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Libertà di uccidere

Quando si dice la classe. L’Assise di Confindustria ha accolto con un applauso “liberante” Harald Espenhahn, amministratore delegato della Thyssenkrupp, di recente condannato per omicidio volontario dal Tribunale di Torino per la morte sul lavoro di 7 operai, nel dicembre 2007. Il processo ha stabilito che la Thyssen, su input del suo management, aveva intenzionalmente evitato di installare una serie di sistemi di sicurezza perché aveva già deciso di chiudere lo stabilimento torinese. Aveva perciò messo in conto i possibili “incidenti” come una normale conseguenza di questa scelta. Ergo, l’omicidio (plurimo) non è stato questa volta considerato “colposo” – e quindi con pena minima – ma “volontario”. Anzi addirittura “con dolo eventuale”.

Gli specchiati e onesti imprenditori italici riunii in quel di Bergamo, tutto questo, lo sanno meglio di noi. Molti di loro, ogni giorno, “risparmiano” in sicurezza per incrementare profitti magri (c’è la crisi, che ci volete fare…). Ognuno di loro si è sentito sul banco degli imputati al fianco di Espenhahn. Ognuno di loro ha sentito come “intollerabile” una condanna per una cosa così ininfluente come la morte – prevista e contabilizzata sotto la voce “risarcimenti eventuali” – di sette operai.

Ognuno di loro ha voluto, con l’applauso, menifestare la propria solidarietà di classe verso un componente emerito della categoria. Quell’applauso contine uno slogan implicito: “uccidere gli operai non è reato!”

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