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Bruxelles ha disposto le dimissioni di Lupi

Le dimissioni si danno davanti alla Terza Camera (presto seconda, con la scomparsa del Senato), ovvero sulla poltrona di Porta a Porta, con l’officiante Bruno Vespa nella parte del confessore-perdonatore, incidentalmente marito di quel gip che, nelle inchieste sui Mondiali di calcio del 1990, proscioglie «perché il fatto non sussiste» l’ora arrestato Ercole Incalza. Ghirigori di incontri, nei retrobottega del potere italico…

L’annuncio è stato ovviamente sofferto e dolente: “Domani al termine dell’informativa” alla Camera, “rassegnerò le dimissioni”. Con grandi sussulti di dignità istituzionale: “Per me la politica non è un mestiere ma passione. E’ poter servire il proprio Stato. Non ho perso né l’onore né la passione”. Evidentemente deve esserci stato un caso di omonimia con quell’altro Lupi che, parlando al telefono con Incalza chiedeva «Tu suggerisci di rimanere? Io sono veramente dubbioso… o mi rifaccio il partito, oppure rimanere dentro…e rimanere a fare cosa?».

Onore perduto a parte, la vicenda si chiude nell’unico modo possibile ai tempi della Troika.

Se vogliamo restare alla pura procedura parlamentare, infatti, la trada era egualmente segnata. Il Movimento 5 Stelle aveva preparato una mozione di sfiducia personale sul ministro delle infrastrutture che si faceva dirigere, e persino scrivere il programma di governo, da quello che teoricamente era solo un suo collaboratore a progetto. La mozione sarebbe stata votata da Sel, fors’anche dai “dissidenti” del Pd, sicuramente da una parte di Forza Italia che considera Lupi come uno dei traditori del Caimano (quando scelsero, insieme ad Alfano, di restare nel governo Letta mentre il berluska rompeva il patto).

A quel punto, per salvare il ministro di cielle, Renzi avrebbe dovuto porre una sorta di “fiducia” sul lupetto ormai spelacchiato e additato al pubblico ludibrio. Un costo alto, senza alcun guadagno.

Tanto più che una vicenda del genere, seppur senza dichiarazioni pubbliche, era certamente seguita dalle cancellerie dell’Unione Europea, dove vigono standard comportamentali per i ministri decisamente diversi. Ci sono stati casi di ministri, per esempio in Francia, costretti ale dimissioni non per aver rubato o concesso appalti miliardari in cambio di mazzette, ma semplicemente per aver affittato un appartamento – a spese dello stato – considerato “troppo grande” per il suo nucleo familiare…

Cosa signifca?. Che la classe dirigente di questa Unione Europea appare consapevole delle “difficoltà” italiane nell’adeguarsi a questi standard e quindi – pur accettando di sostenere e riconoscere governi disposti ad eseguire i propri ordini, ma composti da rappresentanti di interessi clientelari sotto la soglia della presentabilità – “preme” perché gli episodi di corruzione diventino occasione di “limature progressive”, capaci di eliminare il personale politico inadeguato agli scopi.

L’altra strada sarebbe stata “rivoluzionaria”, in senso autoritario. Ovvero sbarrare la strada dei ministeri a tutti i personagio di questo tipo e affidare tutti i poteri al Cantone di turno. Il rischio, evidente, era però quello di sollevare una “rivolta” masanelliana dei tangentari, dei corrotti, del “mondo di mezzo”… meglio, molto meglio, la “politica dei piccoli passi” teleguidati dall’alto, le scremature rese possibili dalle inchieste giudiziarie.

Così vanno interpretatae le uniche parole pronunciate da Renzi sula vicenda (strano, neanche un tweet, questa volta…): “La scelta di Maurizio è una scelta saggia, per sè, per Ncd, per il governo”. Una scelta che evita di trasformare un colpo durissimo per la credibilità – in rapido calo – di questo governo in una crepa permanente capace di abbatterlo.

Sì, va bene, ma da chi verrà sotituito Lupi? Per ora Renzi annuncia l’interim a se stesso. In attesa di trovare il nome giusto. Circola quello di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione, magistrato che ha sostituito lo sbiadito Di Pietro dell’immaginario ruolo dell'”uomo incorruttibile”.

Ma bisogna ricordare – e le telefonate tra Lupi e Incalza lo dimostrano – che renzi era già prima intenzionato a portare a Palazzo Chigi la “struttura tecnica di missione” del ministero delle Infrastrutture, quella con a capo Incalza e per cui lo stesso Lupi aveva minacciato di far cadere il governo.

Ma circola anche quello di Mauro Moretti, amministratore delegato di Finmeccanica ed ex ad delle Ferrovie, nonché nel lontano passato anche ex segretario della FiltCgil. Un inaffondabile caace di galleggiare in qualsiasi mare…

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