Quella di Gentiloni è stata la quinta inaugurazione della Stazione Alta Velocità di Afragola. La penultima era stata fatta dal governatore della Regione Campania De Luca a luglio 2015, meno di due anni fa. Al momento è una vera e propria cattedrale nel deserto, completamente scollegata da Napoli e dagli altri centri urbani. La sua utilità non è dubbia, è vergognosa. E ieri alcuni attivisti napoletani hanno provato giustamente a contestare tutto questo ma sono stati respinti brutalmente dalla polizia posta a protezione di Gentiloni.
Doveva costare 60 milioni di euro, secondo alcune fonti i costi ferroviari saliranno a 140 milioni e a 70 milioni quelli delle opere compensative. E pochi giorni fa, proprio ad Afragola, c’è scappato anche il morto ammazzato, l’imprenditore Salvatore Caputo.
Dopo una serie di contenziosi e problemi anche giudiziari, il cantiere per la stazione dell’Alta Velocità di Afragola è oggi in mano al grande gruppo Astaldi, che si era impegnata a concludere i lavori (per un valore contrattuale di 61 milioni di euro) entro il 2016 o per lo meno a rendere agibile la stazione entro il 2016 e far transitare i treni a partire dal 2017. Le Ferrovie dello Stato avevano indetto due gare d’appalto prima di questa.
La prima impresa ad aggiudicarsi i lavori di costruzione nel 2006 fu in realtà la società veneziana Sacaim, con un’offerta di 59 milioni di euro (circa 10 milioni in meno rispetto ai costi previsti). Non accettando poi gli adeguamenti richiesti al progetto esecutivo causa aumento di costi, l’impresa arrivò alla rescissione del contratto. Quindi tra il 2009 e il 2010 subentrò la Dec spa di Bari che approvò il progetto esecutivo (nel frattempo il costo a base d’appalto passò da 70 milioni di euro a 86 milioni di euro). Nel 2012 i lavori furono però sospesi per mancanza di fondi e sono ripartiti solo nell’estate 2015, dopo che era stata indetta una terza gara d’appalto, assegnata appunto al Gruppo Astaldi secondo il criterio dell’offerta migliorativa e non più del massimo ribasso.
A febbraio di quest’anno, era stato piuttosto ruvido il giudizio del Procuratore Generale della Corte dei Conti della Campania, Michele Oricchio: “Le opere pubbliche durano troppo. Non so se ora ci sono le stesse esigenze di quando la stazione di Afragola è stata progettata. La popolazione che usa la Tav vuole arrivare nei grandi centri. Qui parliamo di treni che arrivano in Calabria e Bari, non so se sono tanti quelli che vanno in Calabria. All’inizio si diceva di trasferire ad Afragola anche i treni verso Milano, ma resteranno a Napoli. Per quanto bella, se quella stazione non si utilizza, mi pare un investimento eccessivo”.
Ma al di là della girandola di società che si sono spartite e scontrate sulla spartizione dei lavori della stazione di Afragola, sull’opera e sull’area su cui è inserito, incombono però gli interessi della mafia più che della camorra. Ad Afragola questi interessi coincidono con un cognome: i Moccia.
Emblematica la vicenda dei terreni di via Cimitero Vecchio nella contrada Lellero ricostruita in una recente inchiesta de Il Fatto. I terreni dal 2007 sono stati unificati in un unico lotto dove è stato costruito un autoparco con ben 18 strutture che risultano costruite abusivamente. Parte della proprietà dei terreni viene trasferita a una persona di fiducia dei Moccia; Maria Maranta. La sig.ra Maranta e suoi figli figurano nell’inchiesta sul riciclaggio avviata nella Capitale nella quale finiscono nel mirino anche i Moccia che, al fine di eludere le disposizione di legge occultano la propria partecipazione in disparate attività e interessi economici: immobili, attività commerciali, grande distribuzione e alberghi intestando fittiziamente quote a familiari o terzi, cedendo proprietà e rami d’aziende a teste di legno. La Maranta attivissima in società immobiliari, prevalentemente a Napoli, finirà in manette nel gennaio 2016. Qualche anno prima, il 20 febbraio 2009, era stata proprio Maria Maranta ad acquistare per 50mila euro parte dei terreni in località Lellero ad Afragola.
Ma su quei terreni opera anche la Depar, una società dove compaiono tra i soci le mogli di due esponenti dei Moccia. La società gestisce un deposito-autoparco nei fatti abusivo dove però le ditte impegnate nei lavori sulla stazione Tav di Afragola pagano il parcheggio sono obbligate a far sostare i loro automezzi. Tra i proprietari, oltre alla citata Maria Maranta appare anche Antonio Moccia, figlio di Gennaro e la ex moglie di quest’ultimo, Anna Mazza, definita come la “vedova nera” della Camorra. Il nuovo capo della polizia municipale ad Afragola, Luigi Maiello, dopo aver avviato indagini ed anche interventi con sequestri sui lavori abusivi “lascerà l’incarico”. Gli agenti apposero i sigilli e nominarono un amministratore giudiziario, ma le attività proseguirono in barba al sequestro. Il sindaco Pd di Afragola Domenico Tuccillo ricevette sulla scrivania un biglietto anonimo che recitava: “È morto il comandante dei vigili urbani perché non si faceva i c…i suoi”. Da allora parla malvolentieri di tutta la vicenda.
Ma nel verminaio della stazione Alta velocità di Afragola non potevano mancare le connessioni con la politica e quale politica!! Colpisce una interpellanza presentata alla Camera giovedi’ 27 settembre 2012, nella seduta n.693. Il primo firmatario è l’on. Amedeo Laboccetta, sì proprio il deputato dell’ex Pdl e vicinissimo alla destra, arrestato a dicembre insieme al “prenditore” delle slot machine Francesco Corallo con l’accusa di riciclaggio.
I firmatari di quella interpellanza chiedevano al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di sapere quale misure intendeva assumere per “garantire il mantenimento dell’occupazione nei cantieri della stazione di Afragola dopo il dissesto della Dec spa”. I firmatari denunciano “ il fatto stesso di non aver ricevuto da DEC Spa fatture quietanzate dai propri subappaltatori, avrebbe dovuto consentire ad RFI di rendersi conto della grave crisi economico-finanziaria in cui versava l’impresa esecutrice dei lavori; dal mese di gennaio 2012, la crisi finanziaria della DEC Spa ha determinato addirittura la sospensione di ogni attivita’ lavorativa di cantiere senza che ne’ RFI Spa ne’ la direzione lavori, affidata alla Italferr spa, societa’ del gruppo Ferrovie dello Stato, sollevassero obiezioni di sorta”.
In pratica si accusava la Rfi – società delle Ferrovie dello Stato – di voler bloccare i lavori della stazione di Afragola. I lavori invece dovevano andare avanti. E abbiamo compreso adesso perché e per chi.
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