realizzata con la modalità del cosiddetto nocciolo duro: si vende cercando di creare un gruppo di azionisti che siano in grado di farsi carico della gestione della società. A conclusione dell’OPV (Offerta pubblica di vendita), le azioni vengono collocate a 10.902 lire; il 27 ottobre 1997 Telecom Italia privatizzata viene scambiata sulla Borsa Italiana. A causa della scarsa risposta degli investitori italiani il nocciolo duro non è in realtà tale: il gruppo con capofila gli Agnelli riunisce solo il 6,62% delle azioni e si rivela molto fragile.
A partire dal febbraio 1999 la Olivetti attraverso la Tecnost di Roberto Colaninno, già nel settore delle telecomunicazioni con la Omnitel e Infostrada (queste ultime due cedute in seguito alla Mannesmann), lancia una offerta pubblica d’acquisto e scambio riuscendo ad ottenere nel giugno dello stesso anno, il controllo della società, con una quota del 51,02%.
La Telecom era una delle poche società ad azionariato diffuso italiane, in cui il Ministero del Tesoro aveva ancora una quota del 3,5%, pari a due miliardi di euro. Il Tesoro non si presentò all’assemblea degli azionisti che doveva decidere le contromisure alla scalata, preferendo mantenere neutralità rispetto all’operazione. La legge sulla golden share avrebbe permesso al Tesoro il diritto di veto sull’operazione, ma tale diritto era contestato in sede europea.
La somma con cui la scalata è finanziata, complessivamente 61.000 miliardi di lire, viene ricevuta dalla Olivetti in prestito direttamente dalle banche e con obbligazioni della controllata Tecnost grazie anche all’emissione di nuove azioni per oltre 37mila miliardi. Successivamente la Tecnost viene fusa con la Olivetti per accorciare la catena di controllo. A questo punto è la Bell, una società con sede nel Lussemburgo a controllare la catena con il 22% della Olivetti.
Ma è solo l’inizio di una storia infinita di passaggi di mano. All’inizio del 2001, nonostante abbia appena ceduto importanti asset (l’80% di Italtel e Sirti tra gli altri), il gruppo Olivetti-Telecom è in grandi difficoltà e Colaninno, Gnutti e i loro soci passano la mano. Dopo diverse trattative viene trovato un accordo con Tronchetti Provera e Benetton. Per il 23% della Olivetti (posseduto da Bell) i nuovi proprietari della Telecom Italia pagano 4,175 Euro per azione, una cifra enorme considerando che le Olivetti quotavano solo 2,25 Euro.
La cessione di quel 23% ha creato una notevole plusvalenza (1,5 miliardi di euro) nelle casse della Bell, la società veicolo lussemburghese con la quale Colaninno e Emilio Gnutti ottengono il controllo della Telecom. Per questa plusvalenza la Bell è stata indagata per evasione fiscale e multata dall’Agenzia delle entrate per 1,937 miliardi di euro. L’accertamento con adesione a cui hanno aderito i soci della Bell ha permesso la riduzione delle sanzioni ad un quarto del minimo, così la società ha dovuto versare al Fisco solamente 156 milioni.
L’esborso è spiegabile nel fatto che, in tal modo, Tronchetti Provera ha evitato di lanciare un’OPA totalitaria che sarebbe costata ancora di più.
Dal luglio 2001 la Telecom è controllata dalla finanziaria Olimpia, partecipazione della Pirelli (al 60%), Edizione Holding dei Benetton, Banca Intesa e Unicredito Italiano, a cui in seguito si è aggiunta la Hopa, la finanziaria bresciana di Gnutti (tramite Holinvest, scatola cinese (vuota) attraverso la quale la Hopa detiene il 3.7% di Telecom Italia).
Per accorciare la catena di controllo viene decisa, nel 2003, la fusione della controllante Olivetti con la Telecom Italia.
Nel marzo 2005 la Telecom lancia sulla borsa un’offerta pubblica d’acquisto su TIM. La fusione Telecom-TIM è finanziata con un mutuo di una cordata di banche, nella misura maggiore da Banca Intesa. Il costo necessario per rastrellare le azioni TIM dal mercato eleva l’indebitamento della Telecom da 29 a 44 miliardi di euro.
Successivamente la Telecom Italia acquista tutte le attività Internet della sua controllata Telecom Italia Media (ovvero tin.it), portando nella controllante tutte le capacità per fornire contemporaneamente servizi voce, mobili e dati, lasciando intravedere l’idea di fornire nuovi servizi che sfruttassero la convergenza fisso-mobile-dati.
Dal bilancio 2005, l’indebitamento finanziario netto risulta essere di 39,858 miliardi di euro. Tuttavia, come già nell’anno passato, la società decide, nel marzo 2006, di dare priorità all’aumento dei dividendi per gli azionisti; in risposta, l’agenzia Fitch Ratings riduce il rating della Telecom Italia, portandolo da A- a BBB+.
L’11 settembre 2006 il consiglio d’amministrazione dell’azienda decide di procedere alla divisione e riorganizzazione dell’azienda Telecom Italia in quattro distinti settori:
Telecom Italia (telefonia fissa);
Telecom Italia Mobile (telefonia mobile);
Telecom Italia Rete (la rete telefonica);
Telecom Italia Net (Tin.it, internet e media);Lo scorporo della rete permetterà l’ingresso facilitato a tutti i nuovi operatori alternativi nella telefonia fissa e internet.
In un primo momento si è parlato di una possibile cessione della TIM, sia in Italia sia in Brasile, valutate rispettivamente 30-35 miliardi di euro e 6-7 miliardi di euro. La cessione permetterebbe alla Telecom Italia di sanare il suo debito di 44 miliardi di euro. Numerose sono state le polemiche, anche di carattere politico, per quanto riguarda l’eventuale cessione dell’unico operatore mobile italiano ad una società straniera o alla Mediaset (ipotesi non impossibile ma che comporterebbe delicatissimi problemi relativi alle norme contro i cartelli di società, avendo entrambe posizioni importanti nelle telecomunicazioni). Successivamente il futuro presidente Guido Rossi dichiarerà che non esistono ipotesi di modifica del perimetro delle attività della Telecom Italia, escludendo esplicitamente qualsiasi cessione. La divisione della Telecom Italia dalla TIM ha portato ad un’inversione di tendenza nella strada che era stata intrapresa per la convergenza fisso-mobile.
Telecom Italia si occuperebbe, invece, della telefonia fissa e dei media, soprattutto grazie agli accordi con la News Corporation, di Rupert Murdoch, in merito a contenuti televisivi. Gli accordi con Murdoch però non sono stati della portata prevista: è stata annunciata solo la concessione in licenza del catalogo per la diffusione in linea su Alice Home TV.
Dopo la decisione del consiglio di amministrazione, il presidente del Consiglio Prodi lascia trapelare la sua insoddisfazione dicendo di “Non saperne nulla”. Il 15 settembre 2006, dopo l’annuncio dello scorporo della TIM, Marco Tronchetti Provera in polemica con Prodi, si dimette dalla guida della società; la presidenza torna, dopo 9 anni, a Guido Rossi, che deve lasciare la FIGC.
La prima mossa di Guido Rossi alla guida della Telecom è la creazione, il 18 ottobre 2006, di un “Patto di controllo” dell’azienda tra l’Olimpia, Mediobanca e le Generali che controllano in tutto il 21,5% della società: l’Olimpia (ora controllata all’80% dalla Pirelli e al 20% dalle Edizione Holding) porta in dote il proprio 18%, le Generali il 2,01%, Mediobanca l’1,54%.
Il 15 febbraio 2007 (comunicazione della Consob del 23 febbraio 2007) le Assicurazioni Generali passano dal 2,01% al 4,06% di azioni Telecom Italia. Il Patto di controllo tra le aziende Olimpia + Generali + Mediobanca arriva al 23,6%.
Il patto prevede vincoli sulle quote conferite, la possibilità per i contraenti di aumentare la loro quote e anche quella di vendere in prelazione ai soci. Esiste inoltre la possibilità di entrare nel patto per altri soci che abbiano più dello 0,5% del gruppo: si è parlato dell’ingresso di Intesa Sanpaolo, Capitalia e Unicredit (la prima banca è stata nel frattempo assorbita dalla seconda(, mentre il secondo azionista l’Hopa (3,72%) ne è rimasto fuori. Il patto è un passo decisivo per il rafforzamento dell’azionariato della società telefonica, che con l’ingresso di nuovi partner potrebbe avvicinarsi alla soglia del 30% oltre la quale è obbligatorio lanciare un’offerta totalitaria.
Presidente del nuovo patto è, dopo la sua uscita dalla Telecom, Tronchetti Provera.
Anche in conseguenza del patto e dell’influenza dei nuovi soci nel controllo delle strategie del gruppo, è definitivamente tramontata l’ipotesi di ricostituire la TIM come società autonoma e di venderla successivamente insieme a Telecom Brasil.La nuova stagione di Guido RossiA febbraio 2007 la Telecom avvia i contatti con la spagnola Telefónica per l’entrata degli iberici nell’azienda italiana. L’ipotesi è quella di cedere una parte dell’Olimpia, la finanziaria che controlla il 18% di Telecom. Il 1º marzo 2007 l’azienda Telefónica annuncia in un comunicato che i contatti con la Telecom Italia sono temporaneamente sospesi, ma continuano quelli con altri soci al fine di arrivare ad una cordata.
Il 16 febbraio 2007 il CdA ha approvato il nuovo assetto organizzativo basato su 4 entità ed i relativi direttori generali:
Domestic Fixed Services: Massimo Castelli
Domestic Mobile Services: Luca Luciani
Finance Administration and Control: Enrico Parazzini
Technology: Stefano PileriIl
Il 9 marzo 2007 viene presentato il nuovo piano industriale per il triennio 2007/2009 al quale, tuttavia, il mercato reagisce facendo registrare un forte ribasso per le azioni della Telecom Italia anche alla luce del fatto che gli utili risultano in calo e, per il futuro, si annuncia una diminuzione dei dividendi.

Il 1º aprile 2007 Pirelli, a seguito di un CdA straordinario, annuncia di avere ricevuto due offerte tese a rilevare il 66% di Olimpia, la holding che detiene il pacchetto di controllo della Telecom Italia.
Le offerte, da parte dell’azienda statunitense AT&T (che, successivamente – il 16 aprile – ha dichiarato di ritirarsi dall’operazione) e dalla messicana América Móvil di Carlos Slim Helú, erano tese a rilevare, ciascuna, il 33% di Olimpia.
A sorpresa, pochi giorni dopo l’annuncio delle due offerte, Guido Rossi, presidente della società dal settembre 2006, non avendo vista rinnovata la propria candidatura a far parte del Consiglio di amministrazione (poi rinnovato nell’assemblea degli azionisti del 16 aprile 2007) si dimette da presidente dell’azienda non senza aver aspramente criticato, in un’intervista a La Repubblica, Tronchetti Provera. Al suo posto viene nominato Pasquale Pistorio come presidente di transizione.
Il 28 aprile una cordata italo-spagnola composta da Mediobanca, le Assicurazioni Generali, Intesa Sanpaolo, Sintonia e Telefónica lancia un’offerta per rilevare la quota della Pirelli in Olimpia creando una nuova società, denominata Telco (patto di controllo), che avrà il controllo del 23% circa della Telecom Italia. Tale offerta è stata accettata dal CdA straordinario tenutosi in tale data.
Il 24 ottobre 2007 c’è stata la firma per il passaggio dall’Olimpia alla Telco che ha concretizzato l’operazione ma ponendo 28 condizioni all’azienda Telefónica, legate anche ai paesi dove le 2 aziende sono concorrenti, in primis in Sudamerica. A dicembre, saranno nominati come presidente Gabriele Galateri di Genola e come amministratore delegato Franco Bernabè, ex-presidente della compagnia telefonica.
Esattamente 2 anni dopo, il 27 ottobre 2009, quasi tutti i soci della Telco, ad eccezione di Sintonia, hanno rinnovato per altri 3 anni il patto di controllo.

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