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La “rivoluzione” di Libra e il mondo fluttuante

L’annuncio di Mark Zuckerberg, il 18 giugno scorso, sulla creazione una cripto-valuta che dovrebbe debuttare a metà dell’anno prossimo chiamata Libra, ha suscitato una serie di reazioni totalmente negative traversali: dal mondo della politica, con Donald Trump, fino al presidente della FED statunitense, Jerome Powell, dal G20 e alla BRI, al FMI.

All’unanimità, e a gran voce, una buona parte dell’establishment politico-economico occidentale – che già non naviga in acque calme – ha chiesto al fondatore di Facebook di fermare il progetto.

La cosa ricorda molto quella scena del film a puntate, sulla vita di Marco Polo, in cui l’intrepido viaggiatore veneziano, cercando di dimostrare la superiorità di coloro che battevano già carta-moneta (la Cinam guarda caso) rispetto alle monete di metallo, le mostrava alle autorità lagunari del tempo, vedendosi bruciare quei pezzi di carta.

Se Libra si affermasse come valuta digitale globale, non solo concentrerebbe un potere enorme nelle mani di pochi soggetti privati, ma sconvolgerebbe in parte il mercato finanziario occidentale, che di fatto è entrato in fibrillazione, già impensierito  dalla crescita di numerosi attori politico-economici in grado di minare l’egemonia di USA e del vecchio continente. E’ il nuovo mondo multipolare, con cui tutti devono fare i conti.

Il Ceo del famoso social network ha scritto sul suo profilo che “con Libra, usare denaro sarà facile come condividere le foto”; ed in un primo momento la criptovaluta dovrebbe servire come mezzo di scambio, cioè del money transfer, attraverso le app di whatsapp e messanger. In seguito Libra dovrebbe “offrire più servizi a persone e a imprese: come pagare le bollette, comprare un caffè o prendere mezzi pubblici”.

Come avverrebbe tutto questo?

Gli utenti avranno sul proprio smartphone un portafoglio digitale, chiamato Calibra, collegato a Messenger e Whatsapp.

Libra dovrebbe perciò superare l’eccessiva “volatilità” delle attuali cripto-valute, ormai oltre 2.000, per una capitalizzazione complessiva che supera i 300 miliardi di dollari, di cui quasi due terzi appannaggio di Bitcoin, mentre la seconda e la terza (Ethereum e Ripple) seguono a debita distanza, con 25 e 13 miliardi.

Quando, il 3 gennaio 2009, il presunto Satoshi Nakamoto (un nickname) ha messo in rete il primo mattone della blockchain della sua creatura, Bitcoin appunto,  tra le righe del codice “in chiaro” c’era il titolo del Times che preannunciava un nuovo imminente salvataggio bancario in Gran Bretagna.

Il lancio di un “Genesis Block” fatto in quel modo era un messaggio ardito al mondo bancario: il Bitcoin avrebbe evitato altri salvataggi perché avrebbe eliminato le banche stesse!

Ma rispetto ai cambiamenti introdotti dalle criptomonete la creazione di Libra sarebbe un vero e proprio “big bang”.

Il modello di “accessibilità” prefigurato dal fondatore del social network in realtà è mutuato da un sistema già oliato e funzionante che domina in Cina, da WeChat ad Ant Financial, che integrano servizi di pagamento con l’e-commerce e social network, senza soluzione di continuità, per centinaia di milioni di utenti.

Questo è un aspetto interessante: il progetto, messo a punto a Mellon Park dal team guidato dall’ex presidente di Paypall David Marcus, sarebbe solo un “adattamento” di ciò che già succede nella Repubblica Popolare. Alla faccia del luogo comune che i “cinesi” copiano la tecnologia occidentale!

La stabilità di Libra, come viene scritto sul “Libro Bianco” appositamente scritto, sarà assicurata dall’agganciamento a un paniere “di asset a bassa volatilità, come depositi bancari e titoli di stato a breve termine denominati in valute di banche centrali stabili ad alta reputazione” (preferibilmente Usa…) e probabilmente agganciata anche ad un tasso di cambio fisso, stabilito sulla media di un gruppo di monete mondiali, per evitare l’estrema volatilità che ha caratterizzato fin qui la storia delle valute digitali.

Come giustamente scriveva Francesco Piccioni su Contropiano in Il Sacro Romano Impero ai tempi di Facebook: “promette di estendere l’influenza del dollaro proprio mentre quote crescenti del mondo provano a sganciarsene”.

In sintesi, non è una negazione della valuta statunitense, ma una contro-tendenza al suo declino: “lungi dall’esautorare il dollaro, dunque, Libra vuol diventare la sua “proiezione di potenza” in Rete…”

E la Rete è un campo di battaglia: dai cyber-attacchi ormai strumento di guerra costante, alla “disinformazione strategica” come modo sistematico per rendere non comunicabile la verità e depotenziare ciò che un tempo si chiamava contro-informazione (guardatevi la terza stagione de “La Casa di Carta”), alla criminalizzazione tout court del giornalismo di inchiesta adeguato all’era digitale.

Ma cosa sarà Libra?

Un’associazione – sì, un’associazione – con sede in Svizzera, dove insieme a FB altri 27 soci (l’obiettivo dichiarato è arrivare a 100) verseranno 10 milioni a testa per parteciparvi. Va da sé che la scelta della Svizzera e della tipologia dell’associazione danno la cifra della “libertà” con cui i soggetti che la compongono potranno muoversi, di fatto nella più totale assenza  di controlli e di trasparenza.

Questa “infrastruttura finanziaria”, per ora solo una “scatola vuota” ma a quanto sembra definita nei minimi dettagli, non è semplicemente la moneta di Facebook, perché il progetto comprende attori economici di primo piano che hanno già “rivoluzionato” i nostri consumi quotidiani, e più in generale l’organizzazione sociale: Visa, Mastercard, Paypal, PayU, Stripe per ciò che riguarda i vari “circuiti di pagamento”, ma anche società tech del calibro di Uber, Lyft, eBay, Booking, operatori globali delle TLC come Vodafone e Iliad, insieme a venture capital e attori del mondo delle blockchain (le piattaforme fisiche delle criptovalute), tra cui appunto Calibra, il portafoglio elettronico con cui si effettueranno i pagamenti in Libra.

Solo per ciò che riguarda FB, gli utenti sono 2,4 miliardi.

Anche se FB si è affrettata a chiarire che i dati rimarranno distinti da quelli già gestiti, è chiaro che i big data su cui FB potrebbe mettere mano consisterebbero in una delle più gigantesche fonti di informazione sulle abitudini di vita di un enorme bacino di persone: uno screening dettagliato delle nostre vite che i dispositivi digitali hanno reso “volontariamente” possibile.

La cosa  dovrebbe preoccupare non poco, visto lo “scandalo” di Cambridge Analytica.

La nascita di Libra potrebbe quindi accelerare la progressiva scomparsa del pagamento “in contanti”, e al tempo stesso la “tracciabilità”, all’interno di una unica banca dati, anche del più piccolo comportamento di consumo, di fatto completando la trasformazione antropologica del “cittadino digitale” in consumatore ognuno con il suo rating, calcolato da algoritmi in grado di intrecciare un flusso di dati in aumento e, che come già in parte avviene, in grado di offrirci ciò che cerchiamo.

Secondo la Banca Mondiale sono 1,7 miliardi le persone, quasi un terzo della popolazione globale adulta, che non hanno un canale bancario e, di conseguenza, non hanno un conto corrente presso uno sportello o gestibile dal telefonino.

Già nel nel secondo trimestre del 2017 il tasso di penetrazione della telefonia mobile ha raggiunto quota 103%, cioè ci sono più Sim che persone al mondo! Un dato tra l’altro in crescita, con gli utenti del servizio mobile avevano toccato 5,3 miliardi…

È chiaro che gli altri global player non staranno a guardare, perché la sfida dell’inventore di FB è una linea di tendenza generale, facendo diventare dati strutturali le esperienze in questo campo di giganti come Google o Amazon.

Proprio quest’ultima è già entrata nei servizi finanziari: la sua divisione Lending offre già prestiti ai negozi che vendono sulla sua piattaforma, di cui già conosce per intero il di affidabilità creditizia e di solidità economica, senza dovere chiedere loro alcun documento.

Una recente inchiesta del giornale francese indipendente “Reporterre” – le plan secret d’Amazon en France – ha mostrato il potere di cui già gode questo gigante economico nella seconda economia della UE…

A giugno una dozzina di banche internazionali tra cui UBS, Lloyds e Mitsubishi, hanno annunciato un piano per una loro valuta digitale, mentre JP Morgan – per prima – aveva annunciato una per le proprie transizioni interne; ed anche istituti “italiani” hanno usato ed hanno nel cassetto cripto-valute in attesa di un loro sdoganamento istituzionale.

Un ulteriore “balzo in avanti” del capitale monopolistico, quindi, che assume i contorni smart delle possibilità offerte dal mondo digitale.

È chiaro che per coloro i quali il cellulare non è stato un innesto postumo nella propria vita, ma uno strumento “naturale” di comunicazione acquistato di frequente – spesso proprio su quelle piattaforme che fanno parte già del progetto Libra – potranno godere di un “conto corrente” digitale senza passare per un soggetto bancario, tendenza che si consoliderà dal momento in cui chi ha accesso ad uno smartphone (e l’età anagrafica si abbassa sempre più) verrà indotto al consumo.

Dato che la Storia ci insegna che i processi di cambiamento tendono sempre a liberarsi dei “lacci e lacciuoli” imposti da vecchio mondo, preparando l’humus culturale adatto affinché costruzioni e costrizioni storicamente date appaiano come “naturali”, è così distopico pensare che la merce forza-lavoro, per esempio, non verrà in futuro pagata con una cripto-moneta, facendo somigliare i vaucher alle foto seppiate del tempo che fu?

È chiaro che gli sviluppi di Libra vanno seguiti costantemente, pena l’essere inadatti a pensare quel “mondo fluttuante” su cui navighiamo.

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1 Commento


  • Federico

    Articolo molto interessante.

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