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“Stefano Cucchi, se non fosse morto, sarebbe rimasto invalido per le botte”

Sull'omicidio di Stefano Cucchi, anche in questi giorni, media e potere si sono dati da fare per annullare l'impatto sociale di una perizia medica . Ordinata dalla Procura di Roma, che già di suo è stata scritta con molta cautela. Non è difficile capire perché, quando sul potenziale banco degli imputati ci sono cinque carabinieri e dopo l'assoluzione delle guardi carcerarie nel primo processo. Dovrebbe esser noto a tutti che un processo non è un laboratorio di accertamento neutrale della verità, ma un luogo dove ci sono parti contapposte che si scontrano per far emergere un risultato il più possibile vantaggioso per una delle due; e che i giudici, spesso, non sono estranei a questo gioco delle parti (come si dovrebbe capire dal notevole numero di magistrati “avvicinabili” che hanno poi concluso la loro carriera agli arresti o comunque fuori dai ruoli giudiziari). E i carabinieri sono una parte sempre molto potente, vista la loro funzione e soprattutto la vicinanza – anche solo per pure ragioni di servizio – con i magistrati in carne, ossa e toga.

Ma anche con tutte le cautele, la perizia del prof. Francesco Introna qualche certezza la fa emergere. A cominciare dagli effetti di un pestaggio feroce – fin qui addirittura negato – che ha provocato non solo ematoni e ferite in tutto il corpo, ma persino la frattura di due vertebre. Una delle quali, la quarta delle sacrali (S4), può aver comportato complicazioni alla vescica e una possibile aritmia mortale. Altro che “epilessia”, come pure ipotizza – in altra parte – lo stesso perito.

Queste notizie le abbiamo trovate addirittura nel quotidiano per definizione “centrale e istituzionale” nel panorama informativo nazionale: il Corriere della Sera. Solo che direttore e capiredattori hanno ritenuto “opportuno” nasconderle a pagina 5 dell'edizione romana, e per di più “in taglio basso”, invece di spararla in prima pagina o almeno in apertura delle cronache nazionali.

Al Corrierone ritengono che il “caso Cucchi” non abbia da anni conquistato il rango di notizia nazionale? Sarebbero dei giornalisti senza fiuto, quindi pessimi e inaffidabili… Oppure ritengono che non si debba dar troppo fastidio all'arma del carabinieri? Sarebbero giornalisti servi di un potere (almeno uno…), ancor meno affidabili. A voi la risposta.

 

Caso Cucchi: «Se fosse sopravvissuto pestaggio, sarebbe rimasto invalido»

  laria Sacchettoni

Tumefazioni al volto, fra le tempie e le labbra. Tracce di emorragia fra lombi e inguine. Fratture in due punti della colonna vertebrale. Se nei confronti di Stefano Cucchi si fosse potuto procedere a un regolare referto, se anziché morire a sette giorni dal suo arresto e dal pestaggio violento a cui fu sottoposto si fossero esaminate le lesioni riportate, allora, secondo gli esperti, il ragazzo non avrebbe potuto cavarsela con meno di sei mesi di prognosi. E se anziché morire fosse sopravvissuto comunque avrebbe riportato un’invalidità permanente.

Tra le certezze raggiunte dall’ultima perizia della procura c’è anche questa. Si tratta di una conclusione che aiuta a pesare l’intensità delle percosse alle quali fu sottoposto Cucchi. Scrive infatti il professor Francesco Introna (con alcune riserve, spiega, «indotte dal dover effettuare considerazioni e valutazioni solo su immagini fotografiche a colori delle lesioni») che «se le lesioni traumatiche dovessero essere considerate tutte riconducibili ad un unico momento lesivo occorso nelle concitate fasi di una colluttazione allora riteniamo che la durata della malattia possa complessivamente essere considerata di almeno 180 giorni». Lesioni trascurate dalla prima indagine vengono ora valorizzate dall’inchiesta bis. Una volta ottenuta una mappatura di lividi e fratture, Introna e i suoi collaboratori provano a ipotizzare una degenza per il ragazzo.

E concludono che «le lesioni riportate dal signor Stefano Cucchi, dominate dalla frattura discosomativa postero superiore di L3 e dalla frattura di S4 (la vera scoperta di questa perizia che , da questa lesione fa dipendere complicazioni alla vescica e una possibile aritmia mortale, ndr) ben avrebbero potuto, a guarigione avvenuta, reliquare con postumi permanenti responsabili di un danno biologico permanente del 32-35%». In altre parole il medico legale stima che il pestaggio nei confronti di Cucchi fu talmente violento da produrre – una volta superato – un’invalidità permanente al 35%. Ancora su questa linea, sempre ipotizzando una degenza che invece non vi fu (Stefano non ebbe neppure un referto e per paura d peggiorare la sua situazione neppure denunciò il pestaggio dei carabinieri) Introna arriva a prevedere che le botte sarebbero state così forti da causare «una inabilità temporanea di 60 giorni» con l’obbligo di portare il busto.

Oggi gli indagati per le lesioni – che dunque potrebbero essere accusati di lesioni gravissime oppure omicidio preterintenzionale – sono tre. I carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffele D’Alessandro e Francesco Tedesco, mentre per un altro, Roberto Mandolini e il collega Vincenzo Nicolardi il pubblico ministero Giovanni Musarò ipotizza la falsa testimonianza e le false dichiarazioni al pm. L’inchiesta bis ha preso il via dalle dichiarazioni di un detenuto, L.L. che all’epoca divise la cella con Cucchi e che aveva deciso di parlare in seguito al primo processo. L. ha anche fornito una traccia sul possibile movente delle violenze inferte in seguito alla perquisizione condotta a casa dei genitori, la notte dell’ arresto: secondo il compagno di cella furono la reazione al rifiuto di Stefano Cucchi di collaborare.

Dal Corriere della Sera

 

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Caso Cucchi: "I periti hanno paura della verità sulla morte di mio fratello"

Ilaria Cucchi

Dopo dieci mesi è finalmente arrivata la perizia Introna.
Non avevamo certo fatto mistero del fatto che avevamo più di un motivo per nutrire forti perplessità sulla libertà di giudizio del professor Introna per via della sua appartenenza alla Massoneria, sia pure "in sonno", per i suoi trascorsi politici legati ad uno schieramento politico nelle cui file vi erano alcuni esponenti di spicco che mai erano stati teneri con Stefano. L'onorevole La Russa, in testa, che quando morì mio fratello si affrettò ad escludere in modo pubblicamente perentorio la responsabilità dei Carabinieri. Lo fece come Ministro della difesa.
Vi era poi la evidente inimicizia tra il perito Introna ed il nostro consulente professor Fineschi che aveva spinto il secondo a rinunciare all'incarico lasciandoci da soli, ad alimentare ulteriormente la nostra inquietudine.
Le modalità poi con le quali si sono tenute le riunioni peritali non mi hanno certamente tranquillizzata. Ora abbiamo una perizia che tradisce in modo evidente quella incapacità intellettuale di prendere una posizione netta di fronte alla verità.
La semplice verità che può essere riassunta in una breve e serrata sequela di accadimenti che riassumo nell'esatto modo che emerge da ogni verbale, da ogni carta, da ogni voce del processo: Stefano è stato arrestato il 15 ottobre del 2009 dopo essere uscito dalla palestra dove si allenava regolarmente, è stato poi sottoposto ad violentissimo pestaggio nel quale venivano fratturate due vertebre della colonna vertebrale, è stato poi per questo fatto portare al pronto soccorso del Fatebenefratelli dai sanitari del carcere di Regina Coeli "con estrema urgenza". È finito ricoverato al Sandro Pertini dove, sei giorni, dopo è morto.
Non occorre essere scienziati per capire cosa è accaduto e perché.
Il professor Introna ed il suo collegio hanno finalmente riconosciuto l'esistenza di quelle stesse fratture che erano state diagnosticate persino dai medici della struttura sanitaria coinvolta nel suo decesso.
Introna ed il suo collegio hanno finalmente riconosciuto il fatto che quelle fratture vertebrali avessero provocato danni neurologici tali paralizzargli la vescica, andando a determinare la formazione di quell'agghiacciante e drammaticamente visibile globo vescicale.
Il professor Introna ed il suo collegio peritale hanno infine riconosciuto l'evidenza di ciò che da anni noi andiamo sostenendo: è stato quel globo, è stato quel danno provocato che hanno innescato il meccanismo biologico letale che ha fermato il suo cuore.
Queste sono le preziose verità scientifiche che il perito è stato costretto a riconoscerci.
Ma poi il perito ha avuto paura. Paura delle conseguenze "politiche" che avrebbero avuto queste verità tanto evidenti da essere banali. Verità per le quali ho avuto la sensazione in questi anni che non si dovesse mai, a tutti i costi, dichiarare.
Allora il perito mette le mani avanti e dice che non è possibile comunque arrivare con certezza ad una sicura causa di morte ma si possono formulare solo ipotesi.
Allora il perito ipotizza anche una più "rassicurante" epilessia che potrebbe aver portato via Stefano, dando a questa ipotesi maggior credibilità, salvo poi affannarsi a precisare, mettendo le mani avanti, che non vi sono assolutamente elementi obiettivi che possano confortarla, e che da sola, senza le condizioni estremamente precarie di mio fratello non avrebbe mai potuto portarlo a morte.
Allora il perito si affanna a rassicurare tutti noi che i traumi inflitti a Stefano Cucchi non hanno avuto alcun ruolo sulla sua morte. Insomma non si tratta di un omicidio.
E questo vale anche e soprattuto per il "pericolosissimo" globo vescicale. Ma perché se poco prima ha detto esattamente il contrario? Perchè se i sanitari lo avessero curato, lo avessero svuotato, Stefano non sarebbe morto.
Lascio a voi ogni commento. Non sono una giurista e faccio affidamento sui magistrati della Procura.
Ma una cosa la posso dire.
Sembra proprio che il perito Introna abbia paura della verità.

Da L'Espresso

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