La donna ha molteplici differenze, rispetto all’uomo, non solo per quanto riguarda l’aspetto anatomico e fisiologico, ma anche biologico e funzionale. Vi sono poi aspetti culturali e di carattere sociale e tutte queste differenze – sulla base dell’età – influenzano gli interventi del medico, gli interventi farmacologici e la terapia, che può ovviamente essere diversa. Basta pensare alle diverse condizioni che ha una donna durante la propria vita (menopausa, età fertile, adolescenza); dobbiamo sempre pensare ai “fattori ormonali”.
Dobbiamo pensare quindi alle “differenze di genere” e riflettere su ciò che accade nelle malattie cardiovascolari, obesità, diabete, sindromi depressive, Alzheimer, sindromi dolorose, ipertensione arteriosa, artrosi, allergie, calcolosi, ma anche nell’osteoporosi (stesso discorso vale per i maschi che soffrono inconsapevolmente di questa patologia), alle malattie autoimmuni, ai tumori e altre ancora.
Se parliamo di diabete, nelle donne provoca molte più complicazioni rispetto ai maschi. Ciò perché i farmaci sono sperimentati soprattutto sugli uomini. Le donne e gli uomini reagiscono, e rispondono, in maniera diversa, perciò i medici debbono tener conto di questa differenza nel prescrivere la terapia; ovviamente non solo nel caso specifico, ma per tutte le patologie.
Vi è uno stretto legame, una forte relazione (comprovata da tempo), tra grado di eguaglianza tra uomo e donna, politiche sanitarie e il grado di salute che godono i due sessi. I problemi, se continuiamo a fare esempi, sono di tutte quelle società con forti disuguaglianze e discriminazioni sessuali, che impediscono alle donne di avere il completo diritto alla salute.
Sappiamo, inoltre, che l’invecchiamento cardiaco non è eguale nei due sessi. Il cuore, la funzionalità cardiaca, cambia col tempo. Con l’età, nel cuore delle donne, il ventricolo sinistro – quello in cui arriva il sangue ricco di ossigeno che successivamente viene “pompato” nell’arteria aortica – rimane della stessa grandezza oppure si rimpicciolisce. Questo non accade negli uomini, dove il ventricolo sinistro si ispessisce e diventa più grande.
Sino a ora studi clinici sono stati svolti soprattutto negli uomini e la differenza, rispetto alle donne, è stata considerata un elemento di secondo piano. Bisogna sempre pensare ai diversi elementi biologici, anatomici e fisiologici, culturali e di risposta alla terapia. La Medicina di Genere è la risposta a queste esigenze, poiché mette al centro della terapia la considerazione dei due generi: “paziente uomo” o “paziente donna”. Questa medicina non deve sottintendere una specialità medica a parte, ma pensare a una terapia specifica e diversa per i due generi.
In farmacologia vi sono due aspetti fondamentali. Il primo riguarda la farmacocinetica, che comprende le vie di somministrazione di un farmaco, l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e la via di eliminazione del farmaco stesso. Il secondo aspetto invece riguarda la sicurezza e l’efficacia, gli effetti biochimici, il meccanismo di azione del farmaco; in una parola la farmacodinamica.
Quella particolare branca della farmacologia che studiala sicurezza dei farmaci nel genere maschile e femminile, ma anche la loro efficacia (gender oriented pharmacology) viene chiamata Farmacologia di Genere. Le variazioni nel sesso maschile o femminile perciò vanno sempre valutate e considerate, quando intendiamo effettuare un trattamento terapeutico mirato e ottimale.
E’ importante sottolineare che le donne sono meno sensibili ai “farmaci placebo”, ovvero a quei “non farmaci” che non contengono sostanze attive, cioè nulle. Anche se hanno minore sensibilità al placebo, però, il sesso femminile può avere più effetti collaterali. Le donne, in questi casi, hanno maggiori effetti avversi poiché, normalmente, il sesso femminile prende i farmaci allo stesso dosaggio degli uomini.
In tutto questo discorso (svolto brevemente e semplicemente, trascurando numerosi altri aspetti), vanno anche considerate le piante medicinali, la Fitomedicina. A tale proposito ricordo i casi di diversi miei pazienti diabetici, trattati moltissimi anni fa, che avevano una diversa risposta terapeutica alle erbe medicinali.
Per quanto riguarda piante e frutti medico/alimentari, in uno studio pubblicato sul British Journal of Nutrition, ricercatori dell’Iran hanno valutato sperimentalmente gli effetti della melagrana nella “formazione delle ossa”, somministrando, ad alcune donne in gravidanza, dell’estratto del succo. Gli effetti del succo, o della buccia, di melagrana possono, in futuro, essere la base farmacologica di nuovi preparati per l’osteoporosi che, come già accennato, può colpire anche il sesso maschile.
La melagrana, ma anche gli estratti dei semi dell’uva, hanno dimostrato – sempre sperimentalmente – un’azione contro l’osteoporosi. Va ancora detto che in questi casi, ma anche in moltissime altre patologie, importante è anche una adeguata alimentazione, soprattutto con piante e frutti.
Prof. Roberto Suozzi
Medico e Farmacologo Clinico
suozziroberto.altervista.org
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