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Riace, ovvero “l’utopia della normalità”. Intervista a Tiziana Barillà

In seguito all’arresto di Mimmo Lucano con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti, è ripartita una campagna di sostegno e solidarietà nei confronti dell’esperienza di Riace, che da quasi 20 anni rappresenta un modello di accoglienza, integrazione, cooperazione e sviluppo capace di rivitalizzare la dimensione economica e sociale di una comunità minacciata dallo spopolamento. Potere al Popolo ha partecipato in massa alla manifestazione “Riace non si arresta” e in questi mesi ha organizzato numerose iniziative di sostegno per far conoscere la storia, passata e recente, di Riace.

In Francia, dove a seguito della recente Loi Asile-Immigration si sta assistendo a una normalizzazione del discorso xenofobo, a un’istituzionalizzazione del razzismo e a una crescente criminalizzazione degli immigrati sans papiers, l’interesse verso l’esperienza del piccolo comune della Locride ha riacceso il dibattito su questo tema. Una discussione che coinvolge molte realtà politiche organizzate, dai collettivi alle organizzazioni politiche ai partiti della sinistra. Per questo motivo, la settimana scorsa Potere al Popolo Parigi ha organizzato la proiezione di due documentari sul villaggio di Riace, seguita da un dibattito con il gruppo di La France Insoumise Ivry-sur-Seine per discutere e riflettere sul tema dei migranti e dell’immigrazione. Un’iniziativa di confronto tra due gruppi territoriali di base, che ha avuto un grande successo sia in termini di partecipazione che di livello della discussione.

Qualche giorno dopo, sempre a Parigi, in occasione della proiezione del film-documentario “Un paese di Calabria” (Shu Aiello e Catherine Catella, 2016), abbiamo incontrato Tiziana Barillà, giornalista ed autrice del libro “Mimì Capatosta. Mimmo Lucano e il modello Riace” (Fandango Libri, 2017). A partire da questa discussione, abbiamo deciso di realizzare una breve intervista in cui Tiziana Barillà ci racconta l’esperienza del modello Riace.

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Potresti spiegarci a parole tue il concetto di ‘utopia della normalità’ con cui lo stesso Mimmo Lucano definisce la realtà che ha costruito nel comune di Riace dal 1998 ad oggi?

Noi oggi conosciamo Riace, tutti vogliono conoscerla, perché la ritengono straordinaria. In realtà, l’utopia raggiunta da Riace è esattamente “l’utopia della normalità”. La contraddizione oggi è che Riace sta diventando famosa nel mondo per l’aspetto più ‘normale’, quello dell’accoglienza, che non è normale solo in Calabria dove c’è una cultura dell’accoglienza, ma è normale per gli esseri umani. L’incontro fra muoversi ed incontrarsi è quanto di più umano e normale ci sia! Per cui, la parola ‘utopia’ richiama l’utopia sociale che comunque è stata sempre il motore dei vent’anni di percorso politico a Riace; ‘della normalità’ serve a sottolineare che non c’è nulla di straordinario in quello che si fa a Riace. Tutto ciò è diventato straordinario perché tutto il resto è diventato xenofobo e razzista, quindi chiamiamo ‘straordinario’ quel che è un moto dell’anima.

Quel che dici si ricollega alla mia seconda domanda. Quale pensi possa essere la forza di Riace oggi nello scenario italiano ed europeo, colmo di razzismo e xenofobia a cui assistiamo quotidianamente? Come pensi possa essere d’aiuto l’esempio di Riace in questo momento?

Prima faccio una parentesi provocatoria. L’attacco durissimo e spropositato su Riace in realtà ha impedito che quell’esperienza venisse lentamente uccisa; ha permesso di alimentare quella solidarietà internazionale che Riace ha da diversi anni, ma che oggi è pronta a finanziare in maniera autonoma questa esperienza. Per cui, la forza di Riace è indubbiamente questa: quella di potersi permettere di tornare alle origini, e quindi fare accoglienza spontanea, autogestita ed autonoma (senza fondi pubblici, né europei né dello Stato) e di dirsi pronta a farlo perché può contare su una rete di solidarietà internazionale grandissima. Il dato di oggi è di 355.600€ e questa è una raccolta fatta in bassissimo profilo: il grosso di quella cifra è stato raggiunto in poche settimane nel corso di quest’estate, poi la cosa si è un po’ spenta per ovvi motivi, e adesso è ripartita. Quindi la forza di Riace è questa. Invece, la forza per l’Europa dipende da noi: se Riace può essere un’eccezione, dove noi ci mettiamo in pace la coscienza mandando dei soldi o sostenendola facendola conoscere, oppure può essere un esempio, un’avanguardia… e a quel punto bisognerebbe fare ognuno a casa sua quello che stanno facendo a Riace. La forza dell’esempio è la forza di Riace.

Spesso si parla quasi esclusivamente di accoglienza, caratterizzata come ‘degna’, senza discutere di un processo di integrazione e cooperazione. Riace in questo senso rappresenta un rilancio di una comunità dal punto di vista economico e sociale. Qual è il tuo punto di vista a riguardo?

Ti rispondo con le parole di Ada Colau, chè non ne conosco di migliori. Lei, in modo netto, ha più volte detto che non abbiamo la scelta tra accogliere e non accogliere. L’unica scelta che abbiamo è tra accogliere bene ed accogliere male, e quello che fa Riace è accogliere bene. Quello che farà il resto d’Italia soprattutto a partire dal 23 novembre (quando verrà approvato il decreto Salvini) sarà accogliere male per legge. Riace è un’esperienza importante per quello che dici tu, ma non è un modello cucito esclusivamente sui rifugiati, sui beneficiari o sui migranti: è un modello universale che vale per tutta la comunità. L’arrivo di nuova umanità a Riace, che si stava spopolando, ha significato nuova cittadinanza in quel paese… quindi, l’integrazione non è altro che un pezzo di costruzione di comunità. Tutto questo, però, è possibile con quella che in Italia si chiama l’accoglienza ‘diffusa’ che oggi viene letteralmente messa al bando. Dunque, ci troviamo di fronte due possibilità, per riprendere Ada Colau: puoi fare l’accoglienza ‘parcheggio’ o puoi fare un’accoglienza di innesto dentro una comunità. I fondi pubblici, in quel caso, potrebbero rappresentare un investimento per l’intera comunità, soprattutto per le comunità completamente spopolate, dove non mancano soltanto gli abitanti all’interno delle case ma manca proprio la vita. Quindi queste persone possono trovare pace e riportare vita.

Di recente, alcuni esponenti politici della sinistra francese, tra cui Bénédicte Monville e Clémentine Autain de La France Insoumise, sono andati in delegazione a Riace per portare il loro sostegno ed incontrare Mimmo Lucano. Pensi che in questo modo sia possibile far conoscere l’esperienza di Riace e lanciare una campagna di solidarietà internazionale? Inoltre, pensi che il sostegno nazionale ed internazionale, economico e politico, che Riace sta ricevendo, abbia prodotto dei risultati concreti?

Secondo me, sì. Ultimamente ci siamo presi una bruttissima abitudine, che è quella di denigrarci tra di noi. In realtà, tutto è utile! Il ‘benaltrismo’ ha ucciso tutto in Europa, in questo momento. Per cui, se esiste un partito, quel partito fa la delegazione; se esiste un giornalista, il giornalista scrive; se esiste un attivista, fa l’attivista; se esiste un’organizzazione che ha un conto in banca, fa la raccolta fondi. Tutto ha pari dignità ed è tutto utile per Riace. È importantissimo capirlo, perché altrimenti ognuno si dirà che l’altro fa meno o fa qualcosa che serve meno o che non serve addirittura a nulla: ognuno fa la sua parte. Riace penso sia l’occasione per ricostruire un tessuto anche di relazione, non soltanto in quel territorio ma anche fra di noi. In quel frammento di terra del sud dell’Italia c’è un laboratorio politico da vent’anni, c’è più di un buon sistema di accoglienza. A Riace capitano cose incredibili! Capitano persone che magari fuori da quel paese farebbero finta di non vedersi, mentre lì si siedono ad un tavolo e discutono: questo è il grande laboratorio politico di Riace.

* A cura di Giada Pistilli e Andrea Mencarelli (Potere al Popolo Parigi)

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