Mettere a valore la città è da sempre una delle peculiarità del capitalismo. Attraverso l’uso della rendita fondiaria, della speculazione immobiliare e della concentrazione di popolazione e di forza lavoro a basso costo, i gruppi capitalistici hanno sempre ritenuto che nella metropoli si vengano a creare le condizioni migliori per la valorizzazione del proprio capitale. Nell’area metropolitana di Roma, tale processo sta subendo una accelerazione impressionante. Da tempo ormai, all’insegna della rincorsa alle “città globali” (che nel caso di Roma coincide con il progetto Roma Capitale) stanno piegando tutti gli aspetti della vita sociale alle necessità della valorizzazione dei capitali, sia mettendo in vendita bisogni, diritti ed esigenze della vita sociale nell’ aree metropolitana sia adattando gli spazi e i tempi della vita sociale (dalla giornata lavorativa complessiva alle modalità di consumo o di socialità). Ma in questa passaggio i protagonisti non sono più o non solo i “palazzinari” che dal dopoguerra in poi hanno determinato gli assetti urbani, sociali e politici della città, ma sono entrate in campo anche le grandi multinazionali. E’ noto come le grandi metropoli siano diventate lo snodo della riorganizzazione produttiva mondiale e come in esse e tra esse si sia scatenata una aspra competizione globale per attrarre investimenti, business, eventi. A partire dai progetti emersi nei tre meeting dell’IBAC (International Business Advisory Council) tenutisi a Roma dal 2010 al 2012, vediamo come le multinazionali stiano inserendosi sul destino di Roma e intendono mettere “a valore di mercato” l’habitat metropolitano per milioni di persone.
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