Questo mese di marzo si sta riempendo di tanti importanti momenti di lotta, ancora non prossimi ad una sintesi politica, ma che ci parlano di un quadro in movimento con segnali di ricomposizione.
Dallo sciopero delle donne dell'8 marzo alla grande manifestazione napoletana di sabato scorso, contro Salvini, con all'orizzonte la madre di tutte le battaglie, quella rappresentata non tanto dalla mobilitazione, che speriamo importante e partecipata, quanto dal peso politico della questione della rottura dell'Unione Europea che dietro lo striscione del No UE, NO Euro, No Nato, sarà agitata il 25 marzo a Roma da Eurostop e da altri soggetti politici, sindacali e di movimento. Ad ognuno di questi momenti lo sciopero della scuola si lega, ognuno di questi momenti deve guardare alla scuola come terreno di un suo sviluppo strategico.
Alla questione del lavoro e della condizione femminile, vista la composizione del corpo lavorativo del settore più numeroso del pubblico impiego (quasi un milione di lavoratori, per l'80% donne). È vero che non c'è disparità salariale, ma è anche vero che questa composizione è servita da calmiere naturale delle rivendicazioni, almeno finché il lavoro scolastico ha prevalentemente rappresentato una seconda entrata per le famiglie del ceto medio ed insieme uno status sociale riconosciuto.
Da un po' di anni questa condizione è mutata, la crisi fa a pezzi il ceto medio, dello status è meglio non parlare, e soprattutto quel tacito e scellerato patto: tempi e ritmi di lavoro non infernali vs. salari bassi e poca conflittualità, sta saltando, non certo a causa di aumenti salariali. Donne (e uomini) dentro la scuola corrono sempre più dietro a mansioni spesso insensate, i "privilegi" stanno sparendo uno per uno, le progressioni stipendiali stanno lasciando il posto alla logica della premialità e del presunto merito.
Alla questione della manifestazione napoletana si lega un fatto di cronaca, che è anche segnale politico della gravissima involuzione democratica a cui assistiamo, non certo come spettatori inermi. La FLC/Cgil Napoli ha denunciato un Dirigente Scolastico, reo di avere concesso un'assemblea in orario di servizio ad USB Scuola. Nei giorni precedenti a questa assemblea le manovre ostruzionistiche di presidi (di altre scuole) e di organizzazioni sindacali complici, per impedire la partecipazione dei lavoratori, erano state evidenti. Qui però si è saliti di livello con la funzione di evidente collaborazionismo che i sindacati firmatari di contratto svolgono nel comparto. Nei prossimi giorni faremo in modo che questa vergogna sindacale, che dovrebbe fare stracciare la tessera FLC non ai marxisti, ma ai sinceri democratici, si ritorca contro chi l'ha perpetrata, arrivando all'atto intimidatorio di denunciare alla Procura della Repubblica, alla Corte dei conti e all'Ufficio scolastico regionale un dirigente equilibrato e con un'idea sana di democrazia. È un segnale della paura che c'è di fronte alle forme organizzate della protesta, di fronte ad un soggetto – USB – che sta diventando alternativa credibile e riconosciuta da fette sempre più ampie di lavoratori. Ma è anche un segnale del fatto che – come avvenuto sabato a Napoli – tenteranno in tutti i modi di impedirlo, anche buttando la maschera e mostrando apertamente il volto della reazione, specie laddove i segnali di ribellione sono più chiari.
E con questo si giunge al terzo passaggio del ragionamento, quello che ancora non è chiarissimo a tutti ma che è il vero terreno dello scontro oggi. La Scuola sciopera perchè si oppone alle devastanti politiche europee sul pubblico impiego e sull'istruzione. I tagli continui richiesti da Bruxelles si traducono in riduzione degli organici, blocchi salariali, depauperamento dei fondi delle scuole, tetti che crollano, gessi che mancano, carta igienica portata da casa; ma c'è purtroppo di più, ovvero l'attuazione di un dispositivo scientificamente studiato che piega i sistemi formativi nazionali alla logica dell'Europa della conoscenza, nome altisonante usato dal polo imperialista europeo per suddividere la sua forza lavoro in formazione – gli studenti – tra una cerchia sempre più ristretta destinata all'alta formazione, prevalentemente proveniente dai paesi centrali e dominanti, ed una massa di soggetti addestrati alle competenze di base e soprattutto alla subordinazione e alla precarietà: l'Alternanza scuola lavoro è solo l'aspetto più eclatante di questo organico e strutturato progetto. Nuovi modelli formativi presuppongono la rottura di questo quadro, è bene dirselo e cominciare a dirlo anche nei luoghi di lavoro, nelle assemblee, nelle manifestazioni di lavoratori e di studenti (meglio ancora se i due soggetti sono insieme), allo sciopero del 17, convocato da USB, Cobas, Unicobas ed altri sindacati alternativi.
Come sempre bisognerà tenere insieme due piani: la forza, ovvero i numeri che si accumulano nei soggetti organizzati, rompendo il monopolio sindacale dei venduti e dei complici; ma anche la ragione, ovvero la direzione da dare a questi numeri, soggetti di una istituzione che attraversa l'intera società, e che sta accumulando una serie di contraddizioni tra la possibile funzione emancipatrice e di preparazione al futuro, ed il ruolo di apparato ideologico di stato (europeo) e di appiattimento culturale che si cerca di farle svolgere. La rivolta non è dietro l'angolo, ma la calma apparente potrebbe presto lasciare il posto ad una nuova stagione di lotte.
* Usb – Scuola
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