Da ieri il paese ha perso un pezzo e non se n’è neanche accorto. Infatti è arrivato in Consiglio dei ministri il disegno di legge sull’autonomia del Veneto, rispetto al quale il vicepremier Salvini ha già annunciato l’immediata approvazione. A breve ne seguiranno due analoghi: uno per Lombardia ed Emilia. In pratica siamo davanti alla “secessione dei ricchi”.
A Venezia il presidente della Regione, Luca Zaia, ha incontrato il ministro per gli Affari regionali, Erika Stefani del tutto complice su quanto sta avvenendo. “Vorrei che l’autonomia fosse già oggi, domani. L’incarico che mi è stato conferito, quello più grande è stato di dare una risposta a delle domande di autonomia” ha detto il ministro. A un anno dal referendum sull’autonomia della Regione Veneto, Zaia ha affermato che: “il cambiamento epocale non riguarderà solo il Veneto, ma l’Italia intera perché tutte le comunità dovranno avere la loro autonomia”.
Su questo disegno di legge il Parlamento non potrà emendare, sarà chiamato a esprimere solo un «sì» o «no» in blocco. E la maggioranza di governo si è detta già d’accordo
Con l’approvazione della legge, la Regione Veneto gestirà per conto suo 23 materie finora amministrate di concerto con lo Stato centrale: dalla sanità ai trasporti, dalla scuola all’ambiente. Per fare un esempio la Regione Veneto deciderà per conto suo i programmi scolastici. Le assunzioni e i trasferimenti saranno solo locali e i docenti non potranno andare in altre regioni se non dimettendosi.
Ma, molto furbescamente, tutto questo lo farà potendo contare sia sui generosissimi fondi statali finora ottenuti, sia su una generosa integrazione che gli sarà consegnata in modo permanente dallo Stato. E come mai tutta questa generosità in epoche di tagli dolorosi a molte, anzi a tutte, le altre regioni? Perché il Veneto non solo è ricco ma è anche “virtuoso”. E più di lui lo sono la Lombardia e l’Emilia (che lo sono sin dalla conquista coloniale e sabauda del Meridione).
Il principio del Patto di Stabilità applicato alle regioni e manipolato dal federalismo, è che un territorio ricco ha più bisogno di servizi pubblici di un territorio povero. Ha bisogno di più strade, più ospedali, più biblioteche. Un ribaltamento completo della coesione sociale e del principio dello Stato sociale dovrebbe cercare di ridurre le distanze verso chi ha meno reddito e meno servizi. Non solo. E’ passato il principio che il maggiore gettito fiscale, cioè le tasse pagate, deve determinare un maggiore bisogno anche lì dove non c’è. Infatti il 90% del gettito delle tasse del Veneto, dovranno rimanere in Veneto.
Ma se lo Stato centrale riceve meno tasse e imposte dalle regioni più ricche, significa che le risorse necessarie verranno sottratte da altre parti. A farne le spese sarà ovviamente e soprattutto il Meridione – ma non solo – che così si vedrebbe ulteriormente ridotti i finanziamenti per servizi spesso già al di sotto del minimo essenziale. Le graduatorie sanciranno poi la narrazione dominante documentando la minore qualità della vita nelle regioni “meridionalizzate”, magari accusandole di inadempienza, sprechi e quant’altro. La minore ricchezza, come nella migliore tradizione liberista, sarà come una colpa da far pagare. La guerra contro i poveri si combatte su molti fronti.
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