L’anno politico si chiude, come l’anno scorso, con il boicottaggio del discorso di Napolitano.
A differenza dello scorso anno, però, questa volta a promuoverlo non è la solita catena sui social forum, bensì tre forze politiche presenti in Parlamento.
Fa una bella differenza.
I comuni mortali, una volta messa una crocetta sulla scheda, non hanno altri particolari mezzi a disposizione per esprimere disagio e dissenso; chi siede in Parlamento no, qualche strumento in più lo ha.
In primo luogo il potere di eleggere il Presidente della Repubblica, elezione peraltro avvenuta pochi mesi fa.
Che ora, quindi, ben due di queste tre forze politiche, FI e Lega, decidano di promuovere un boicottaggio nei confronti di un Presidente al quale hanno da poco rinnovato la fiducia, sa tanto di cialtronata.
Ma vabbe’, diciamo che ci sono voluti sette anni e mezzo per capire che Napolitano non è il Presidente che si aspettavano.
Delle due l’una, però.
Sempre diversamente dai comuni mortali, queste due forze politiche possono ricorrere ad un altro importantissimo mezzo che la Costituzione mette loro a disposizione: la richiesta della messa in stato di accusa ai sensi dell’art. 90 per alto tradimento o attentato alla Costituzione.
Sulla base di queste due previsioni, chi scrive è già da un pezzo che chiede (da comune mortale, ovviamente) il ricorso dell’art. 90 nei confronti del Presidente Napolitano.
Al riguardo, è noto, Grillo ha più volte annunciato un’iniziativa in tal senso, in ultimo affiancato anche da Berlusconi.
Il problema vero, però, al di là dei numeri che potrebbero mancare, ma questo non sarebbe in ogni caso un motivo per non fare quanto la Costituzione prevede, ciò che non è ancora chiaro è su quale base questa richiesta potrebbe oggi essere avanzata.
Dubbi dovuti non tanto dalla difficoltà di individuare specifici atti compiuti da Napolitano, quanto dalla difficoltà, per queste forze politiche, di giungere a criticare quello che è stato, a tutti gli effetti, il ruolo governante, da Repubblica presidenziale, sin qui svolto da Napolitano: dalla costante pressione esercitata sul Governo Prodi, con l’imposizione di continui e sfiancanti passaggi parlamentari sulle questioni di politica estera, in ossequio al principio non costituzionale dell’autosufficienza della maggioranza parlamentare uscita vincitrice dalle elezioni, sino al recente congelamento, a seguito dell’omessa nomina di un Presidente del Consiglio subito dopo le elezioni, della principale prerogativa in capo al Parlamento: votare per accordare o non accordare la fiducia.
Un colpo di mano chiaramente finalizzato ad impedire la nascita di un qualsiasi Governo che non fosse stato quello delle grandi intese o con le caratteristiche del Governo Monti che venne giust’appunto dichiarato prorogato-operativo.
Ed è proprio a partire da quest’ultima forzatura che si è infine raggiunto l’accordo che portò alla rielezione di Napolitano. Una rielezione che Napolitano ha accettato con una specifica condizione che di fatto ha sancito lo stravolgimento della figura istituzionalmente prevista per il Presidente della Repubblica: da Presidente Garante della Costituzione, a Presidente governante
Come si vede, però, si tratta di comportamenti che tutte e tre le forze politiche, per quanto oggi invitino ad ascoltare altri discorsi di fine anno, chi più, chi meno, hanno avallato.
Non solo Fi e Lega, infatti, hanno di che ripensare.
Come dimenticare l’esultanza del Movimento 5 Stelle di fronte al Presidente Napolitano che commissariava il Parlamento ed affermava l’operatività del Governo Monti?
Il buon Napolitano aveva infatti dato ragione alle tesi sostenute dal Prof. Becchi: il Parlamento era sovrano e non c’era alcun bisogno di un nuovo Governo.
Peccato che era proprio con quell’atto che Napolitano aveva appena trasformato in fumo la competenza esclusiva del Parlamento espressamente prevista dall’art. 94: Il Governo DEVE AVERE la fiducia delle due Camere.
E come tutte le vittorie di Pirro, il seguito, che non è più tanto piaciuto al Movimento 5 Stelle, è storia nota.
Ma va bene, considerata la posta in palio, la salvaguardia degli equilibri costituzionali, qualsiasi ripensamento non potrà che essere benvenuto.
Ciò che quindi ci si attende da tutte le forze politiche è che sì, il Presidente Napolitano venga messo in stato di accusa, ma per gli atti compiuti al fine di imporre e svolgere un ruolo governante da Repubblica presidenziale, e non perché il Presidente non ha “governato” o non “governa” più secondo i desiderata di questa o quell’altra forza politica.
* coordinatore di www.riforme.net
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