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Terzo sciopero generale in Francia contro la riforma delle pensioni

Martedì 7 febbraio c’è stata la terza giornata di sciopero generale contro la riforma pensionistica che è attualmente in discussione in parlamento.

Dopo le prime due giornate di mobilitazione del 19 e 31 gennaio, il movimento non sembra affatto scemare né rispetto alle percentuali di adesione allo sciopero “interpro”, né per ciò che concerne le mobilitazioni di piazza, nonostante i numeri siano stati ieri leggermente più contenuti.

La mobilitazione di ieri è stata infatti una sorta di “tappa intermedia” rispetto a quella di sabato, 11 febbraio, che si annuncia ancora più massiccia delle precedenti.

Secondo le cifre della polizia alle proteste di piazza hanno partecipato 757.000 persone, mentre per la CGT – che insieme alle altre 7 sigle sindacali aveva indetto lo sciopero -, sarebbero state circa 2 milioni, contro i 2,8 del 31 ed i più di due milioni del 19.

Tra manifestazioni più numerose quelle di Parigi (400 mila per la CGT) e Marsiglia (140 mila).

La leggera flessione sui numeri non ha però diminuito l’incisività, l’estensione e l’ordine di grandezza della mobilitazione, con manifestazioni in più di 200 località, e una buona partecipazione anche in realtà più piccole, solitamente meno toccate dalle mobilitazioni nazionali.

Ha commentato Laurent Berger, segretario generale della CFDT: «la mobilitazione è costruita su due giornate e se il governo è tentato di gioire per una leggera flessione della mobilitazione oggi, gli consiglio di essere prudente».

Il traffico ferroviario (SNCF) e della metropolitana parigina (RAPT) è stato “fortemente perturbato” e, per ciò che concerne le ferrovie, lo sarà ancora nella giornata di mercoledì.

Nel settore dell’energia la CGT dà cifre che oscillano tra il 75-100% di adesioni, solo il 56% secondo la direzione di TotalEnergies, mentre sarebbe al 36,9% quella in EDF. Tutte le raffinerie della Total erano in sciopero e tutte le spedizioni si sono perciò fermate.

Anche la scuola ha avuto numeri ragguardevoli di partecipazione, nonostante in alcuni istituti fossero già iniziate le ferie.

Quello che sta emergendo è una discussione vera su come creare un rapporto di forza favorevole a chi si oppone alla riforma, anche perché è ovvio che il governo Macron si aspettava una reazione popolare forte ed era preparato a reggere. Si tratta insomma di andare oltre le possibilità di “menefreghismo” dell’esecutivo.

Per questo è stato deciso lo “stimolo” dell’azione coordinata tra le 4 Federazioni della CGT “tra uno sciopero generale e l’altro”, con azioni offensive che si svolgeranno anche oggi 8 febbraio, oltre che nelle ferrovie, anche nelle raffinerie, nei porti, nelle industrie del gas e dell’elettricità, dove lo sciopero sarà di 48 ore.

«Tutte le opzioni sono sul tavolo», ha detto il presidente della CFTC. Gli fa eco Philipe Martinez, segretario della CGT: «può essere che le manifestazioni non saranno sufficienti».

Molto dipenderà infatti dalle decisioni che verranno prese sabato sera dall’“intersindacale” su come proseguire una lotta che ha portato in piazza numeri che non si vedevano da più di un decennio.

É chiaro che l’eventuale apertura dell’esecutivo su parzialissime modifiche dell’ipotesi di riforma non riguarderanno la sostanza dell’impianto (aumento del periodo di versamenti, abolizione dei “regimi speciali”, ecc.). Ma soprattutto non toccheranno il perno del progetto di trasformazione del regime pensionistico “per ripartizione”: l’allungamento dell’età pensionabile dai gli attuali 62 anni – erano 60 poco più di una decina d’anni fa – a 64 anni.

In sostanza, se la riforma passerà, si lavorerà di più.

In generale è evidente è la “sordità” della coppia Macron-Borne verso la piazza e in generale l’opinione pubblica, con una stragrande maggioranza dei lavoratori attivi contrari alla riforma. Una contrarietà, è bene ricordarlo, cresciuta in queste settimane di mobilitazioni vincendo la battaglia dell’idee contro la task-force sguinzagliata dall’esecutivo per cercare di far digerire una misura impopolare fortemente voluta dall’Unione Europea.

Grande attenzione è infatti posta alla costruzione del consenso riguardo all’azione dei lavoratori: per questo nella giornata di sabato non sciopereranno i lavoratori delle ferrovie per permettere a tutti di raggiungere le mobilitazioni previste e comunque non penalizzare l’utenza in un giorno che è comunque di riposo.

«L’obiettivo è disarticolare la normalità lavorativa, e non penalizzare l’utenza» afferma Sébastien Menesplier, segretario generale della federazione mines-énergie della CGT.

L’opposizione alla riforma, in queste circa due settimane di dibattito parlamentare, potrà contare su una agguerritissima opposizione di sinistra dai banchi della NUPES e sulla fin qui ufficiale contrarietà dell’estrema destra, oltre che sull’atteggiamento critico di una parte dei gaullisti (LR).

Con ogni probabilità alla fine del complesso iter parlamentare a metà marzo, l’esecutivo sarà costretto – se vorrà realizzare la riforma – a ricorrere alla formula del decreto senza metterla ai voti; una novità assoluta nella Storia della V Repubblica e una torsione autoritaria che non potrà non avere conseguenze.

Si riaffaccia però anche, in un contesto diverso, la possibilità di una sconfitta da parte dell’esecutivo su un “progetto di riforma”, così come avvenuto nel 1995 contro il piano di ristrutturazione della Sécurité sociale voluto dall’allora primo ministro Alain Juppé, o contro il progetto del CPE di Dominique de Villepin, approvato e poi ritirato nella prima metà del 2006.

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