Lo sciopero del 6 settembre, le manifestazioni e mobilitazioni che si sono succedute dai primi giorni di settembre sino ad oggi e che hanno visto la partecipazione attiva di USB e di altre realtà sociali del nostro paese, dimostrano che esiste una reale e concreta opposizione alle manovre del governo ed al tentativo di scaricare la crisi sui lavoratori e sulle fasce della popolazione che vivono da tempo in una situazione di estremo disagio.
Non era scontato che lo sciopero e le manifestazioni del 6 settembre riuscissero in pieno come è stato, come non era scontato che ci si arrivasse con una tensione sociale visibile e vigile.
Le partecipate manifestazioni per le piazze e le vie di Roma, le azioni dimostrative nei santuari della finanza milanese e le tante manifestazioni che si sono concretizzate a Bologna come a Napoli, a Torino come a Firenze ed in tutte le maggiori città italiane, rappresentano quindi un segnale positivo di risveglio della consapevolezza e della rabbia di chi vuole essere soggetto attivo nel cambiamento del paese oggi e non soltanto in un futuro indefinibile.
Tutto ciò prepara le ulteriori mobilitazioni che dovranno essere organizzate nei prossimi mesi e che vedranno momenti di analisi e riflessione come l’Assemblea nazionale del 1° Ottobre a Roma che lancia la parola d’ordine “non paghiamo il debito”, per arrivare alla manifestazione nazionale del 15 Ottobre che vedrà in piazza forze diverse, ma unite nel rigettare al mittente, cioè alla Unione Europea, al Governo ed alla finanza internazionale la necessità di farsi carico di una crisi che sicuramente non è stata generata dai lavoratori, dai disoccupati, dai precari e dai pensionati.
Non certo una manifestazione solo per mandare a casa Berlusconi, cosa chiaramente oggi più necessaria che mai, ma per battere il berlusconismo che impera nel nostro paese e che non riguarda soltanto il centro-destra.
Una manifestazione popolare contro il governo delle banche e della finanze europee contro questo governo, contro qualsiasi governo, politico, tecnico o di transizione che sia, che voglia imporre le stesse medicine che stanno avvelenando l’Italia come l’intera Europa.
Un 15 Ottobre che non dovrà rappresentare il punto di arrivo e la fine della mobilitazione, ma un passaggio attraverso il quale esprimere il dissenso di centinaia di migliaia di persone per le strade di Roma, per ripartire poi con nuove mobilitazioni e nuovi traguardi.
Le manovre estive del governo di luglio e di settembre non saranno le uniche e nei prossimi mesi dovremo aspettarci un’ulteriore raffica di misure finalizzate a maggiori e più pesanti sacrifici, all’aumento delle tasse e all’attacco ai salari e alle pensioni, ai diritti dei lavoratori ed ai diritti civili e democratici.
Sappiamo che la politica dei partiti, anche quelli della sinistra parlamentare, viaggia in sintonia con l’Europa delle banche e della finanza e ha abbracciato acriticamente la filosofia dei sacrifici e delle privatizzazioni che stanno portando alla rovina la Grecia e distruggendo il tessuto sociale dell’intero continenti.
Dobbiamo allora alzare il tiro anche rispetto agli obiettivi, rifiutando il luogo comune del pareggio di bilancio e del pagamento di un debito che non è certo stato creato da chi lavora e rilanciando invece una proposta che preveda il non pagamento del debito, la nazionalizzazione delle banche e delle aziende strategiche per il paese, una patrimoniale che incida in modo pesante ed immediato sui grandi patrimoni, una lotta all’evasione che non sia il solito condono ma che preveda le manette per chi evade.
Dovremo quindi essere pronti a difenderci, a replicare ed attaccare, perché ad una manovra continua non può che corrispondere una mobilitazione continua.
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