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Bologna. Colata di Idice e People Mover, il PD-coop si riprende la città

Si è conclusa la stagione delle inchieste sul "sistema PD" aperte dalla Procura negli scorsi anni a Bologna, con grande sollievo per dirigenti di partito e delle cooperative che sperano ora di poter continuare indisturbati nello scambio di favori (e di milioni) garantito da un sistema a quanto pare ben consolidato di gestione del rapporto fra istituzioni e imprenditoria nella ex regione rossa.

La cronaca: il travagliato progetto del People Mover, avanguardistica monorotaia concepita durante la giunta Cofferati (2004-2009), potrà finalmente essere completato senza ulteriori interruzioni, data l'assoluzione a processo dei sette indagati dalla procura a vario titolo per abuso di ufficio e turbativa d'asta. La lista vede personalità di prim'ordine: l'ex sindaco Flavio Delbono (PD), l'ex assessore Villiam Rossi (bilancio), gli ex presidenti di CCC (consorzio cooperative costruzioni) e Atc (azienda di traporti locali, ora nella più grande TPer), Piero Collina e Francesco Sutti, e i dirigenti comunali Francesca Bruni, Cleto Carlini (mobilità) e Patrizia Bartolini (settore lavori pubblici).

Il fatto non sussiste per insufficienza di prove. I lavori, intanto sono incominciati, e il loro completamento è previsto per il 2018-2019. Si tratta di una piccola-grande opera inutile, per la quale la Regione ha già stanziato 27 milioni di euro a fondo perduto. L'opera è stata nel corso degli anni più volte contestata, da parte di personalità istituzionali di opposizione come da vari comitati. Il percorso coperto dal People Mover infatti, la tratta che va dalla stazione centrale ferroviaria all’aeroporto, si trova già oggi in gran parte coperta dal servizio ferroviario metropolitano, il quale necessiterebbe di un ampliamento minimo (800 metri) dalla stazione più vicina, per rendere più veloce ed efficiente (rispetto alle attuali bus-navette) il collegamento.

Nello stesso giorno in cui si annuncia l'assoluzione degli indagati nel caso People Mover, la procura deposita la richiesta di archiviazione per il caso "Colata di Idice".

Nel dicembre 2014 Isabella Conti (sindaco di San Lazzaro in quota PD), denuncia di aver ricevuto pressioni da parte dei dirigenti di Legacoop e dai suoi colleghi di partito, per aver bocciato un maxi progetto di insediamento edilizio che prevedeva 582 alloggi nella frazione di Idice. Anche qui, indagati di spessore: Rita Ghedini (esponente del mondo cooperativo, poi senatrice PD, dimessasi dal senato per assumere la presidenza di Legacoop Bologna) e Simone Gamberini (ex sindaco di Casalecchio di Reno e vicesegretario del PD bolognese, attuale direttore di Legacoop Bologna), Massimo Venturoli (Palazzi srl), Stefano Sermenghi (sindaco di Castenaso), Aldo Bacchiocchi (ex sindaco di San Lazzaro di Savena), Germano Camellini (revisore dei conti del comune di San Lazzaro) e Carlo Castelli (tesoriere del Pd di Bologna).

L'accusa è di minaccia a corpo politico e amministrativo. Non sembrano accuse infondate; anche a un occhio non esperto in materia, le carriere dei vari indagati e le notizie che si leggono sui quotidiani locali fanno pensare a prima vista a un collegamento diretto fra il Partito Democratico e il sistema delle cooperative, in una spirale di appalti fatti su misura o che sembrano venire direttamente "assegnati".

L'assurdo della vicenda è sintetizzato dalla nota della Procura della Repubblica che, archiviando il caso, mette in evidenza: "Ci sono state pressioni, insistite e deprecabili, che miravano a tutelare interessi privati a scapito di quelli pubblici, in una indubbia commistione tra il momento delle scelte politiche e quello della soddisfazione di interessi economici, che quelle scelte hanno a tal punto condizionato da avere coinvolto a pieno titolo anche rappresentanti della politica locale, che pure avrebbero dovuto avere di mira solo l'interesse pubblico che l'attività intrapresa dal Comune indubbiamente voleva soddisfare."

Ovvero, le pressioni ci sono state, ma grazie alla denuncia della sindaca e all'indagine, il reato non è stato compiuto, quindi si archivia tutto (!).

Parole non nostre, ma della stessa sindaca che aveva denunciato le pressioni, che rivendica di far parte di quegli "anticorpi" all'interno del PD e delle istituzioni, che grazie alle denunce hanno provato le pressioni, garantendo alla politica di non venire asservita ai poteri economici e di incorrere in illeciti penali e contabili.

La gioia del PD e delle cooperative coinvolte si legge sui quotidiani locali, con Legacoop che addirittura tira in ballo la Costituzione ("Chiesta l'archiviazione per tutti gli indagati. Legacoop: <è stata tutelata la Costituzione, ora si rifletta>" si legge sul Corriere di Bologna), e ci pare indichi quanto l'azione dei presunti anticorpi preoccupi i poteri forti….

La stagione delle inchieste, a quanto pare dichiarata chiusa dal nuovo procuratore Amato recentemente insediato, ha fatto emergere pubblicamente quel che tutti sanno, e cioè che a Bologna e in Emilia Romagna esiste un sistema di gestione che non vede soluzione di continuità fra le istituzioni e i grossi consorzi cooperativi privati, uno scambio di ruoli dalle fila del PD e i consigli di amministrazione, in cui si gestisce "tutto in casa" facendo correre spesso i fondi pubblici a favorire interessi privati. E' l'esempio migliore di un sistema che è emerso negli scorsi anni con le inchieste sull'EXPO di Milano, nell'affaire delle banche toscane che ha visto protagonisti l'ex-premier Renzi e la ministra Boschi, per fermandoci ai casi più noti e recenti.

Il quadro però non sarebbe completo senza considerare che la normalizzazione di questo sistema di gestione della politica e delle istituzioni, va di pari passo con le riforme in senso neoliberale e autoritario, che segue le indicazioni dell'Unione Europea, a partire dal Jobs act, passando per il decreto Madia, la Buona scuola, la riforma delle pensioni, il progetto di riforma del Terzo Settore del ministro Poletti (guarda caso anch’egli esponente del mondo cooperativistico) nonché con la repressione dei movimenti sociali e politici. E' un esempio che conferma la gestione capitalistica italiana e carattere parassitario, che cerca nelle istituzioni la propria stampella e salvezza per sopravvivere. Il tentativo di declinare un vecchio modus operandi nel nuovo contesto, da parte di una classe dirigente insufficiente a stare al passo con la competizione globale; un tentativo che potremmo definire "la via italiana al neoliberismo", e che conferma la necessità di approfondire quei percorsi come la coalizione per NO sociale al referendum e le realtà che l'hanno animata, che vi si oppongono e mettono al centro il problema della rappresentanza degli interessi di classe, espressi a Bologna come nel resto del paese con un netto NO dalle periferie insofferenti e schiacciate dalla crisi economica e dalla sua gestione antipopolare.

 

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