Si tratta di un segnale inequivocabile: quella che è stata una risorsa (con qualche spreco) per mettere in contatto e far vincere la diffidenza “nazionalista” reciproca viene ora vista come un semplice “costo improduttivo”. Al pari della ricerca di base in Italia, potremmo dire.
La costruzione dell’Europa “liberista” torna a essere una questione di censo: solo i rampolli della borghesia multinazionale continentale potranno dunque acquisire quella visione “allargata” dei problemi che consente anche di trovare soluzioni oppure, riduttivamente, di “governare” la massa di quanti non riescono neppure ad accedere alle informazioni che contano o alla visione più ampia.
Ecco come il quotidiano di Confindustria dà la ferale notizia.
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«Dopo 25 anni sono finiti i fondi per l’Erasmus… Anzi no». Le notizie e le voci sul progetto di interscambio universitario in ambito comunitario si sono susseguite senza sosta negli ultimi giorni, anche in forme contraddittorio, perciò può essere utile fare il punto, guardando alla decisioni ufficiali.
Fondi vicini al capolinea
Le preoccupazioni hanno preso corpo dopo che il commissario europeo al Bilancio, Janusz Lewandowski, ha informato Europarlamento e Consiglio che una dozzina di programmi comunitari aveva utilizzato oltre il 95% della dotazione annuale. Tra questi, diverse iniziative di ricerca, sostegno all’occupazione, e anche l’Erasmus. Nonostante la scalpore suscitato dalla notizia, i più attenti tra gli osservatori europei non sono rimasti del tutto sorpresi, considerato che tutto nasce da un bilancio dell’Ue che la Commissione europea aveva individuato in 132,7 miliardi di euro per l’anno, ma che il Parlamento aveva approvato per una somma inferiore (129,1 miliardi): un differenziale di 3,6 miliardi che ha comportato tagli su diversi progetti comunitari.
Rassicurazioni per il 2012
Per quest’anno, Lewandowski ha comunque dato ampie rassicurazioni, spiegando che il 70% degli studenti ha ottenuto l’assegno europeo e il restante 30% non ha nulla di cui preoccuparsi perché le agenzie nazionali hanno ancora i soldi in cassa. Sta di fatto che la sensazione del capolinea vicino per questo progetto che proprio di recente ha festeggiato i suoi 25 anni di vita (33 i Paesi coinvolti, vale a dire Stati membri dell’ UE, Croazia, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera e Turchia, contro i 10 che avevano aderito i primi anni), fornendo il suo contributo alla formazione di uno spirito europeo, ha generato molte proteste.
Fermento social
Sono partiti gli appelli di blog e giornali online, presto seguiti da gruppi di sostegno su Facebook, con diramazioni locali, oltre al coordinamento nazionale e dall’hastag #erasmus, che sta registrando un grande seguito su Twitter. Tanti ricordano positivamente la propria esperienza di Erasmus e le lezioni di vita, oltre che i contatti personali, apprese. Anche se, a dire il vero, sui forum non mancano le voci critiche, di chi ricorda il periodo passato all’estero come di grande divertimento, ma poco studio. Tanto da auspicare che, in epoca di austerity, si ponga fine “ai viaggi finanziati da Pantalone”.
Soluzione o toppa?
In ogni caso che la Commissione Ue ha deciso di intervenire direttamente nella vicenda, assicurando che il 23 ottobre presenterà una bozza di variazione sul budget comunitario in modo da consentire al programma più amato dai giovani di andare avanti. E analoghe rassicurazioni sono arrivate da alcuni europarlamentari, senza comunque che siano filtrate informazioni sull’impegno economico. La decisione finale spetterà comunque al Consiglio europeo, cioè alla volontà dei governi, che su questi passaggi in genere operano con un orizzonte annuale.
I costi
Di certo, al momento si sa che la Commissione ha proposto di stanziare per il programma Apprendimento permanente 1,14 miliardi di euro nel 2013, dei quali circa 490 milioni sarebbero destinati alle borse Erasmus per gli scambi di studenti e personale (poco più dei 480 milioni stanziati per l’anno in corso, pari allo 0,3% del bilancio Ue). Poiché però una parte di questa somma sarà utilizzata per coprire il saldo negativo di quest’anno (almeno 180 milioni), già verso metà del prossimo anno i fondi saranno esauriti.
Se non vi saranno novità, la sensazione è che il programma di interscambi non verrà abolito del tutto, ma si scaricherà il costo – l’Ue oggi prevede una borsa di studio mensile da 230 euro, per una durata massima di dodici mesi – sugli atenei (che attualmente contribuiscono con somme variabili tra i 100 e i 300 euro) e le famiglie dei partecipanti (che già oggi si fanno carico dei costi restanti, ad esempio per l’alloggio, gli spostamenti da e per l’Italia e il vitto). A meno che non siano i singoli Stati a farsi carico dei finanziamenti, ipotesi oggi difficile da immaginare in piena stagione di tagli alla spesa pubblica.
fonte: Sole 24 Ore
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