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Il sindacato ridotto a portavoti “europeista”

La prima sortita “elettorale” del patto tra Cgil-Cisl-Uil e Confindustria non poteva passare inosservato. Non che in passato i tre sindacati non avessero mai fatto capire per chi votavano (la Cgil forniva elettori al Pci e un po’ meno al Psi, la Cisl ai democristiani, mentre la Uil si divideva tra repubblicani, socialdemocratici e socialisti). E anche Confindustria, in fondo, è sempre stata un sindacato – eh sì, quello delle imprese, per conto delle quali conduce le trattative per il rinnovo dei contratti – governativo per vocazione. Chiunque fosse al governo…

Ma la Storia va avanti, e il contesto attuale è molto diverso. Basta leggere l’incredibile “appello” e ci si rende conto che oggi c’è una sola contraddizione divisiva per questo segmento particolare della classe dirigente italica: il rapporto con l’Unione Europea.

Gli imprenditori hanno i loro problemi, perché quelli più solidi ed export oriented, dediti soprattutto all’estrazione di plusvalore relativo, si trovano tutto sommato bene dentro il quadro dei trattati e della competizione globale. Mentre quelli più fragili – i “furbetti” che fin qui sono sopravvissuti sulla compressione salariale, i contratti precari, l’abolizione dei diritti dei lavoratori… insomma, sull’aumento dello sfruttamento per estrarre una quantità maggiore di plusvalore assoluto – sono sempre più in affanno; specie ora che le filiere produttive tedesche riducono gli ordinativi ai contoterzisti e (grazie anche all’ottusità sul basso costo del lavoro) e il mercato interno è ridotto all’osso.

I lavoratori, invece, hanno solo problemi. Ma questi tre sindacati si dedicano invece, entusiasti, a descrivere “la UE” – cioè proprio l’Unione Europea, quella macchina infernale che sta devastando l’Europa – come il paradiso delle buone opportunità.

Una citazione è indispensabile, crediamo. “L’UE è stata decisiva nel rendere lo stile di vita europeo quello che è oggi. Ha favorito un progresso economico e sociale senza precedenti con un processo di integrazione che favorisce la coesione tra paesi e la crescita sostenibile. Continua a garantire, nonostante i tanti problemi di ordine sociale, benefici tangibili e significativi per i cittadini, i lavoratori e le imprese in tutta Europa”.

Retorica che sentiamo tutti i giorni, certo. Ma sono lo stesso menzogne vergognose.

Lo “stile di vita europeo” – in tutta Europa – è vistosamente peggiorato negli ultimi venti anni. Soprattutto per i lavoratori, come ognuno di noi ben sa, anche da solo. Ma anche tra i lavoratori c’è chi ha visto peggiorare di molto la propria condizione, e chi un po’ di meno. E dipende dal paese in cui sei nato, non da quanto fatichi (gli italiani sono per esempio al vertice della classifica quanto ad ore lavorate annualmente…).

A smentire la descrizione fantasiosa degli the hateful fourprovvede direttamente il Centre for European Policy, think tank tedesco di fede ordoliberista (tra i membri ci sono Frits Bolkestein e Hans Tietmayer; insomma gente che sta da sempre ai vertici della UE…), che in un suo recentissimo studio ha quantificato i mitici “benefici tangibili e significativi per i cittadini, i lavoratori e le imprese in tutta Europa”.

Più precisamente: -73.600 euro per ogni cittadino-lavoratore-neonato italiano, – 56.000 per ogni equivalente francese, -40.600 per ogni portoghese, ecc. E’ andata decisamente meglio per tedeschi (+23.111 euro cadauno) e olandesi (+21.000), a conferma che “il progresso economico e sociale” garantito dalla UE decisamente asimmetrico. Quasi rapinatorio…

I nostri sindacalisti-europeisti potrebbero obiettare che “questo riguarda solo gli effetti della moneta unica, non il resto”…

Possiamo allora parlare dei mutuatari che si vedono pignorare casa. La Commissione di Bruxelles, infatti, ha preteso che il governo greco togliesse loro ogni tutela in modo che le banche potessero espropriarli più rapidamente e senza ostacoli.

Potremmo parlare dei diritti dei lavoratori (in fondo quei sindacati dicono di volerli difendere…), precipitati ovunque, nel continente, in condizioni ottocentesche, con la UE ogni giorno a pretendere nuove “riforme”.

Potremmo parlare della scuola e dell’università (in Francia Macron sta facendo in pochi mesi quel che qui è stato fatto in venti anni), per far corrispondere “il sistema dell’istruzione agli interessi delle imprese”.

Ma sarebbe inutile. Lo sano benissimo, visto che hanno osservato per anni la demolizione del modello sociale, del mercato del lavoro, dei diritti e dei salari, senza muovere un dito. Anzi. Prendendo di avere il monopolio della rappresentanza sindacale, di modo che nessun altro potesse – né oggi, né in futuro – organizzare e rappresentare gli interessi dei lavoratori dipendenti.

Questa pretesa – identica nella sostanza alla logica del “patto di Palazzo Vidoni”, 1925, pilastro del fascismo – è normalmente definita corporativa, proprio in relazione al “patto” di quasi cento anni fa.

I quattro”, però, hanno fatto un piccolo passo avanti. Sostituendo il regime nazionale con quello continentale (l’internazionalismo, siamo seri, è tutta un’altra cosa…). E infatti chiudono in modo esplicito: “esortiamo i cittadini di tutta Europa ad andare a votare alle elezioni europee dal 23 al 26 maggio 2019 (solo il 26, in Italia, ndr) per sostenere la propria idea di futuro e difendere la democrazia, i valori europei, la crescita economica sostenibile e la giustizia sociale”.

Lasciamo perdere le chiacchiere (crescita sostenibile? giustizia sociale?) e concentriamoci sull’appello al voto.

Sappiamo benissimo – e lo scriviamo tutti i giorni – che il cosiddetto euroscetticismo di Lega, Cinque Stelle e “meloniani” è più recitato che reale. O, perlomeno, limitato alle giaculatorie sulla redistribuzione dei migranti naufragati nel Mediterraneo, mentre si accettano senza troppe difficoltà i vincoli economici, fiscali e regolamentari.

Ma nel panorama politico italiano attuale solo due formazioni si dicono entusiasticamente “europeiste”: il Pd e Forza Italia. ZingaRenzi o Berlusconi. L’uno o l’altro, in fondo, non fa troppa differenza…Sono due opzioni d voto equivalenti (anche se ovviamente saranno soprattutto Cisl e  Uil, oltre alla solita Confindustria, a spingere verso il canuto Caimano).

E’ esattamente quanto ha spiegato il neo-segretario del Pd nel presentare la lista dei candidati: “Nelle liste del nord-ovest ospiteremo anche una rappresentante di En Marche“, perché “lo slogan di costruire una grande alleanza da Macron a Tsipras è già contenuta nella nostra lista“.

Capiamo l’imbarazzo di quei “sinistri” che confidavano nell’avvento di Maurizio Landini al vertice della Cgil, ma a questo – a questa miseria da clientela portavoti – è ridotto “il più grande sindacato d’Europa”.

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2 Commenti


  • marco

    “L’UE è stata decisiva nel rendere lo stile di vita europeo quello che è oggi. Ha favorito un progresso economico e sociale senza precedenti con un processo di integrazione che favorisce la coesione tra paesi e la crescita sostenibile. Continua a garantire, nonostante i tanti problemi di ordine sociale, benefici tangibili e significativi per i cittadini, i lavoratori e le imprese in tutta Europa” ……….
    sta dichiarazione ha il suo fascino…..
    sembra un quadro di hieronymus bosch


  • Mauritius

    cgil cisl uil oramai non fanno alcuna lotta sociale sindacale e politica per cambiare nulla
    i lavoratori sanno che questi sindacati sono dei passacarte locali per permettere in enti ed aziende un controllo sociale spesso totale dove i lavoratori sentono che debbono obbedire e basta
    c’è stato un periodo in cui la cgil poteva scegliere di allearsi con Usb scaricando i due sindacati padronali
    non l’ha fatto
    oramai le vere voci critiche ovunque non possono esprimersi

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