Salari cinesi?
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di Alberto Gabriele per Marx21.it
Molti di questi signori si sono scandalizzati, paventando che di questo passo un giorno i poveri lavoratori italiani si ritroveranno a percepire “salari cinesi”.
L’uso di questa espressione, naturalmente, e’ rozzo e offensivo nei confronti di un paese come la Repubblica Popolare Cinese, che in pochi decenni ha quasi eliminato la poverta’ di massa, che fino a tempi recenti affliggeva molte centinaia di milioni di persone – un’impresa senza precedenti nè paragoni nella storia dell’umanita’. Naturalmente, nessuno studioso serio (di destra, di sinistra o di centro) nega lo straordinario successo della Cina nella lotta alla poverta’, anche se le interpretazioni su come ci sia riuscita divergono ampiamente.
Invece, tra l’affollata plebaglia di giornalisti servili e pseudoeconomisti venduti che quotidianamente contribuisce a rincitrullire il Belpaese, solo una minoranza riconosce questo fatto elementare. Anche tra questi pochi eletti, tuttavia, si dà quasi sempre per scontato che, nonostante i progressi economici della Cina e lo speculare declino economico e sociale dell’Italia, i salari italiani siano sempre e comunque incommensurabilmente piu’ alti di quelli cinesi. Beh, le cose non stanno esattamente cosi’.
La tabella 1 qui sotto (tratta dall’Economist Intelligent Unit) mostra i salari medi mensili (in yuan) pagati a impiegati locali nelle citta’ di Beijing, Guangzhou e Shanghai (le piu’ avanzate della Cina), su una base annuale di 13 mensilita’. La tabella 2 mostra il corrispondente valore in euro in base al tasso di cambio ufficiale, e (nell’ultima colonna) una stima del potere di acquisto che questi salari avrebbero in Italia, tenuto conto delle grandi differenze tra le rispettive strutture di prezzi della Cina e dell’Italia. Insomma, i salari cinesi cosi’ “aggiustati” sono grosso modo paragonabili ai salari reali italiani.
L’ Economist Intelligent Unit ricorda che sin dal Primo Maggio 1995 in Cina vige una legislazione del lavoro che prevede per tutti gli occupati (compresi quelli che lavorano per multinazionali straniere) un’orario di 40 ore settimanali. Il ricorso a ore di straordinario e’ possibile, ma molto limitato da specifiche disposizioni, che l’Economist Intelligent Unit definisce “rigide”. E’ pero’ noto che le leggi sul lavoro non sempre si applicano, soprattutto nelle piccole imprese private cinesi.. Tenuto conto di questo caveat, la tabella 1 riporta i salari effettivamente pagati a fine 2010. Anche se la fonte non lo specifica, si tratta con ogni probabilita’ di salari lordi. Nel compararli con quelli italiani, tuttavia, si deve tener conto che la differenza tra salari lordi e netti e’ in genere minore in Cina che in Italia.
TABELLA 1
tabella1
TABELLA 2
tabella2
Naturalmente, questi calcoli sono estremamente semplificati e approssimativi. Tra l’altro, si basano su stime dei rispettivi poteri d’acquisto che risalgono al 2005 ( necessariamente, perche’ non ne esistono di piu’ recenti). In termini molto generali, entrambi gli indicatori su cui queste stime sono basate dicono sostanzialmente che nel 2005 il livello medio dei prezzi in Italia era circa quattro volte piu’ alto che in Cina (vedi nota 2). Negli ultimi anni l’inflazione e’ stata piu’ alta in Cina che in Italia, quindi i salari “reali” cinesi sono un po’ piu’ bassi di quelli che appaiono nella tabella 2. Inoltre, e’ noto che i salari in altre zone della Cina (e anche nelle principali citta’, nei settori privati semi o totalmente informali) sono molto piu’ bassi. Sarebbe dunque scorretto, ad esempio paragonare questi salari reali cinesi a quelli percepiti in nero daí lavoratori italiani e immigrati nelle zone piu’ povere del nostro paese. E’ invece del tutto legittimo confrontarli con quelli dei giovani diplomati e laureati italiani, eternamente precari, che raramente gudagnano piu’ di 1500 euro e spesso meno di mille euro al mese
Queste semplici stime ricavate da fonti insospettabili mostrano che (almeno per quanto riguarda il settore privato4 formale) i lavoratori cinesi non se la passano poi tanto peggio degli italiani. Anzi.
1 In base al tasso di cambio vigente il 10 ottobre 2011, 1 yuan= 0.115 euro (fonte : http://www.xe.com/ucc/convert/?Amount=1&;From=EUR&To=CNY)
2 Calcolato in base a due indicatori convergenti ma non identici che mettono a confronto il potere d’acquisto nei diversi paesi, basati sul costo della vita negli Stati Uniti (in cui entrambi sono uguali a 100). Le stime sono della Banca Mondiale e si riferiscono al 2005.Il primo indicatore (PLI, o Price Level Index) aveva um valore di 42 in Cina e 109 in Italia). In Cina il costo della vita era poco piu’ di un terzo di quello americano, in Italia quasi un 10% in piu’ (l’Italia, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, e’ piu’ cara degli USA) . Il secondo indicatore (PPP, o Purchase Power Parity) e’ una stima (che, evidentemente, e’ basata sul PLI piu’ altre informazioni statistiche) della capacita’ effettiva di acquisto di un dollaro nei vari paesi. Nel 2005 questo índice era di 3.45 per la Cina e di 0.88 per l’Italia. In pratica, con un dollaro si potevano comprare quasi quattro volte piu’ merci e servizi in Cina che negli Usa, mentre in Italia, al contrario, il potere d’acquisto di questo stesso dollaro sarebbe stato minore che negli Stati Uniti.
3 I senior managers possono guadagnare 80- 90000 yuan
4 Come in Italia, i salari del settore pubblico cinese non si discostano molto da quelli del settore privato formale. Tuttavia, i dati riportati dall ’Economist Intelligent Unit si riferiscono probabilmente a ai salari pagati dalle multinazionali, che sono piuttosto alti poiché queste imprese tendono a ricercare i lavoratori piu’ qualificati. Salari simili, o di poco inferiori, possono essere guadagnati dai lavoratori delle imprese pubbliche e a partecipazione statale e delle banche, anch’essi molto qualificati. I salari medi dell’amministrazione pubblica sono piu’ bassi.
11 Ottobre 2011 12:52 Internazionale – Cina
da Marx XXI
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