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Sul “banderismo” di ieri e di oggi

Da facebook una sintesi, stringata ma efficace, del raffronto tra il banderismo attuale e quello storico. Va da sé che a Stepan Bandera, nazionalista e collaborazionista, oggi eroe nazionale in Ucraina, si rifanno quasi tutte le formazioni nazionaliste e neo-naziste del paese.

Al testo proposto su facebook da Likbez (una riproposizione del Likvidatsija bezgramotnosti u naselenija: Liquidazione dell’analfabetismo tra la popolazione) possiamo aggiungere che, prima ancora di Bandera, il nazionalismo radicale di destra ucraino aveva avuto le prime manifestazioni nella Polonia orientale tra gli anni ’20 e ’30 del ‘900 e da quello era nata l’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN) capeggiata dal 1929 (anno di fondazione) al 1938 da Evgen Konovalets.

Bandera ne prese il posto alla morte, quando quello fu liquidato da un agente del NKVD.

Ideologicamente, se così si può dire, elementi di nazionalismo in Ucraina risalgono alle posizioni di Dmytro Dontsov, esponente del Partito operaio socialdemocratico ucraino che, negli anni della Prima guerra mondiale, era stato tra i fondatori dell’Unione per la liberazione dell’Ucraina, il cui obiettivo era quello, appoggiandosi sulla monarchia austriaca contro quella zarista, di una “Ucraina per gli ucraini!“, governata da una “dittatura nazionale“, con la nazione quale valore supremo, esaltazione di guerra e violenza, culto degli eroi, razzismo e xenofobia, in particolare russofobia.

A rischio di essere ripetitivi, ricordiamo anche che laddove l’anonimo utente facebook scrive di «regioni appena riunite», si intendono quelle di Ucraina e Bielorussia occidentali, rimaste sotto occupazione polacca dal 1920 al 1939.

E anche quando si dice che «parte dei kulaki si camuffò, assunse posizioni dirigenti nei kolkhoz», si deve ricordare che più o meno lo stesso fenomeno si ripetè a fine anni ’50, con la complicità di esponenti del PCU, dopo la scarcerazione, voluta da Khrščëv, dei banderisti filo-nazisti arrestati dopo la guerra.

A loro si rifà oggi la “resistenza” ucraina…

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Mi sono imbattuto in questa opinione: “l’URSS non riuscì a venire a capo della questione dei banderisti, pur avendo combattuto contro di loro ancora per dieci anni dopo la fine della guerra; e allora, pensa forse Putin di poter…”

Ebbene, di fatto, il raffronto tra il banderismo di allora e quello attuale, corrisponde grosso modo al paragone tra i cosacchi attuali e quelli dell’epoca zarista. Per forma si somigliano, ma l’essenza è completamente diversa.

Il banderismo comparve nell’Ucraina occidentale, in sostanza, come movimento kulak [contadini ricchi], in risposta alla collettivizzazione sovietica, attuata nelle regioni appena riunite.

Come è noto, anche la collettivizzazione in URSS, condotta a cavallo tra gli anni ’20 e ’30, era stata accompagnata, di fatto, da una guerra civile strisciante, dalla contrapposizione armata dei kulaki. E non solo armata. Una parte dei kulaki si camuffò, assunse posizioni dirigenti nei kolkhoz e si dedicò per molti anni a sabotaggi in sordina.

Inoltre, nell’Ucraina occidentale, al processo di collettivizzazione si sovrappose l’occupazione tedesca. I nazisti, ovviamente, usarono i nazionalisti borghesi per i propri obiettivi.

Di conseguenza, dopo la sconfitta dell’hitlerismo, in quelle regioni, il potere sovietico tornò a scontrarsi di nuovo con lo stesso movimento kulak, solo che ora era imbottito di armi, aveva una solida esperienza di guerra ed era legato agli strati contadini.

Come noto, la guerra partigiana è impossibile senza il sostegno della popolazione locale. In sostanza, nell’Ucraina occidentale, in quegli anni si conduceva una lotta di classe armata tra classe operaia e borghesia contadina. Proprio a ciò era dovuta la ferocia con cui veniva condotta.

Come si presenta l’attuale “banderismo”? Questo movimento è comparso non dal basso, ma dall’alto, con il sostegno della borghesia locale, a cavallo degli anni ’80-’90, per lottare per l’indipendenza dell’Ucraina dall’URSS.

Non ha alcun legame profondo con le masse. Si trattava di gruppi di giovinastri a cui era stato fatto il lavaggio nazionalista del cervello, sponsorizzati da questo o quel capitalista, che venivano usati nella lotta per il potere tra diversi gruppi oligarchici.

Hanno svolto un ruolo molto attivo nel corso del majdan e della successiva guerra in Donbass. Nel corso di questi eventi, le organizzazioni nazionaliste si sono rafforzate, in parte si sono fuse e hanno continuato a esistere sotto forma di strutture legali armate.

Servendosi di queste strutture, il gruppo vincente degli oligarchi filo-americano ha “fatto piazza pulita” dei propri avversari, ha rafforzato il proprio Stato e ha indirizzato il loro attivismo nella direzione voluta.

Vale a dire: le condizioni grazie a cui quelle strutture hanno assunto una posizione di forza negli ultimi anni in Ucraina sono state, in primo luogo, l’appoggio statale, in secondo luogo, il sostegno finanziario dell’oligarchia e, in terzo luogo, la propaganda statale in chiave nazionalista.

Queste organizzazioni non godevano di un sostegno di massa. Nelle ultime elezioni alla Rada, le destre avevano ricevuto poco più del 2%.

In forza di tutto ciò, qualsiasi movimento partigiano nazionalista in Ucraina, dopo la vittoria della Federazione Russa, è difficilmente possibile. È però possibile l’emergere di gruppi banditeschi, di cui l’Ucraina è sempre stata piena.

Chiaro che, sul terreno borghese, è impossibile venire a capo dell’ideologia nazionalista. È tuttavia del tutto possibile liquidare strutturalmente le organizzazioni nazionaliste, eliminando in parte attivisti e leader, privandoli di sostegno finanziario.

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2 Commenti


  • Antonio

    Bellissimo articolo


  • Augusta De Piero

    Non conosco questa ‘faccia’ della storia.
    Grossolanamente però riconosco che, quale che sia il livello , per quanto basso, della politica ucraina una aggressione russa c’è.
    Non so quale sia la risposta più adeguata ma non posso fingere che questo fattore non sia in gioco.
    Piuttosto mi interrogo sull’improvviso, contraddittorio atteggiamento di una accoglienza italiana a senso unico

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