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Bravo Umberto, ne hai fatta di strada…


In una vecchia barzelletta sovietica, Stalin mostra alla madre i segni del suo potere. La potente macchina nera, la guardia in alta uniforme, le meravigliose stanze del Cremlino. E lei, l’anziana madre, lo benedice con affetto: «Bravo, Josif, ne hai fatta di strada… Ma attento, che se arrivano i comunisti…». Chissà se il popolo leghista conosce quella vecchia storiella. Davanti a esso viene periodicamente mostrato un capo-caricatura che si esprime ormai solo a gesti, pugni tirati all’aria, pernacchie e parolacce. Di Bossi conosciamo ormai solo le patetiche ostensioni organizzate per mascherare la sorda lotta tra colonnelli che avviene alle sue spalle, poi la reliquia viene ripiegata e portata via dagli addetti del cosiddetto «cerchio magico». «Vergognosi attacchi alla mia famiglia», ha biascicato dal palco di Venezia. Eh, sì, la famiglia, croce e delizia. Un figlio piazzato alla regione Lombardia a incassare un grosso assegno, capo delle nazionali di calcio padane alla maniera dei pargoli Gheddafi. Una moglie, Manuela Marrone, baby pensionata dall’età di 39 anni – una cosa che al leghista medio fa salire il sangue agli occhi – e fondatrice di una scuola dove si insegnano ai bambini le tradizioni padane. Tradizioni padane, sì, ma soldi di tutti gli altri, visti gli 800.000 euro munificamente concessi alla struttura da una legge del 2010, opportunamente chiamata «legge mancia» (tenga il resto, buon uomo). E, di contorno, seggiole, cariche, poltrone, nomine, stipendi pubblici, consulenze, affari e affarucci, perlopiù andati male e malissimo, come quella famosa banca CrediEuroNord che costò bel po’ di soldi proprio ai più gonzi tra i padani. Ce ne sarebbe abbastanza per farsi cadere le braccia, o almeno le spesse fette di salame padanamente piazzate sugli occhi. Ora, il salvataggio in aula di un bel pezzo di Roma ladrona (Marco Milanese) e, prossimamente, anche un voto a protezione di interessi mafiosi (il ministro Saverio Romano). Che dire? Bravo Umberto, ne hai fatta di strada. Ma occhio, che se arrivano i leghisti…

da “il manifesto” del 25 settembre 2011

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