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Cambia Giro, contro l’apartheid israeliano verso i palestinesi

Più di centoventi organizzazioni per i diritti umani, sindacati, associazioni per il turismo etico, gruppi sportivi e religiosi da oltre 20 Paesi hanno reso pubblico un appello internazionale che invita il noto evento ciclistico “Giro d’Italia” a spostare la sua “Grande Partenza” del 2018 da Israele a causa delle sue gravi e crescenti violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani dei palestinesi.

Anche l’illustre linguista Noam Chomsky, gli eminenti giuristi John Dugard e Richard Falk, già Relatori Speciali delle Nazioni Unite per la Palestina, l’attore teatrale, scrittore e drammaturgo Moni Ovadia, gli europarlamentari Eleonora Forenza, Sergio Cofferati e Curzio Maltese, e Luisa Morgantini, già vice presidente del Parlamento Europeo, sono tra i firmatari dell’appello.

L’appello è stato lanciato in vista della presentazione ufficiale della corsa, prevista il 29 novembre a Milano, data che coincide con la “Giornata Internazionale ONU di Solidarietà con il Popolo Palestinese”.

Il 25 e 26 novembre in tutta Italia si terranno manifestazioni su due ruote per protestare contro l’uso di uno sport strettamente associato alla libertà per mascherare la brutale occupazione militare e il regime di apartheid di Israele.

I firmatari dell’appello sottolineano che tenere il “Giro d’Italia” in Israele occulterebbe l’occupazione militare e la discriminazione contro i palestinesi da parte di Israele e al contempo ne incentiverebbe la sensazione di impunità, alimentando la continua negazione dei diritti dei palestinesi sanciti dall’ONU.

Il “Giro d’Italia” sta collaborando con l’impresa israeliana “Comtec Group”, organizzatrice dell’evento “Grande partenza”, che svolge attività nelle colonie israeliane illegali. Nelle immagini, nelle mappe e nei video ufficiali della corsa, il “Giro d’Italia” sta ingannevolmente presentando Gerusalemme est, che è sottoposta da 50 anni all’occupazione militare israeliana, come se facesse parte dello Stato di Israele e fosse la sua  capitale unificata.

La tappa finale, prevista nel sud di Israele, passerà vicino a decine di villaggi di beduini palestinesi che Israele si rifiuta di riconoscere e a cui non fornisce “servizi fondamentali, tra cui energia elettrica, acqua, cliniche, scuole e strade.” Uno di questi villaggi è stato demolito da Israele oltre cento volte.

I firmatari della dichiarazione condannano anche l’intenzione del “Giro d’Italia” di “celebrare” i 70 anni dalla fondazione dello Stato di Israele, mentre i palestinesi commemorano 70 anni di spoliazione, espulsione forzata e negazione dei diritti dei rifugiati palestinesi sanciti dall’ONU.

Pochi giorni prima della partenza del “Giro d’Italia”, la squadra nazionale israeliana di ciclismo, che è in lizza per uno dei quattro posti ad invito per prendere parte al “Giro d’Italia”, parteciperà ad una gara che attraverserà Gerusalemme est occupata per arrivare alla colonia illegale di Pisgat Ze’ev. La Federazione ciclistica israeliana sponsorizza e tiene competizioni del campionato nazionale in aree sotto occupazione militare da parte di Israele.

I firmatari fanno appello all’organizzatore della corsa, “RCS MediaGroup”, affinché “sposti la partenza della gara in un altro Paese, al fine di escludere ogni coinvolgimento nelle violazioni israeliane del diritto internazionale e dei diritti umani dei palestinesi.

I firmatari ricordano inoltre alla RCS, alle squadre partecipanti ed agli sponsor le “conseguenze legali e i danni alla loro reputazione derivanti dalla collaborazione con aziende e istituzioni israeliane coinvolte nelle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale.

Mentre RCS afferma che la corsa non ha niente a che fare con la politica, la partenza da Israele è stata descritta da giornalisti e commentatori sportivi come un “colpo da maestro di diplomazia soft”, un “colpaccio di pubbliche relazioni” e una “preziosa ripulitura dell’immagine” in cambio di milioni di euro nella sponsorizzazione ufficiale di Israele.

Organizzazioni della società civile palestinese hanno scritto a papa Francesco, chiedendogli di rifiutare l’invito del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a dare il via della corsa in Israele l’anno prossimo. Chiedono al papa di “non prestare in nessun modo il proprio nome alla competizione ciclistica ‘Giro d’Italia 2018’ a causa della sua incresciosa insistenza nell’occultare l’occupazione militare e le sue gravi violazioni dei diritti umani”.

Migliaia di sostenitori dei diritti umani e appassionati di ciclismo hanno scritto a RCS chiedendo di spostare la partenza da Israele.

Campagna #CambiaGiro
bdsitalia.org/cambiagiro

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1 Commento


  • Primo

    L’apartheid è una condizione riscontrabile in più zone del Mondo,dal Sud Africa di Mandela,agli aborigeni australiani per arrivare alle favelas di Rio de Janeiro,in fine alla Palestina dove milioni di persone soffrono tanto per le vessazioni e le crudeltà messe in atto dagli israeliani che dalla totale mancanza di empatia e di amore del resto del Mondo.
    Ormai siamo tutti in qualche maniera in un regime di Apartheid,anche se non ce ne rendiamo conto.
    La libertà è un sogno troppo manipolato dai molti,e quei pochi che realmente la desiderano vi muoiono in nome di essa,il resto dell’umanità se ne riempie la bocca senza neanche rendersi conto che ne ha paura.
    MA non è una paura innata sia chiaro,ci hanno abituato talmente tanto a questo falso benessere che la sola idea di non poter più andare al supermercato o al centro commerciale a fare le nostre spesuccie da inconsapevoli capitalisti ci terrorizza. Così tendiamo a rintanarci nella nostra pietosa condizione sociale.

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