L’Outlook del Fondo Monetario Internazionale reso noto ieri, contiene come al solito molti capitoli e molti dati. Colpisce però il capitolo destinato ad analizzare le misure anti Covid e l’impatto dei lockdown sulle economie. Le risposte sono in qualche modo sorprendenti.
Il Fmi invita infatti a non vedere una “falsa correlazione negativa tra il rigore dei lockdown e l’attività economica”. In un altro passaggio sottolinea che “I paesi con un capitale sociale più elevato potrebbero non richiedere blocchi rigorosi – poiché le persone prendono maggiori precauzioni contro l’infezione degli altri – e potrebbero anche resistere meglio all’impatto economico della crisi”.
Insomma valutazioni del tutto diverse da quelle che sentiamo in giro.
Mentre in Italia alla sola parola lockdown scattano le reazioni isteriche della Confindustria, di Salvini etc., secondo il Fmi la correlazione tra lockdown e calo dell’economia dunque non è affatto scontata, soprattutto nei 52 paesi economicamente più avanzati sia dell’occidente capitalistico che dei paesi emergenti e in via di sviluppo. Ma in quelli che il Fmi definisce con un “capitale sociale più elevato”, si resiste meglio all’impatto della crisi gestendo con lungimiranza i lockdown.
E’ anche vero, ma su questo il rapporto del Fmi non disaggrega i dati, che i soli paesi ad aver fatto seriamente il lockdown per lunghi periodi nella prima fase della pandemia di Covid sono stati la Cina e l’Italia. Negli altri si è andati in ordine sparso e per periodi più brevi. E adesso che la pandemia infuria di nuovo si vedono tutti i danni delle incertezze o delle rimozioni su questo terreno.
“Quando si guarda al percorso di ripresa futuro, l’importanza del distanziamento sociale volontario come fattore di contribuzione alla recessione della pandemia, suggerisce che è improbabile che l’eliminazione dei lockdown riporti rapidamente l’attività economica al suo potenziale se i rischi per la salute persistono” scrive il rapporto del Fmi.
“Ciò è vero soprattutto se lockdown vengono tolti quando le infezioni sono ancora relativamente elevate perché, in quei casi, l’impatto sulla mobilità appare più modesto. Riducendo ulteriormente le aspettative di un rapido rimbalzo economico, l’analisi documenta che l’allentamento dei lockdown tende ad avere un effetto positivo sulla mobilità, ma l’impatto è più debole di quello dell’inasprimento dei lockdown” scrive il Fmi aggiungendo che “Questi risultati suggeriscono che le economie continueranno a operare al di sotto del potenziale mentre i rischi per la salute persistono, anche se i lockdown vengono rimossi”.
Il rapporto del Fmi indica ai governi di prendere tutte i provvedimenti necessari per ridurre la diffusione del virus: “Questi possono includere misure per ridurre l’intensità dei contatti e rendere più sicuro il luogo di lavoro, ad esempio promuovendo i pagamenti senza contatto; facilitare una graduale riallocazione delle risorse verso settori a minore intensità di contatto; e il miglioramento del lavoro da casa, ad esempio, migliorando la connessione a Internet e sostenendo gli investimenti nella tecnologia dell’informazione”.
I lockdown secondo il Fmi penalizzano di più le donne e i lavoratori giovani: “Utilizzando nuovi indicatori di mobilità anonimizzati e aggregati forniti da Vodafone per alcuni paesi europei, l’analisi mostra che i lockdown tendono ad avere un effetto maggiore sulla mobilità delle donne rispetto a quella degli uomini, soprattutto al momento della chiusura delle scuole. Ciò suggerisce che le donne portano un peso sproporzionato nella cura dei bambini, che possono mettere a repentaglio le loro opportunità di lavoro. I dati di Vodafone mostrano anche che i lockdown tendono ad avere un impatto maggiore sulla mobilità dei gruppi più giovani, che sono economicamente più vulnerabili perché generalmente dipendono dal reddito da lavoro e hanno posti di lavoro meno stabili.
Pertanto, è necessario un intervento politico mirato per proteggere le prospettive occupazionali delle donne e dei lavoratori più giovani e prevenire un aumento della disparità di reddito”.
Infine, il capitolo dell’Outlook del Fmi rileva come i lockdown possono ridurre sostanzialmente le infezioni e che per produrre questo effetto devono essere rigorosi. Ma è proprio la loro efficacia nel momento pandemico che, secondo il Fmi, consente di preparare meglio le forze per la ripresa economica. “L’efficacia dei blocchi nel ridurre le infezioni suggerisce che i lockdown possono aprire la strada a una ripresa economica più rapida se riescono a contenere l’epidemia e quindi a limitare la portata delle attività volontarie e la riduzione dei contatti”. Non solo, secondo l’Otulook del Fmi: “I costi economici a breve termine dei blocchi potrebbero essere compensati da una più forte crescita a medio termine, con possibili effetti complessivi positivi sull’economia. Questa è un’area importante per la ricerca futura. Nel frattempo, i responsabili politici dovrebbero anche perseguire metodi alternativi per contenere le infezioni che possono comportare costi economici a breve termine, inferiori rispetto ai lockdown come l’espansione dei test e la tracciabilità dei contatti, la promozione dell’uso di mascherine e l’incoraggiamento del lavoro da casa. Man mano che la comprensione della trasmissione del virus migliora, i paesi possono anche essere in grado di implementare misure mirate piuttosto che chiusure improvvise, ad esempio concentrandosi sulla protezione delle persone vulnerabili e limitando i grandi raduni al chiuso”.
La comprensione della crisi però è ancora in evoluzione. Alcuni documenti rilevano effetti considerevoli dei lockdown, mentre altri sottolineano il ruolo del distanziamento sociale volontario. La letteratura documenta anche l’effetto irregolare della pandemia su segmenti vulnerabili della popolazione e fornisce prove dell’efficacia dei blocchi e delle mascherine nel contenere le infezioni.
L’analisi del Fmi analizza poi i punti critici nei vari paesi sull’associazione tra lockdown e attività economica su un campione di 52 economie avanzate, paesi emergenti e in via di sviluppo.
Il riquadro 1 della figura 2.1 mostra la correlazione tra il rigore dei blocchi durante la prima metà del 2020 e il calo delle previsioni pre-pandemiche relative del PIL.
La figura 2.1 mostra che i paesi che hanno implementato blocchi più rigorosi hanno registrato contrazioni più acute del PIL.
Il riquadro 2 della figura 2.1 mostra che l’associazione negativa tra blocchi e attività economica è robusta rispetto all’utilizzo di altri indicatori oltre al PIL. Ad esempio, blocchi più rigorosi sono associati a consumi, investimenti, produzione industriale, vendite al dettaglio, indici dei responsabili degli acquisti per i settori manifatturiero e dei servizi più bassi e tassi di disoccupazione più elevati.
Secondo l’Outlook del Fmi, la figura 2.1 fornisce quindi prove che i lockdwon tendono ad avere un impatto economico negativo a breve termine. Tuttavia, questi risultati dovrebbero essere interpretati con cautela, date le preoccupazioni variabili omesse che influenzano le analisi tra paesi e le preoccupazioni di endogeneità sui blocchi.
La decisione di implementare lockdown non è infatti casuale; piuttosto, può riflettere caratteristiche del paese invarianti nel tempo che influenzano anche i risultati economici. Ad esempio, secondo il Fmi “I paesi con un capitale sociale più elevato potrebbero non richiedere blocchi rigorosi – poiché le persone prendono maggiori precauzioni contro l’infezione degli altri – e potrebbero anche resistere meglio all’impatto economico della crisi. Ciò potrebbe generare una falsa correlazione negativa tra il rigore dei lockdown e l’attività economica”.
Insomma ci sono tanti dati e tanti spunti per discutere di lockdown senza farsi prendere dall’isteria ma agendo concretamente per mettere al riparo il più possibile la salute delle persone e mettendo fieno in cascina per il momento della ripresa. Ovviamente l’unica garanzia che questo possa darsi è un solido e decisivo intervento pubblico nell’economia. Al contrario se si continua a rimanere sotto ricatto della Confindustria e del settore privato, non si otterrà né l’uno (salvaguardia della salute della popolazione) né l’altro (la ripresa economica quando migliorano le condizioni generali della pandemia). Si ritorna dunque alla questione principale. Questo sistema dominante, il capitalismo fondato sulla supremazia degli interessi privati, non è in grado di assicurare l’una e l’altro – salute e sviluppo economico – anzi, ormai li vive e li gestisce come contraddizione. Per questo non basta un cambio di governo, occorre un cambiamento di sistema.
Testo originale: https://www.imf.org/en/Publications/WEO/Issues/2020/09/30/world-economic-outlook-october-2020
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