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La teoria falsa e reazionaria per tagliare le pensioni

Rispondendo a Marta Collot, che a Di Martedì, su La7, aveva ricordato il massacro sociale della legge che porta il suo nome, Elsa Fornero ha affermato che l’età della pensione aumenta £perché i giovani che lavorano sono pochi e precari”.

Così ha mostrato ancora una volta di odiarli i giovani, ai quali nel passato aveva dedicato l’aggettivo “choosy” – schizzinosi – perché non sempre pronti a lavorare sessanta ore a settimana per tre euro all’ora.

Però dietro i rancori generazionali della ex ministro di Monti, ora “esperta” per Draghi, sta una tesi che viene oggi sostenuta anche da Carlo Cottarelli e da tutti i liberisti che vogliono dimostrare come sia inevitabile lavorare fino a settant’anni.

Tutti costoro affermano che i pensionati sono oramai troppi ed i lavoratori troppo pochi per pagare il loro mantenimento. Quindi bisogna oggi trattenere al lavoro per più tempo più persone.. e magari domani tagliare le pensioni a chi le percepisce.

A parte il fatto che così si smentisce che tutto ciò sia fatto “per i più giovani” – visto che si ammette tranquillamente che gli anziani dovranno restare sempre di più ai loro posti (impedendo nuove assunzioni) – questa è semplicemente la riproposizione della vecchia teoria di Malthus sulla sovrappopolazione, che due secoli fa aveva spiegato l’impoverimento dei lavoratori con il fatto che facessero troppi figli.

Marx aveva demolito questa tesi, dimostrando che la povertà di massa non era causata dalla fecondità eccessiva delle mogli degli operai sottoposti al brutale sfruttamento capitalista, ma era prodotta dall’ingordigia e dalla ferocia dei padroni nell’accumulare profitto.

Ora questa tesi preistorica viene riproposta per giustificare il taglio delle pensioni; e contro di essa valgono, aggiornate, le stesse obiezioni di allora.

I pensionati sono troppi rispetto ai lavoratori?

Se in Italia ci fosse lo stesso orario di lavoro annuale che in Germania, avremmo un milione di occupati in più.

Se si mettesse al lavoro almeno un terzo degli attuali disoccupati, con investimenti nei servizi pubblici e opere di risanamento ambientale e territoriale, avremmo un altro milione di occupati.

Se si combattessero il lavoro nero ed il caporalato, che in Italia schiavizzano tre milioni di persone secondo l’ONU, avremmo un’altra marea di lavoratori che verserebbero i contributi per le pensioni presenti e future.

Se si riducessero di un quarto i cento miliardi annui di evasione fiscale e contributiva, si potrebbe andare in pensione prima dei sessant’anni.

Se i salari in Italia non fossero così scandalosamente bassi ed i profitti dei padroni e dei ricchi così alti, se si aumentassero le retribuzioni, crescerebbero automaticamente i soldi che vanno all’INPS.

Infine i giovani – se non fossero costretti al precariato sottopagato e persino al lavoro gratuito per colpa di leggi inique che Fornero, Cottarelli e compagnia esaltano – potrebbero mettere da parte i contributi per la pensione sin dal primo giorno di lavoro.

In conclusione, ciò che costringe chi lavora a non andare più in pensione non è la “sovrappopolazione dei pensionati”, ma l’arroganza di una classe padronale non vuole rinunciare a nulla del supersfruttamento del lavoro e delle ricchezze che ha accumulato in questi trent’anni. E per questo si affida entusiasta a Mario Draghi.

Fornero e Cottarelli sono semplicemente al servizio di questa classe e così ripropongono oggi teorie economiche che erano false e reazionarie già duecento anni fa.

Essi vogliono salvare i conti, ma non quelli del sistema pensionistico, bensì quelli dei ricchi che non vogliono redistribuire nemmeno un centesimo della loro ricchezza.

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