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Tosi fuori, la Lega si spacca sull’Unione Europea

Il lungo tira-e-molla dentro la Lega si è concluso e il sindaco di Verona si rtrova fuori, con Salvini che “prende atto” della sua estromissione come se dipendesse da qualcun altro.

Difficile capire dalle cronache giornalistiche cosa sia accaduto dentro il fortino leghista, apparentemente diviso sulla ricandidatura di Luca Zaia a “governatore” del Veneto, cui l’altro Luca, Tosi appunto, si è opposto con decisione, rifiutando ogni commissariamento deciso da Salvini, fino a esser messo alla porta.

Di linea politica, infatti, non c’è alcuna traccia. Manca insomma il movente di una spaccatura che, molto probabilmente, porterà anche il Veneto nelle braccia del Pd, lì rappresentato da una delle tante “figure piacenti” che popolano il parterre del nuovo ceto politico – tanto “democratico”  che berlusconiano – ovvero Alessandra Moretti.

Però qualcosa si capisce lo stesso, visto che la linea di frattura tra Tosi e Salvini ha preso ad allargarsi quando il segretario leghista che vive negli studi televisivi ha svoltato il vecchio carrozzone “nordista” verso un tentativo di proporsi come “partito nazionale” e nazionalista, simil-Le Pen, con slogan contro l’euro, le banche e l’Europa, con linguaggio che molto prende dal repertorio nazista del “complotto demo-pluto-giudaico”.

Non che il Tosi non ami le frequentazioni con la destra neofascista, vista l’antica frequentazione amichevole col Veneto Fronte Skinhead, in particolare con Pietro Puschiavo, Andrea Miglioranzi (conosciuto come “il cantore del Terzo Reich”), Roberto Bussinello (ex dirigente di Forza Nuova), Domenico Magnetta (ex Avanguardia Nazionale, amico di Massimo Carminati, animatore di Radio Padania Libera), e soprattutto Pasquale Guaglianone, ex “cassiere” dei Nar di Mabro e Fioravanti. Per non farsi mancare nulla, Tosi intrattiene rapporti “filosofici” con Diego Fusaro, che cerca inutilmente di farsi passare per !marxista” ma frequenta in primo luogo i cenacoli della destra estrema.

Insomma, Tosi non deve esser rimasto scioccato dai saluti romani dei mazzieri di Casapound a Piazza del Popolo, durante il mezzo flop della “marcia su Roma” di Salvini.

Nel marasma dell’attuale destra italiana – attenzione: con un potenziale seguito di massa assai grande – le divisioni sono numerose, trasversali, fortemente personalizzate. Ma, all’ingrosso, sembra evidente un confine che si va delineando con sufficiente precisione: il rapporto tra “nazione” (da sempre tratto caratteristico fondamentale della destra) e Unione Europea. Il percorso indicato da Salvini porta a una destra che difficilmente diventerà “nazionale” (impossibile far dimenticare in pochi mesi le urla contro “Roma ladrona”, i “napoletani che puzzano”, e ovviamente gli stereotipi più idioti su calabresi, siciliani, pugliesi, sardi e via meridionalizzando), ma che si propone come rappresentanza politica della piccolissima borghesia imprenditoriale massacrata dall’austerità, dalle regole, dalle difficoltà crescenti nell’evasione fiscale per chi non si può permettere tributaristi di alto livello (e di altissima parcella). Con tentativi dichiarati di far presa su pensionati, esodati, lavoratori dipendenti ancor più massacrati dall’austerità della Troika e realizzata da Renzi. Uno che insomma prova ad affacciarsi dalle parti del “nostro” blocco sociale per costruire egemonia di massa in chiave fascistoide.

Tosi, al contrario, ed è l’unica differenza rilevante con l’avversario, si propone allo stesso amalgama sociale in chiave di “uomo d’ordine”, “moderato” capace di costruire e sopportare alleanze politiche vecchio stile, “dentro” la cornice dei trattati europei e quindi con tutte le mediazioni del caso.

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