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Le Elezioni Politiche a Genova: un prima ricognizione

Alcuni dati inequivocabili emergono per la Superba dalle elezioni politiche svoltesi la scorsa domenica.

Un maggiore “scorporo” dei dati per fasce d’età e reddito potrà fornire successivamente ulteriori elementi utili alla riflessione ed in generale un quadro maggiormente definito che non può prescindere da una inchiesta più approfondita.

Il primo è l’afflusso alle urne, che di fatto inverte il dato delle recenti amministrative in città, svoltesi quasi un anno fa.

Queste avevano portato all’affermazione della coalizione di centro-destra e all’elezione di Bucci, sindaco indicato dal Carroccio, e proveniente da una esperienza imprenditoriale di successo ma senza un preciso background politico alle spalle.

Genova, come tutti gli ex capoluoghi di provincia erano allora passati al centro-destra, tranne Imperia, continuando quel trend che aveva visto l’affermazione di Toti in Regione appena un anno prima.

La vittoria del centro-destra era stata anche dovuta alle lotte intestine dentro il partito democratico e alla spaccatura “a sinistra” con la creazione di una lista con un candidato alla presidenza della Regione: Luca Pastorino, a questo giro candidato con LeU.

A Genova, alle comunali l’afflusso alle urne era stato attorno al 50% al ballottaggio tra Bucci e Crivello, ex assessore della giunta uscente e quest’ultimo sostenuto da una lista civica di centro-sinistra.

A sinistra della Lista Civica di Crivello si erano quelle forze che avevano “rotto” anche molto tardivamente con l’ultimo campione della rivoluzione arancione Marco Doria e quasi tutta la ex pattuglia dei consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle capitana da Paolo Putti, ex candidato sindaco pentastellato alle precedenti amministrative che aveva sfiorato il ballottaggio ed ora unico consigliere per “Chiamami Genova”.

In alcuni quartieri popolari, l’afflusso al ballottaggio era stato di poco superiore al 40% e il M5S, uscito da una processo tormentato per la scelta del candidato sindaco preceduto dall’uscita di alcune sue storiche e rappresentative figure non aveva raggiunto il 20% al primo turno, mentre “Chiamami Genova” era riuscita ad eleggere solo un consigliere in comune e alcuni nei vari municipi per poi di fatto sciogliersi come corpo politico subito dopo.

L’afflusso alle urne questa volta, è ritornato ad essere sostanzialmente quello che aveva portato alla bocciatura della riforma costituzionale voluta da Renzi, in cui vi era stata una netta affermazione del No anche alla Superba.

Il secondo dato è l’ulteriore perdita di voti della sinistra, in particolare del Partito Democratico che, anche se rimane il secondo partito a Genova con il 23%, ha perso 40.000 voti dalle ultime politiche ed ha di fatto eroso la sua tradizionale base di consenso nei quartieri popolari.

Scrive Roberto Sculli, sul “Secolo XIX” di martedì, nell’articolo che apre la cronaca locale centrata sulle elezioni: nel giro di cinque anni il Pd ha polverizzato 40 mila voti, la Lega li ha quasi decuplicati, mentre il Movimento 5 Stelle, pur perdendo un po’ rispetto all’ultima tornata delle politiche si afferma come punto indiscusso della gran parte dei quartieri popolari, dal ponente alle valli di Polcevara e Bisagno, dove il Carroccio è cresciuto molto, ma senza sfondare.

E sulla debacle del PD, a cui la cronaca locale de “La Repubblica” dedica tre pagine del giornale, si esprime molto chiaramente Donatella Alfonso, nell’articolo: Castelletto. L’ultimo baluardo dem.

Ecco – scrive Donatella Alfonso – guardando i dati usciti dalle urne di domenica, la lettura è semplice: in quelle stesse sezioni, in quegli stessi quartieri – Sestri e Cornigliano, ma persino ex roccaforti della sinistra come Bolzaneto e Pontedecimo – l’importante è stato: chiunque sotto il vessillo pentastellato, e purché non sia del Pd.

Liberi e Uguali, raggiunge cifre nettamente migliori rispetto alla media nazionale (5,4 alla Camera, 5 al Senato), ma di fatto essendo stato una delle quattro opzioni politiche a cui i Media hanno dato più voce e considerando la notevole pubblicità di cui ha potuto godere la propria campagna dovuta ad ingenti possibilità economiche, nonché l’appoggio di parte dei corpi intermedi della sinistra, la sua performance ne polverizza il peso politico.

Il terzo dato è l’affermazione della Lega Nord, come in tutta la Liguria: il dato di per sé è impressionante per la progressione numerica.

La Lega passa alla Camera dai 5.818 voti delle politiche del 2013 ai 51.724 attuali (con un dato sovrapponibile al Senato), aumentando anche rispetto alle regionali del 2015 di qualche frazione percentuale e superando il 20% in quartieri popolari della Val Polcevera come Borzoli e Campi.

Questo mentre Forza Italia, che rispetto al PDL, perde circa 5 punti percentuali e tiene solo nei tradizionali quartieri residenziali del centro-levante.

Se il richiamo alle sirene della mobilitazione reazionaria di massa del blocco sociale è stato un potente volano per il voto alla Lega, la sua evidente collocazione come forza più euro-scettica all’interno della compagine del centro-destra è stato un elemento determinante, classificandola agli occhi degli elettori come forza sovranista “di destra” alla pari di altre formazioni che sul continente legano le proprie fortune proprio perché incarnano le aspettative di una exit strategy “da destra” dal quadro delle compatibilità fissato dalle oligarchie ordo-liberiste europee, senza esimersi di fare sfoggio del proprio conclamato razzismo.

Il quarto dato, già accennato, ma che è uno degli elementi più rilevanti dell’esito elettorale è il successo del Movimento 5 Stelle, in particolare nei quartieri popolari, dove decollano ovunque spesso con percentuali superiori al 30%.

Come sottolinea Sculli, nell’articolo precedentemente citato, che prende ad esempio l’estremo ponente genovese: Due dati su tutti, quelli di Voltri e Sestri: nel primo l’intera coalizione di centrosinistra non riesce ad andare oltre al 29,3% i pentastellati arrivano al 34, 5%. Nel secondo i 5 Stelle sono al 3,7% e il centrosinistra si ferma al 28,5%.

A Genova il profilo dei candidati del M5S è quello di liberi professionisti impegnati in importanti battaglie civiche ma senz’altro che hanno un profilo pubblico ed una esperienza politica piuttosto scarsa (avvocati, architetti e economisti), per lo più conosciuti in ambito settoriale, ma che di fatto saranno i rappresentanti di una composizione sociale e di problematiche espresse da questa decisamente diverse da quella di cui fanno parte.

In realtà è la matrice euroscettica e l’aspettativa nei confronti di una forza che non ha ancora governato il Paese, a differenza del centro-destra e del centro-sinistra, e che le persone pensano possa scompaginare le carte, ha far propendere per il voto popolare ai pentastellati nonostante ( e anzi grazie forse) la trasversale campagna mediatica contro di loro, e le non fino a qui brillanti esperienze amministrative a Torino, Livorno e soprattutto a Roma.

Bisogna comunque ricordare che il lavoro in consiglio comunale del Movimento 5 Stelle è stato senz’altro meritorio per tutta una serie di questioni, ed è stata l’unica forza politica istituzionale che ha prestato orecchio e dato il fianco a importanti battaglie che l’hanno di fatto divenire un importante punto di riferimento di opposizione a Palazzo Tursi rispetto alle politiche della giunta Bucci.

Occorre in coda parlare del risultato di Potere Al Popolo, che andrà ulteriormente approfondito, e che si attesta tra 1,4 al Senato e l’1,5 per cento alla Camera.

Tre dati appaiono evidenti.

Il primo è il superamento della soglia del 3% alle elezioni del Municipio Centro-Ovest, dove Palp si presentava contestualmente alle politiche nazionali, in quanto dopo il commissariamento durato circa un anno dovuto alla mancata formazione di una maggioranza, sono state indette le elezioni in questa importante porzione della città. Sono stati raccolti 942 voti, con picchi nei collegi dove c’è una presenza più marcata di quel territorio e che si è in parte riverberata sulle elezioni nazionali, facendo segnare una buona performance.

Il secondo punto è l’affermazione positiva in alcuni collegi del Centro Storico, in cui alla camera addirittura è stato superato il sette per cento, come alla Maddalena, e che comunque tra Camera e Senato, a Prè, Molo, Maddalena (con percentuali dimezzate a S.Nicola e Castelletto) si è attestata tra il 6 e 7 per cento.

Un ottimo risultato considerate le rapide trasformazioni che attraversano questa vitale parte della città, esempio più unico che raro di un centro cittadino che ha ancora un tessuto popolare nonostante il processo di “gentrificazione” e di trasformazione in chiave turistica.

Il terzo dato è il buon risultato anche in porzioni di territorio “periferiche” dove la propaganda diretta di Potere Al Popolo sembrava essere arrivata in dose minore, ma che hanno avuto un ottimo risultato a Multedo attorno al 7 per cento (al centro delle mobilitazioni e delle contro-mobilitazioni riguardo all’insediamento di una struttura di accoglienza per migranti), Crevari nell’estremo ponente, tradizionale zona “rossa” attraversata dalle scelte scellerate del centro-sinistra in materia di Salute, Borzoli e S.Quirico interessate alle vicende della Iplom come ad altre “servitù ambientali” che caratterizzano la Val Polcevera e Apparizione nell’entroterra del centro-levante, tutti collegi in cui la performance si attesta sul 3 per cento.

In generale, nei comuni limitrofi a Genova fuori dall’area metropolitana o nei quartieri dove non era presente o scarsamente rappresentata una esperienza di radicamento delle forze che hanno dato forza e forma a Palp il risultato è stato irrisorio o quasi nullo, anche a causa dell’oscuramento mediatico e nonostante la “campagna di strada” condotta su tre assi principali: scuola, sanità e trasporti.

Naturalmente, questa non è che un primo tentativo di ragionamento a caldo suffragato dai numeri che dovrà assumere uno spessore più analitico e “chirurgico” nei giorni seguenti.

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