Maradona non ha mai trovato una dimensione umana. Ha vissuto come una divinità. Nell’accezione greca e dionisiaca del significato.
Eccessivo in ogni sua manifestazione. Imprevedibile fuori e dentro il campo.
Creatore di un mondo in cui la droga era solo il logico complemento di una follia devastatrice, che il δαίμων imponeva al soggetto della storia.
Metà uomo e metà bestia, secondo la meravigliosa definizione data di Dioniso dal Colli.
Le opere d’arte che gli abbiamo visto dipingere con i piedi, superavano la ragione borghese e il dogma scientifico della modernità. Per collocarsi in un’epoca sospesa. Senza tempo.
Diego era il dio di Eisenberg che gioca a dadi e si fa beffe delle leggi della fisica. Il goal su punizione contro la meschinità juventina del potere padronale, sta lì a dimostrarlo.
Esproprio proletario di una rivoluzione che sovverte l’assetto istituzionale della proprietà privata.
Maradona fu un essere oltre la mondanità. Un altrove a/morale come la bellezza insultata di Rimbaud.
Un buco nero aperto nello spazio siderale, che tutto divora e stravolge.
Un bambino ingenuo e pansessuale, in cui ogni movenza, ogni gesto, ogni azione vitale diventava un brivido lacerante di seduzione e di morte. Vittima e carnefice del mondo che aveva voluto e che gli avevano, in fine, imposto.
Desiderio ingordo di esistere nell’assenza di sé stesso.
Il rettangolo di gioco come un teatro di guerra, su cui annientare i sacerdoti del potere terreno e metafisico. A cominciare dalla ragione illuministica, per affermare la superiorità indecifrabile della pulsione inconscia e puerile.
Diego era la dimostrazione vivente che il “cogito ergo sum” di cartesiana memoria lasciava il posto al lacaniano “sono là dove non penso”.
Corpo e demone danzante sulle note di Paganini. Poesia del caos scritto sulle righe ordinate di un pentagramma, le cui fiamme jazz gemevano nell’orgasmo del goal.
Potenza geometrica di proiettili esplosi contro i governi del calcio. E del mondo.
Diego fu rabbia illimitata e tenerezza insostenibile. Fu il grido delle favelas sulla faccia dell’impero, sporca del sangue degli ultimi.
Il dio dei pezzenti che si veste di paillettes e lustrini. E sconcio e lascivo si presenta al ballo mascherato della celebrità.
Ciao Diego. Volteggia ancora tra i cristalli bianchi dell’universo. Buon compleanno!
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Pasquale
Buon compleanno Dieguito.
Hasta la Victoria!