Sul Corsera di oggi sdottoreggiano Giavazzi e Alesina. Coppia storica, praticamente di ferro, anche se forse ormai vicina alle nozze d’argento. Al punto 6 del loro decalogo per una “crescita a costo zero” scrivono:
“Riformare con equità le pensioni di anzianità (oltre all’aumento dell’età pensionabile annunciato da Berlusconi) e prevedere, con la dovuta gradualità, che si possa lasciare il lavoro solo quando si raggiungono i requisiti per una pensione di vecchiaia o i massimi contributivi. Lo scorso anno l’Inps ha liquidato 200 mila nuove pensioni di vecchiaia e un numero simile (175 mila) di nuove pensioni di anzianità. Ma l’importo medio di un’anzianità è di 1.677 euro, contro 602 euro di una pensione di vecchiaia”.
Non serve essere professori di economia negli Usa o a Cambridge (i due lo sono) per sapere che le pensioni di “anzianità” sono quelle erogate a lavoratori che hanno raggiunto il massimo contributivo (tra i 35 e i 40 anni di servizio lavorativo, con le leggi attuali).
Mentre quelle di “vecchiaia” sono appannaggio di quanti superano l’età massima oltre la quale si ha diritto a un assegno pensionistico (65 anni, con le leggi attuali).
Non serve dunque essere professori di economia negli Usa o a Cambridge (e i due lo sono) per capire che le pensioni di anzianità riguardano soltanto lavoratori di lungo corso, che hanno versato contributi (salario differito) forse oltre quel che incasseranno in futuro.
Mentre quelle di vecchiaia competono a tutti: sia che abbiano lavorato un numero di anni troppo basso o addirittura mai (esempio classico: le casalinghe, chiedendo loro scusa perché in effetti hanno lavorato lo stesso una vita, ma per la famiglia e non anche per un padrone).
E’ evidente perciò anche a un bambino che quelle di vecchiaia debbano essere mediamente più basse, perché derivano da versamenti contributivi inferiori o addirittura nulli.
Lo so che non c’è niente da ridere. So anche perché questi due signori scrivano cose che costerebbero la bocciatura a un loro studente (li pagano per farlo, banalmente). Ma so anche che dovrebbe esistere un limite alla fantasia dei truffatori. E farlo rispettare.
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claudio
…le pensioni di vecchiaia non competono a tutti ma solo a coloro i quali abbiano versato (parlo dell’INPS) almeno 20 anni contributi al compimento dei 65 anni di età (per gli uomini) o 60 (per le donne ma la cosa sta cambiando)…poi vi sono le pensioni di tipo contributivo (come quelle dei lavoratori domestici o quelle degli iscritti alla “gestione separata INPS”…i co.co.co. e i co.co.pro. per intenderci) che vengono erogate anche (in teoria, perchè per ottenerle servirebbero versamenti di centinaia di migliaia di euro per ogni anno) solo dopo 5 anni di lavoro e al raggiungimento di una certa soglia di età (era 57 anni ma la stanno alzando) ma solo a patto che l’importo mensile della pensione maturata raggiunga il 60% (circa) della pensione sociale, cioè circa 300 euro mensili (e per raggiungere questo, vi assicuro, servono molti versamenti contributivi previdenziali !!!)…le pensioni alle casalinghe in teoria esistono ma solo a patto che le donne in questione si siano “autoversate” nel corso degli anni un cospicuo gruzzoletto di euro, con lo stesso meccanismo dei versamenti volontari…perciò, in realtà, nessuno regala nulla a nessuno…anzi !!!….il vero scandalo e spreco sta nella “elargizione” degli assegni sociali (420 euro al mese a tutti coloro che hanno più di 65 anni e hanno un reddito personale inferiore ai 5000 euro annui o familiare di 10.000) in quanto molte persone, in Italia, hanno formalmente “reddito zero” ma sono ricchissime… io faccio proprio questo lavoro, liquido queste “pensioni sociali” nella sede INPS di Roma-Centro e mi arrabbio molto quando sono costretto a dare l’OK per il pagamento di quasi 500 euro al mese del fondo lavoratori dipendenti a donne che vengono allo sportello con le borse di Gucci, uomini in Rolex, suore e preti…