Una volta, al massimo, eri “attenzionato” dalla questura. Oggi, al minimo, può capitarti di essere “attenzionato” da Berlusconi. E’ successo a quel gelataio belloccio, tale Martinetti Guido, che ha passato l’inverno in tivù con l’occhietto languido e l’eterna pippa del “merito”, magnificando l’assenza di posto fisso e un po’ scandalizzandosi che i giovani si ostinino a fare i precari anziché gli imprenditori.
Va detto, il fashion-gelataio non ha colpe: Silvio l’ha attenzionato a sua insaputa, registrando trasmissioni e ordinando sondaggi, alla disperata ricerca di facce nuove da avvitare sul corpo decrepito del suo partito o di quel che ne rimane. La cosa peggiore è che il gelataio, chiacchierando col Corriere, è convinto di piacere per le sue idee, mentre è chiaro che in tivù lo invitano per il faccino telegenico.
Un confine questo – tra quel che appare in tivù e quel che serve nella vita – che per Silvio è notoriamente inesistente, basta ricordare i meriti di certo suo personale politico, tipo miss Minetti. Ma diciamolo: Silvio, che ancora si crede il Re Sole, non è nemmeno la Luna. E’ solo il dito che la indica. Il virus del colpo a sorpresa, della corsa al nuovo purchessia, della candidatura shocking colpirà tutti, e la sensazione è che ci divertiremo un bel po’. Un cosmonauta cinese cattolico per l’Udc, un trapezista non vedente per Di Pietro, una mucca frisona per la Lega, e quanto al Pd, chissà, magari un imprenditore del nord-est tipo Calearo, anche se questo è davvero spingersi molto in là con l’immaginazione.
Insomma, dopo anni di ciance sui costi della politica, eccoci ai casting della politica: si faccia vedere di fronte… profilo… dica una cazzata sul mercato del lavoro… bene! Assunto! Avanti un altro! E la cosa divertente è che spesso si scambia questa selezione in puro stile miss maglietta bagnata con il rinnovamento della politica, con lo svecchiamento della classe dirigente, con la rivincita della società civile. Bella cosa, intendiamoci, sempre se non diventa una controfigura della società incivile
da “il manifesto”
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