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Terremoto. La solidarietà come aggregazione. Intervista alle Brigate di Solidarietà Attiva

Un pezzo di Italia centrale, tra cui borghi storici e bellissimi, è andata distrutta con gli ultimi terremoti da questa estate in poi. Anche in questa emergenza sono intervenute le Brigate di Solidarietà Attiva portando soccorsi – e non solo – alle popolazioni colpite dal sisma. Gli abbiamo chiesto di raccontarci come operano e con quali obiettivi.


 Le Brigate di Solidarietà Attiva stanno intervenendo anche in questo terremoto che è tornato a devastare l’Italia centrale. Se non andiamo errati avete cominciato con il terremoto de L’Aquila. In quali altre situazioni siete intervenuti da allora?
Dopo il terremoto dell'Abruzzo siamo intervenuti in molte crisi aziendali, sostenendo le occupazioni delle fabbriche come quella di Agile ex Eutelia e la Frattini. Poi siamo stati per due estati a Nardò organizzando un campo per braccianti dal quale è scaturito il primo sciopero autorganizzato contro il caporalato. Infine siamo intervenuti sulle alluvioni in Liguria, nel messinese, e poi prima di questo tragico evento nel sisma emiliano. In questi anni di lavoro sociale e politico sul campo abbiamo sempre messo al centro del nostro intervento il tema dell'autorganizzazione.
 Potete presentare cosa sono le Brigate di Solidarietà Attiva e con quali modalità vi approcciate nei vostri interventi in situazioni di emergenza?
Abbiamo recuperato una storia di solidarietà popolare che era andata persa, e poi ci siamo inseriti nel solco delle forme di mutualità tipiche della storia del movimento operaio in Italia. Ovviamente molte esperienze convivono in noi, da quelle di chi milita nei centri sociali a chi sta nelle curve, da militanti di partito a cani sciolti che vengono dalla delusione del volontariato. Siamo riusciti in questo intervento a fare un passo avanti in termini organizzativi che ha impressionato anche noi. Una capacità di gestione efficace degli aiuti per i terremotati basata sul principio ci cooperazione dal basso che andrebbe analizzata con attenzione dato che investe le nuove forme dell'azione collettiva. Nel giro di poco tempo, senza nessuna logistica nè soldi in cassa, siamo riusciti a costruire spacci, a consegnare casette e roulotte, a raggiungere con le staffette con continuità una sessantina di frazioni.  Tutto con la messa in comune della cooperazione sociale che funziona attraverso uno slogan che sintetizza molto bene il significato della nostra azione. Dal popolo per il popolo. Abbiamo costruito così un meccanismo di aggregazione automatica nella solidarietà che ha messo insieme soggetti che si guardano da lontano ma che sulle pratiche sociali lavorano insieme. Visti i tempi che corrono ci pare un dato rilevante.


 Dove e quali sono i vostri interventi sul territorio colpito da questo terremoto?
Gli interventi sono moltissimi, e avvengono in un area molto vasta. Abbiamo creato una mappa ( https://www.google.com/maps/d/u/0/viewer?mid=1D7ClqAJwLZWcjPd0rLXeq8X_8AQ&ll=43.05858153397766%2C13.341756792968795&z=10) che permette anche a noi di monitorare il loro sviluppo quotidianamente e di fare comunicazione, il concetto sul quale stiamo lavorando è quello di mettere insieme in una rete orizzontale comunicazione ed organizzazione , i ruoli  di responsabilità si cambiano continuamente senza avere un vertice fisso. A livello generale le competenze sono condivise e non ci sono responsabili unici,  lavoriamo moltissimo con i social network. Ovviamente  chi ha più esperienza la mette a disposizione, ma chi decide alla fine è l'assemblea di campo che proviamo a costruire insieme ai terremotati ed ai comitati che stanno nascendo in varie forme.    Abbiamo un campo base ad Amatrice che gestiamo con “scossa solidale” da dove partono staffette che consegnano generi alimentari a centinaia di famiglie. Come dimostra la mappa siamo presenti a Norcia, Colli del Tronto, Gagliole e in moltissimi altri centri. Questi punti diffusi nel cratere sono continuamente riforniti dai magazzini che a loro volta prendono i prodotti che arrivano da tutta italia. Siamo riusciti a consegnare con questo meccanismo più di 35 roulotte e due casette mobili.


 Come vi siete organizzati per gestire una operazione complessa? Quanti volontari/attivisti riuscite a mettere in campo?
Ad ora abbiamo una cinquantina di attivisti attivi sul cratere, dislocati tra spacci, cucine, staffette. Molti altri lavorano nei magazzini smistando il materiale che arriva da tutta Italia. Facciamo turni e in questo momento molti sono in lista, in attesa di poter venire. E' interessante il fatto che tra le fila delle brigate, anche nella gestione dei campi e di compiti importanti è molto forte la presenza di donne.  Una cosa questa che esprime un dato interessante, nelle forme di azione orizzontale, dove sono le pratiche più che i convegni a muovere l'azione collettiva le donne diventano protagoniste del processo.


Avete concepito una idea di solidarietà popolare che è allo stesso tempo protezione civile e tentativo di mantenere la coesione sociale delle popolazioni colpite. Potete spiegare qual è il vostro progetto?
Il terremoto aquilano ci ha permesso di riflettere e comprendere come le grandi catastrofi siano divenute oggi occasioni per mettere a rendita il territorio. In quell'evento abbiamo visto usare il volontariato da parte del Governo per neutralizzare la politica e la possibilità di autorganizzarsi e prendere voce da parte delle popolazioni aquilane colpite dal sisma. Impedirono di fare assemblee politiche nei campi, e militarizzarono la città con la retorica degli sciacalli. Alla fine le intercettazioni hanno reso evidente che gli sciacalli erano quelli che ridevano poche ore dopo il sisma leccandosi i baffi per la ricostruzione. Oggi quel modello è stato superato ma non del tutto. La logica dell'emergenza infatti si muove ancora verticalmente e centralmente, e spesso senza tener conto del rispetto della dignità delle persone colpite dal sisma. In questo terremoto ad esempio il Governo non ha capito che la soluzione degli alberghi non avrebbe incontrato il favore di una parte della popolazione che invece voleva rimanere dove è nata. Ora prova a fare passi indietro rispetto alla fase iniziale ma usa metodi che a noi non convincono. L'idea ad esempio di organizzare dei piccoli campi con container da tre posti, con bagni e docce comuni riproduce una logica da "caserma" che deve essere superata. Queste sono famiglie ancora sotto shock per il terremoto,  non puoi chiedere a nuclei che superano le 3 unità di vivere in un container con altri sconosciuti, mettendo in comune bagni e doccia . Possiamo capire che questo avvenga nei primi giorni dell'emergenza, ma ora no. Si doveva lavorare per consegnare da subito le casette mobili che potevano essere sistemata in gran parte nelle zone vicine alle abitazioni danneggiate. Ci si è concentrati invece sugli alberghi perchè non si voleva far vedere la gente nelle tende, per poi ripiegare sui container dopo aver lasciato le persone che sono volute rimanere nel territorio a dormire in auto.


 Avete un appello o richieste urgenti che è bene che vengano rilanciate ?
Ci servono attivisti, tanti e per un lungo periodo perhè noi non facciamo le passerelle sulle emergenze come fanno i politicanti che qui vengono ogni settimana a farsi i selfie e poi scompaiono. Il meccanismo del palcoscenico della frontiera lo conosciamo molto bene, e per quanto possiamo cerchiamo di smontarlo ogni giorno.  Noi condividiamo con i terremotati la stessa modalità di vita e resteremo qui fino a quando non riprenderà la vita normale. Stiamo anche lavorando per costruire una filiera antisismica con i prodotti dei contadini locali da inserire nelle strutture di mutualità con le quali siamo in contratto in tutta Italia. Non neghiamo che ci servono anche i soldi, i nostri volontari a differenza di quelli integrati nella protezione civile consumano le ferie e non hanno rimborsi. Per ora la solidarietà da parte della popolazione italiana è stata impressionante ma in futuro ci serviranno ancora molte mani

Grazie e buon lavoro

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