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Scandalo Cisl. Furlan fa finta di niente, accusa Pezzotta

Contropiano è stato tra i primi organi di informazione a dare notizia della denuncia pubblica fatta da un vecchio iscritto alla Cisl, Fausto Scandola, a proposito dei megastipendi che si autoattribuivano numerosi dirigenti del sindacato cattolico. Non solo Raffaele Bonanni, peraltro dimessosi improvvisamente poco dopo la notizia del suo lussuoso stipendio annuo (336.000 euro, il 50% più di Obama!), ma anche oscuri segretari di federazioni minori o di patronato.

Non è difficile verificare, visto che il nostro articolo (Gli scandali infiniti dei sindacalisti complici) è stato pubblicato l’8 agosto mentre i giornali mainstream – che fin qui avevano indicato la Cisl come punta di lancia del sindacato “moderno”, quello che sa meglio conciliare gli interessi delle imprese con la flessibilità schiavistica dei lavoratori – hanno deciso di farlo soltanto il 10; e solo perché il povero iscritto autore della denuncia era stato nel frattempo espulso dalla Cisl. Un segnale chiaro su da che parte sta anche il nuovo gruppo dirigente.

Eravamo arrivati con tanto anticipo che prima del sobbalzo dei giornali di regime avevamo già potuto cogliere le reazioni indignate dei sindacalisti veri, intervistando il coordinatore dell’Usb – carica equivalente, in qualche misura, a quella di un membro della segreteria confederale di un’organizzazione “complice” – Pierpaolo Leonardi. Gente che, come stipendio, prende invece quello pagato dall’azienda o ente da cui dipende e che, davanti alla riduzione del 50% dei distacchi sindacali, decisa dal governo Renzi, è addirittura rientrata sul lavoro, in part time, pur di suddividere tra tutti i dirigenti il carico derivante dalla provocazione governativa.

Oggi il quotidiano online Lettera43 intervista l’ex segretario generale della Cisl, Savino Pezzotta, l'”orso bergamasco” che può essere certamente accusato di una politica sindacale “a perdere”, ma che davanti ai suoi successori appare – per contrasto, più che per merito – un onesto mestierante del sindacalismo “cedevole”.

Con l’ironia che gli è propria, e con la perfidia democristiana che non gli è mai mancata, Pezzotta affossa anche l’attuale segretaria, Annamaria Furlan, attribuendole – quantomeno – la responsabilità di star facendo finta di nulla davanti allo scandalo. E di aver avallato l’espulsione del povero Scandola.

Scandola-scandalo. Anche le parole si divertono, in questa storia indecente…

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L’autrice dell’intervista, per Lettera43, è Antonietta Demurtas.


DOMANDA. Questa Cisl piange la miseria dei lavoratori ma non certo la sua, viste le buste paga che girano dentro il sindacato…

RISPOSTA. Sono molto amareggiato e addolorato nel leggere queste cose. Penso che è come se avessi sprecato parte della mia vita. Mi sono iscritto alla Cisl nel 1963, trovarmi oggi sul giornale, così a ciel sereno, un articolo di questo genere mi fa soffrire. Soprattutto perché non è un articolo inventato, ma una denuncia precisa.
D. Fatta peraltro da un vostro sindacalista.
R.
 Da un dirigente di Verona, Fausto Scandola, iscritto alla Cisl dal 1968. Non uno qualsiasi, non certo un estraneo, per questo quello che ho letto mi fa davvero molto male.
D. Che cosa esattamente l’ha ferita di più?
R.
 Mi fa male pensare, e vorrei che ci fosse una chiarificazione, che anche nella Cisl ci sono i furbetti.
D. Quelli che lottano per i lavoratori ma un po’ di più per il loro stipendio?
R.
 Sembra che abbiano aproffittato di un ruolo che gli è stato dato per fare cose che non dovevano fare.
D. Che cosa deve fare invece la Cisl ora?
R.
 Prima di tutto aspetto di capire se la denuncia di Scandola è davvero tutta vera, anche se la stessa intervista che ho letto del segretario Furlan non mi pare la smentisca. Lei promette che correggerà, ma non è che dice: no, è tutto falso.
D. Quindi quelle cifre sono vere?
R.
 Non lo so, ma Furlan non ha smentito. Se l’avesse fatto io le avrei creduto, per carità.
D. E questo cosa le fa pensare?
R.
 Non ho i Cud per poter verificare quelle cifre. Ma essere uscito dalla Cisl in segno di protesta perché non condividevo che dopo di me arrivasse Raffaele Bonanni, oggi mi fa pensare che non avevo tutti i torti.
D. È con Bonanni che sono iniziati i guai?
R. I dati che riporta Scandola si riferiscono dal 2008 in poi, e non ero certo io segretario della Cisl. Non lo ero da due anni.
D. Bonanni prima di andare via è passato da uno stipendio di 267.436 euro nel 2010 ai 336.260 nel 2011, con un aumento del 25%…
R.
 Fate voi i conti…
D. Forse li dovrebbe fare Furlan?
R. Da lei mi aspettavo una presa di posizione più netta, che dicesse: chi ha fatto il furbo è fuori dalla Cisl, se gli stipendi sono stati aumentati senza tener conto dei nostri regolamenti, chi l’ha fatto deve restituire quei soldi. Sarebbe stato un modo per fare chiarezza.
D. Invece?
R. Invece questa sua reazione mi sembra un modo più per galleggiare. Non voglio accusare Bonanni di niente, però quei problemi sono iniziati in quel periodo e Furlan lo sa…
D. Da allora si galleggia, dice, ma forse oggi si annaspa?
R. Quello che temo infatti – e lo dico perchè sono affezionato alla Cisl, sono ancora un iscritto e parlo come tale – è che se non prendono decisioni drastiche, se non fanno una cesura tra l’oggi e il passato recente (ovvero quello di Bonanni) e non recuperano la vera storia del sindacato, chi rischia non sono i dirigenti ma la Cisl stessa.
D. Si spieghi meglio.
R. Questo articolo sui mega stipendi comporta un danno di immagine enorme. Stamattina sono andato a fare una passeggiata e sono stato fermato da tante persone che mi chiedevano che cosa è successo e magari avevano anche qualche sospetto su di me.
D. Sospetto fondanto o infondato?
R. (Ride) Quello che guadagnavo si può ricavare dai miei 730 e non prendevo certo quelle cifre. Sia chiaro, non avevo una brutta paga, ma quella di uno che fa il segretario generale.
D. Quanto, precisamente?
R.
 L’indennità c’è sempre stata e non voglio fare polemica sulla paga di Furlan, che non conosco. Ma se vuole sapere la mia posso controllare (la moglie cerca sul computer i pagamenti e gli dice la cifra): allora sono andato via a ottobre 2006 e prendevo 3.183 euro al mese.

Renzi? Non ha bisogno di assist, la Cisl si sta rovinando da sola

D. Scandola ha rivelato ben altri salari, come quello di Ermenegildo Bonfanti, segretario generale nazionale Fnp Cisl: 225 mila euro in un anno. Una scelta che a Scandola è costata l’espulsione.
R. Se uno denuncia anomalie non può essere espulso, al massimo gli si spiega che quelle anomalie non esistono.
D. Invece del chiarimento è scattata l’epurazione: c’è il rischio che questa decisione getti un’ombra ancora più oscura sul sindacato?
R.
 Sì, per questo la Cisl ha bisogno di una cesura netta e chiara rispetto a chi si è approfittato della situazione. Queste persone che si sono aumentate così gli stipendi non devono più nuocere al sindacato, devono uscire dall’organizzazione.
D. E come individuarle con certezza?
R.
 Intanto si può indire una commissione di indagine fatta da persone per bene che non hanno incarichi politici nè sindacali e siano capaci di fare un esame preciso della situazione per capire chi non ha rispettato il regolamento.
D. Una commissione interna basterebbe?
R.
 Sarebbe prima di tutto un gesto per dimostrare che dentro la Cisl certe cose non si nascondono, e che non ci sono interessi intrecciati. C’è bisogno di chiarezza, di una commissione che valuti e prenda decisioni drastiche. Questo è l’unico modo per uscirne.
D. Non è troppo tardi?
R.
 La Cisl che conosco io è ancora un grande sindacato perché ha una base meravigliosa, fatta di persone che si sacrificano ogni giorno per difendere il lavoro. E con una base del genere, un’operazione trasparenza radicale è necessaria, aiuterebbe non solo la Cisl ma tutto il sindacato.
D. Perché?
R. Perché queste cose hanno un riverbero generale, basta pensare a come risponde Renzi quando il sindacato condanna le sue decisioni: «Ce ne faremo una ragione», dice, e dà la colpa al sindacato di qualsiasi cosa succeda.
D. Quindi questo scandalo potrebbe essere l’ennesimo assist per il premier per colpire il sindacato?
R.
 Ma Renzi non ha più bisogno di assist. Il fatto che questo scandalo sui mega compensi sia uscito così e non crei una reazione radicale interna diventa un assist naturale, non strumentale.
D. Sarete derisi e attaccati da tutti, teme questo?
R.
 Certo, ora anche quando si andrà in assemblea tutti chiederanno all’altro: «Ma tu che stipendio hai? Che cosa fai?». «Prima guarda in casa tua».
D. Insomma, una guerra interna?
R.
 Sì, non c’è bisogno che ce la faccia Renzi. Per questo serve una cesura.
D. Cosa prova davanti alle persone che per strada le chiedono conto di questa situazione?
R.
 Un senso di tormento, mi chiedo che cosa è successo. Perché davanti a questa vicenda non si risponde in termini duri, radicali, mettendo in luce la vera anima di questa organizzazione?
D. Cos’è successo alla Cisl dopo il suo addio?
R.
 Io sono uscito per non sostenere il mio successore, perchè ritenevo che Bonanni non fosse adatto, mi sono opposto a tal punto che piuttosto che fare un accordo per avvallare la sua segretaria me ne sono andato. Non sta a me dare giudizi su Bonanni, non l’ho fatto ieri e non lo voglio fare oggi, ma resta il fatto che se me ne sono andato non avevo tutti i torti.
D. Secondo lei Furlan dovrebbe prendere le distanze in maniera più decisa dalla precedente segreteria?
R.
 Sì, però bisogna anche ricordarsi da che parte stava Furlan ai tempi in cui io ebbi questa congiura di palazzo…
D. Intende dire che Furlan stava con Bonanni?
R.
 Vada a verificare (sorride). Anche se oggi le posso dire meglio Furlan che Bonanni, non ho dubbi su questo.
D. Però?
R.
 Però chiedo a Furlan di essere piu drastica, non per sè ma per gli iscritti. Questa denuncia può essere una montatura, ma io non lo so. Lo deve dimostrare l’attuale segretario della Cisl.
D. La sua è una speranza?
R.
 Vorrei che la mia organizzazione uscisse da questa vicenda a testa alta, che desse l’esempio alle future generazioni: in questo Paese ci sono giovani meravigliosi, bisogna lasciargli spazio, anche all’interno del sindacato.
D. Quindi continuerà a difenderlo?
R.
 Io sono orgoglioso della Cisl, è stata la mia vita. Non sono così orgoglioso di aver fatto il parlamentare.
D. La politica non le piace più?
R.
 Quello è stato incidente di percorso che mi ha dato tante conoscenze, ho fatto tante esperienze, ma nella mia vita il mio modo di pensare è stato determinato dalla Cisl. Per questo chiedo a Furlan di fare qualcosa che restituisca il vero volto alla mia organizzazione. 

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Sullo stesso giornale, il giorno prima, era apparso questo “pezzo” del direttore, che ci sembra altrettanto chiarificatore. Usa anche alcuni dei nostri argomenti, ma da un punto di vista decisamente diverso (“il capitalismo come dovrebbe essere”, diciamo così).

Cisl, bello fare i moralisti con i soldi degli altri

Il sindacato maestro dei 2 pesi, 2 misure. Attacca la casta, difende i suoi privilegi.

 

di 

Onore al sindacalista Fausto Scandola, iscritto alla Cisl dal lontano 1968 e ora buttato fuori per avere reso pubblica una lettera, in cui denunciava i mega compensi di alcuni dirigenti.
Cacciato per aver detto il falso? Neanche per sogno, ma solo perché reo di non aver lavato i panni sporchi in famiglia.
Non importa poi se quei panni, visto che nel cumulo ci sono anche fior di pensioni, li pagano i contribuenti.
UN SINDACATO CHE AMA AUTOASSOLVERSI. Fulmineo nel nascondere le proprie magagne (in questo la Cisl è fresca di tradizione, viste come ha tacitato le recenti polemiche sulla pensione dell’ex segretario Raffaele Bonanni), il sindacato cattolico altrettanto lo è stato nello stroncare il dissenso per bocca del neosegretario Annamaria Furlan, quella che doveva incarnare il nuovo corso della Cisl, tale da far dimenticare qualche vicenda non proprio encomiabile.
Sempre pronto a denunciare storture e privilegi in casa altrui, quando guarda alle proprie faccende diventa mansuetamente giustificazionista: sì, è vero, però, è il costo azienda, è il frutto di fior di contributi, sono piccole prebende se rapportate ai bilanci di società milionarie, immobiliari o fondazioni che siano.
E poi, siccome così fan tutti, non si capisce perché puntare l’indice accusatorio proprio contro di me.
SCANDOLA? UN «DELATORE». Naturalmente il provvedimento punitivo verso il “delatore” Scandola non va da solo, ma è accompagnato da un profluvio di parole di circostanza sul fatto che è necessario cambiare rotta, che la trasparenza diventa un imperativo categorico, che sì, forse c’è qualcosa che non va se dei dirigenti sindacali di seconda fila guadagnano più di Obama o del governatore della Fed.
Sono gli stessi dirigenti che poi affollano i talk show televisivi a indignarsi per i miseri stipendi di un operaio o di un insegnante, nonché additare al pubblico ludibrio i loro presunti affamatori.
Uno che si distingueva nel mucchio come indignato in servizio permanente era proprio Bonanni: feroce contro i furbetti, solerte nel denunciare la casta dei politici, draconiano contro la spesa pubblica  arcinemica di sviluppo e investimenti.
BONANNI E LA FUGA PRE-FORNERO. L’ex segretario, con raro tempismo, si è pensionato alla vigilia della riforma Fornero usufruendo del sistema retributivo, dopo essersi aumentato lo stipendio negli anni conclusivi del suo mandato. Per finire in bellezza nell’ultimo, con un prodigioso balzo nell’ultimo dai 267.436 euro del 2010 ai 336.260 di quello successivo.
Virtuosi della moltiplicazione di incarichi e compensi, i loro però, diventano implacabili censori quando i protagonisti dell’allegra incetta di gettoni militano in altre categorie.
Poi, il Primo maggio, tutti in piazza a denunciare il governo ladro, la disoccupazione che aumenta e il sempre più elevato numero di lavoratori precari e sottopagati.

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