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Brasile, il golpe è servito

Alla fine, quando in Italia era ormai notte fonda, il verdetto della Camera dei Deputati del Brasile è stato anche più netto di quanto fosse prevedibile. Al termine di un lunghissimo e infuocato dibattito, a favore della destituzione hanno votato ben 367 deputati (ne bastavano 342, i due terzi del totale), mentre i contrari sono stati solo 137.  

Le defezioni all’interno di quella che fino a ieri era stata un’ampia ma composita – oltre che contraddittoria e indefinita – maggioranza parlamentare guidata dal Partito dei Lavoratori sono state massicce ed hanno concesso i numeri agli ambienti reazionari per l’apertura di un vero e proprio processo politico nei confronti della presidente, Dilma Rousseff, e delle sinistre più in generale.
La palla adesso passa al Senato che sarà chiamato a votare, ma a maggioranza semplice, sulla messa in stato d’accusa della presidente. Se favorevole, il voto dell’11 maggio sospenderà Rousseff per 6 mesi dalle sue funzioni, in attesa del verdetto finale del Senato che dovrà passare con i due terzi dei componenti dell’assemblea. In tal caso, paradossalmente, la presidenza passerebbe a Michel Temer, attualmente vice della Rousseff, e leader del partito di centrodestra PMDB (Movimento Democratico del Brasile), ex alleato del PT e indagato per numerosi reati di corruzione.

Come già scritto nei giorni scorsi, la presidente non è accusata di corruzione ma di aver truccato i bilanci statali del 2014 nascondendo alcuni dati non proprio esaltanti sull’andamento dell’economia, un intervento ampiamente utilizzato dai governi di mezzo mondo. E comunque nei suoi confronti non è stata formalizzata alcuna accusa da parte della magistratura, ma la martellante campagna delle destre che invocano l’intervento salvifico dei militari e dei magistrati, supportata dal voltafaccia dei partiti centristi, ha inferto un colpo al PT che potrebbe rivelarsi mortale, ed avere enormi conseguenze su tutto il sistema di alleanze e di integrazione dell’America Latina costruito negli ultimi anni in alternativa, ed in competizione, con gli interessi statunitensi nell’area. La caduta del Brasile, dopo la vittoria delle destre iperliberiste in Argentina, quella dei golpisti in Venezuela e la sconfitta di Evo Morales nel referendum in Bolivia, rischierebbe di infliggere il colpo di grazie a decenni di processi progressisti e rivoluzionari in tutto il continente.

Ieri milioni di persone hanno seguito in diverse piazze del paese l’andamento del dibattito parlamentare e poi del fatidico voto. Nelle ultime settimane, oltre ai sostenitori delle destre e dell’impeachment, a scendere in piazza in maniera crescente sono stati anche i settori popolari, i sindacati, i partiti e le organizzazioni di sinistra, che hanno reagito alla strategia golpista delle opposizioni ma senza mai smettere di criticare un governo che ha disatteso la maggior parte delle promesse di riforma strutturale – a partire da quella agraria – grazie alle quali il PT di Lula da Silva, e poi di Dilma Rousseff, ha avuto accesso al potere. A lungo i settori più moderati dello stesso PT hanno frenato la mobilitazione popolare, temendo controindicazioni nei confronti della sempre più stretta alleanza con settori significativi della media borghesia del paese e con l’agrobusiness internazionale, sperando di risolvere il contenzioso esclusivamente all’interno dell’aula parlamentare. Una strategia che si è rivelata perdente.

Al voto della maggioranza parlamentare di ieri ha reagito con un duro comunicato il Frente Brasil Popular, una coalizione di forze sociali, sindacali e politiche di sinistra che da giorni manifesta contro il golpe bianco.
“Non accettiamo il golpe contro la democrazia e i nostri diritti e sconfiggeremo i golpisti nelle strade – scrive il FBP – Questo 17 aprile, quando ricordiamo il massacro di Eldorado dos Carajás, entrerà di nuovo nella storia della nazione brasiliana come un giorno della vergogna. Questo accade perché una maggioranza spuria all’interno di una Camera dei deputati macchiata dalla corruzione si è permessa di autorizzare un processo politico fraudolento nei confronti della presidente della Repubblica, sulla quale non pesa alcun reato. Le forze economiche e politiche conservatrici e reazionarie che alimentano questa farsa hanno l’obiettivo di liquidare i diritti dei lavoratori e i diritti sociali del popolo brasiliano. Sono le imprese, politici come Eduardo Cunha, colpevole di corruzione, partiti sconfitti nelle urne come il PSDB (socialdemocratici, ndt), forze esterne al Brasile interessate a rapinare le nostre ricchezze e a privatizzare le aziende statali come Petrobras e a consegnare il Pré-sal alle multinazionali. Fanno ciò con il sostegno dei media golpisti riuniti attorno alla propaganda ideologica golpista di Rete Globo, e con la copertura di una operazione giuridico-poliziesca mirante a criminalizzare alcuni partiti. Per questo noi, il Fronte Brasile Popolare e il Fronte Popolo Senza Paura, facciamo appello ai lavoratori e alle lavoratrici delle città e delle campagne, alle forze democratiche e progressiste, ai giuristi, agli avvocati, agli artisti a scendere in piazza e a continuare ad opporsi contro il golpe attraverso tutte le forme di mobilitazione a disposizione all’interno e all’esterno del nostro paese. (…) Non riconosceremo la legittimità di un eventuale governo Temer, frutto di un golpe istituzionale, come invece pretende la maggioranza della Camera che ha approvato l’ammissibilità dell’impeachment golpista. Non riconosceremo e lotteremo contro un eventuale governo illegittimo, contrasteremo ognuna delle misure che esso adotterà contro i nostri posti di lavoro e contro i nostri salari, i programmi sociali, i diritti dei lavoratori duramente conquistati, in difesa della democrazia e della sovranità popolare. Non ci lasceremo intimidire dal voto, per quanto maggioritario, di una Camera formata dominata da corrotti il cui capo, Eduardo Cunha, è stato ritenuto colpevole eppure guida la farsa dell’impeachment contro Dilma. (…) La nostra lotta continuerà con scioperi, manifestazioni e occupazioni già nelle prossime settimane e con la realizzazione di una grande Assemblea Nazionale della Classe Lavoratrice indetta il prossimo Primo Maggio”.

 

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