Abbiamo paura di chi scappa dalla fame o dalle guerra e non abbiamo paura del disastro che stiamo provocando per noi stessi e milioni di persone da qui a qualche anno…
Il rapporto del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) dell’Onu non lascia molto spazio ai dubbi. Né sulle dimensioni del disastro che si va costruendo giorno dopo giorno, né sui limiti temporali.
Si tratta di limiti molto stretti (una decina d’anni o poco più), dalle conseguenze però incalcolabili. Al confronto, le migrazioni in atto da qualche anno sono dei normali flussi turistici trattabili con poca spesa…
Potremmo ovviamente scrivere qui una lunga tirata sull’ottusità complessiva del sistema capitalistico, guidato unicamente dalla logica dell’accumulazione, che si traduce in una crescita illimitata in un mondo dalle dimensioni finite e immodificabili. Potremmo stare giorni a ragionare sul fatto incontrovertibile che la modifica rapida e contemporanea, in tutto il pianeta, del modo e degli scopi del produrre può (in teoria) essere effettuata soltanto da un “governo mondiale” che mette fuorilegge la ricerca privata della massima ricchezza fondata sulla “competizione” e mette invece al posto di comando l’interesse collettivo fondato sulla cooperazione.
Ma potete già leggere queste considerazioni in cento luoghi, spesso più autorevoli di noi.
Quindi ci sembra sufficiente riproporvi la lettura sconsolata del rapporto fatta addirittura da una fonte quasi istituzionale come RaiNews…
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Clima, allarme degli scienziati: rischi enormi se si supera soglia +1,5 C
Il rapporto dice che limitare il “riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi”, una barriera che di questo passo sarà superata tra il 2030 e 2052, “richiede cambiamenti rapidi, completi e senza precedenti in tutti gli aspetti della società”, dall’energia alla pianificazione urbana e del territorio, con tagli alle emissioni in tutti i settori.
E’ l’ultimo campanello d’allarme prima del baratro e gli scienziati sul clima ne sono convinti: il monde deve adottare “misure senza precedenti” e trasformazioni “rapide” in settori come l’energia, l’industria e le infrastrutture per limitare il surriscaldamento a 1,5 gradi centigradi. In caso contrario, il surriscaldamento aggiuntivo anche solo di mezzo grado, peggiorerà in maniera significativa i rischi di siccità, inondazioni, calore estremo e povertà per centinaia di milioni di persone sul pianeta.
L’allarme arriva dalla Corea del Sud, dove per giorni si sono riuniti gli scienziati del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC): il rapporto prodotto, oltre 400 pagine, è un campanello d’allarme senza precedenti.
Pericolosa, allarmante, sull’orlo del baratro: se gli scienziati avessero a disposizione un aggettivo più pesante per indicare la situazione in cui si trova il pianeta, la userebbero. Il mondo deve limitare il surriscaldamento a 1,5 gradi e invece è completamente su un’altra strada, punta dritto verso il 3%.
Invertire la tendenza sarà estremamente dura, ma la finestra di opportunità non è ancora chiusa. Il rapporto dice che limitare il “riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi”, una barriera che di questo passo sarà superata tra il 2030 e 2052, “richiede cambiamenti rapidi, completi e senza precedenti in tutti gli aspetti della società”, dall’energia alla pianificazione urbana e del territorio, con tagli alle emissioni in tutti i settori.
La relazione presentata a Incheon (in Corea del Sud) illustra i modi per limitare il surriscaldamento a 1,5 invece che 2 gradi (come è indicato nell’Accordo sul Clima di Parigi) e avverte che gli effetti sugli ecosistemi e la vita del pianeta sarà molto meno catastrofica se riusciamo a mantenere questo più ambizioso traguardo.
Le emissioni di gas inquinanti di origine umana hanno già elevato la temperatura media globale di circa 1 grado rispetto a prima della Rivoluzione Industriale nel XIX secolo e hanno trasformato la vita sul pianeta, ha ricordato il presidente dell’IPCC, Hoesung Lee: “Mantenere il riscaldamento globale a un livello inferiore a 1,5 gradi invece di 2 sarà molto difficile, ma non impossibile”. Se il pianeta ci riesce questo impedirà l’estinzione di altre specie, la distruzione totale del corallo, fondamentale per l’ecosistema marino e ridurrà la crescita del livello marino a 10 centimetri entro il 2100, risparmiando zone costiere e isole.
Al contrario, superare il limite di 1,5 gradi potrebbe portare a un ulteriore aumento del caldo estremo, piogge torrenziali e siccità, il che avrà un effetto diretto sulla produzione alimentare, soprattutto in zone sensibili come l’America Latina e il Mediterraneo.
“Gli scienziati avrebbero potuto scrivere a lettere maiuscole ‘AGITE ORA, IDIOTI’, ma lo hanno fatto con fatti e numeri”. ha commentato Kaisa Kosonen, di Greenpeace, che era presente come osservatore ai negoziati.
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