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Il Comitato Nazionale per il Boicottaggio sulla scadenza di settembre

Nel mezzo del dibattito sull’iniziativa diplomatica palestinese volta ad assicurare la partecipazione della “Palestina” alle Nazioni Unite, molte domande legittime sulla strategia e sulla tattica sono sorte tra le persone di coscienza che in tutto il mondo sostengono la libertà, la giustizia e l’eguaglianza per il popolo palestinese. Come nella lotta contro l’apartheid in Sud Africa, i gruppi di solidarietà con la Palestina e gli attivisti sono convinti, come lo siamo noi, che soltanto sollecite, efficaci e sostanziose forme di solidarietà, specialmente nella forma di boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni (BDS) possono rendere Israele responsabile verso i propri obblighi secondo il diritto internazionale e condurre alla realizzazione del complesso dei diritti dei Palestinesi.

Il Comitato Nazionale Palestinese (BNC), la più ampia coalizione della società civile, riconferma e spiega ulteriormente sotto i principi più importanti che hanno informato la sua posizione sulla materia, come espresso nella nostra dichiarazione resa pubblica il 1 giugno 2011.

(1) Autodeterminazione

Il più basilare, inalienabile diritto del popolo di Palestina è il diritto all’autodeterminazione. La fine dell’occupazione è una colonna  nell’esercizio del diritto. Il diritto di autodeterminazione, che nel caso dei Palestinesi è rappresentato dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), è comunemente definito come il diritto “di tutti i popoli … a determinare liberamente, senza interferenze esterne, il prorio status politico ed a perseguire il proprio sviluppo economico, sociale e culturale” (a) E’ questo un diritto che appartiene a tutti i Palestinesi, indipendentemente dallo loro attuale collocazione geografica, in virtù del diritto internazionale e dei principi di sovranità popolare e di democrazia. Tutti i Palestinesi, inclusi i rifugiati della shatat (diaspora) ed i Palestinesi cittadini d’Israele, hanno diritto a partecipare ed essere rappresentati  -all’ONU ed in qualsiasi altro luogo- da un’OLP democratica che determini lo status politico e persegua lo sviluppo economico, sociale e culturale dell’intero popolo palestinese.

Al minimo, esercitare il diritto all’autodeterminazione di tutti i Palestinesi comporta:

1. la fine dell’occupazione e della colonizzazione israeliane  di tutte le terre arabe occupate nel 1967;

2. onorare il diritto dei Palestinesi cittadini d’Israele di piena eguaglianza per la fine del sistema di discriminazione razziale istituzionalizzata e legalizzata (che risponde alla definizione di apartheid da parte del’ONU); e

3. rispettare e rendere possibile l’incremento del diritto sancito dall’ONU dei rifugiati palestinesi

al ritorno alle loro case e terre dalle quali furono espulsi.

(2)  OLP

Fino a che il popolo palestinese esercita il diritto all’autodeterminazione, l’OLP resta l’unico legittimo rappresentante di tutti i Palestinesi all’ONU ed in tutti i fori internazionali, regionali e multinazionali. Nessuna alternativa sarà accettata dalla grande maggioranza del popolo palestinese.

(3) Complicità e  responsabilità

Gli Stati che hanno riconosciuto il diritto palestinese ad uno Stato sono anche maggiormente tenuti a porre fine alle loro complicità nel mantenere, coprire o anche rafforzare il regine di occupazione, colonialismo ed apartheid d’Israele contro il popolo palestinese. Gli Stati che offrono il riconoscimento dello Stato di Palestina e continuano gli abituali affari con Israele  sono più che ipocriti; essi tradiscono le proprie stesse basi legali e gli obblighi politici perché cessino le gravi e persistenti violazioni israeliane del diritto internazionale e dei diritti dei Palestinesi.

(Estratti dalla dichiarazione di giugno 2011 del BDS Comitato Nazionale (BNC), la più ampia coalizione della società civile palestinese)

Prima e dopo settembre: la lotta per i diritti dei Palestinesi si deve intensificare

Questo settembre segnerà il 20esimo anniversario del “processo di pace” Israelo-Palestinese, che è stato largamente riconosciuto come un totale fallimento, secondo alcuni standard obiettivi. Questo processo farsa è servito a coprire l’intensa colonizzazione israeliana delle terre palestinesi, il continuo rifiuto degli elementari diritti dei Palestinesi e una graduale pulizia etnica di Palestinesi, mentre simultaneamente dava una falsa impressione di lavoro per la pace. In questo contesto, il BNC dà il benvenuto al riconoscimento  della grande maggioranza degli Stati in tutto il mondo che il diritto palestinese ad uno Stato ed alla libertà dall’occupazione israeliana sono di gran lunga in ritardo e non devono restare più a lungo ostaggi della “diplomazia” USA, fanaticamente di parte in difesa dell’espansionismo israeliano. In ogni caso, il riconoscimento di uno Stato palestinese è chiaramente insufficiente, in sé, per portare ad una reale fine dell’occupazione israeliana ed del dominio coloniale.  Né porrà fine al pluridecennale  sistema israeliano di legalizzazione della discriminazione razziale, che corrisponde alla definizione ONU di apartheid, o permetterà a milioni di rifugiati palestinesi di ritornare alle loro case di origine, da cui furono violentemente sradicati ed esiliati.

Il riconoscimento diplomatico deve avere come risultato la protezione dell’inalienabile diritto all’autodeterminazione dell’intero popolo palestinese rappresentato da un’OLP democratizzata ed inclusiva, che rappresenti non solo i Palestinesi sotto occupazione, ma anche i rifugiati in esilio, la maggior parte del popolo, ed anche i discriminati cittadini d’Israele. Per questo andare al di là del simbolismo, il riconoscimento deve essere preludio all’efficace sostegno delle sanzioni contro Israele con l’obiettivo di portarlo alla piena conformità con i suoi obblighi secondo il diritto internazionale. Come mostrato nella lotta per la fine dell’apartheid in Sud Africa e nelle attuali lotte  per la libertà e la giustizia nella regione araba, i governanti del mondo non devono volgersi contro un regime palesemente illegale ed immorale di oppressione semplicemente sul piano etico; gli interessi economici e le dinamiche di potere egemonico hanno molto più peso nelle loro considerazioni. Infatti, il discorso militante e guerrafondaio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu prima del Congresso USA, appaiato con l’ultima umiliate sottomissione ai desideri d’Israele del presidente USA Barack Obama, si mostra deludente, al di là di ogni dubbio che qualcuno ancora possa avere circa la speranza che Washington possa o voglia contribuire a costruire una pace giusta nella nostra regione.

La lezione chiave imparata dal Sud Africa è che, per la cessazione della complicità  dei governi mondiali con le gravi e persistenti violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale di Israele, questi devono essere obbligati a farlo attraverso la pressione di base ben organizzata dei movimenti sociali di massa ed altre componenti della società civile. In questo contesto, il BDS ha provato di essere la più potente e promettente strategia di solidarietà internazionale con il popolo palestinese nella nostra lotta per l’autodeterminazione, libertà, giustizia ed eguaglianza.

Alla luce di quanto sopra, ed ispirati dal desiderio e dal potere del popolo che ha fatto sorgere la primavera araba, il BNC si appella alle persone di coscienza  ed ai gruppi di solidarietà internazionale per proseguire nella costruzione di un movimento di massa di BDS negli USA e negli altri paesi più potenti del mondo prima e dopo settembre. Solo questo genere di movimento di massa  può assicurare che qualunque riconoscimento diplomatico venga fuori alle Nazioni Unite a settembre sullo Stato palestinese, i diritti del popolo palestinese avanzeranno e si alzerà il prezzo dell’occupazione israeliana, del colonialismo e dell’apartheid, grazie all’ ulteriore isolamento  suo e dei complici nei suoi crimini. Un movimento di massa di solidarietà che può tenere funzionari eletti, soprattutto negli USA, responsabili verso il popolo, piuttosto che verso una lobby sionista che serve l’agenda coloniale e belligerante d’Israele e che direttamente è in  conflitto con gli interessi del popolo in questi paesi, è l’unica speranza per una pace completa e sostenibile basata sulla giustizia.

(a) Dichiarazione dei Principi del diritto Internazionale Concernente le Relazioni di Amicizia e Co-operazione  tra gli Stati in accordo con le Caratteristiche delle Nazioni Unite: Risoluzione 2625 (XXV) dell’Assemblea Generale dell’ONU del 24 ottobre 1970

trad: Flavia Lepre

Facciamo sì che la Palestina diventi lo Stato numero 194 delle Nazione Unite, firmando sul sito della Campagna del RICONOSCIMENTO: www.palfreedom.ps

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