Non quella del calcio, ma quella della calce e del cemento è l’Italia che partecipa ai Mondiali in Qatar.
Sono, per esempio, la squadre della Maeg Costruzioni che con una commessa da 40 milioni ha costruito uno stadio con materiali trasportati in loco in sei mesi. C’è pure WeBuild – nata dalla fusione di Salini e Impregilo – che ha lavorato anche alla rete delle metropolitana di Doha.
Il presidente della Maeg Costruzioni, Alfeo Ortolan, esulta: “Una vera opera d’arte. Per pensare di realizzarla ci vuole una giusta dose di pazzia perché i rischi sono elevatissimi“. Roba da volta stomaco.
Il Guardian stima che i morti di lavoro per i Mondiali siano stati 6.500; Amnesty International parla di 15 mila operai, tra morti e suicidi per le tremende, schiavistiche condizioni di lavoro, tra il 2010 ed il 2019.
Questa strage è avvenuta anche nei cantieri italiani, sotto gli occhi di archistar, imprenditori, ingegneri, geometri, capo cantieri?
Da che parte si sono girati, ogni volta che uno schiavo crepava per la fatica sotto il sole del deserto?
Siamo sicuri che ci sia da andare fieri dell’italico genio dei costruttori edili ammessi agli appalti per i lavori dei mondiali in Qatar?
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