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Crisi sistemica in Europa, uno sguardo oltre i Piigs

Il problema è che la crisi sistemica, che continua ad essere spacciata per “crisi del debito” non si arresta, e dopo aver investito Grecia, Portogallo, Irlanda, Italia e Spagna, minaccia ora anche i Paesi a tripla A dell’area euro come la Francia. Anche l’asse Parigi-Berlino, architrave del polo imperialista europeo, comincia a scricchiolare.

Berlino, ma ancor più la Bundesbank, respingono l’ipotesi che sarà la Bce a farsi «prestatore di ultima istanza» stampando moneta per comprare il debito del resto dell’Euro-polo.

Si torna a parlare degli eurobond, anche se le crescenti difficoltà della Francia, per non parlare degli Stati già declassati, mettono una seria ipoteca sul progetto. E prende quota anche l’ipotesi di un tandem Bce-Fmi per fornire un maxi-prestito, che l’attuale fondo salva-Stati non è in grado di garantire.

Circola anche un’altra ipostesi che viene definita azzardata e che vedrebbe, per far fronte alla crisi, i Paesi a “tripla A” dotarsi di «bond comuni», sapendo però che la misura sarebbe il preludio a una spaccatura dell’euro.

Ci sarebbe infine un piano segreto della Germania, rivelato dal Daily Telegraph per la creazione di un Fondo Monetario Europeo in grado di sostituirsi alla sovranità degli Stati membri in difficoltà. Il piano divulgato, scritto dagli uffici del ministro degli Esteri tedesco, rivela studi avanzati per una nuova istituzione europea, che sarebbe in grado di subentrare alle economie delle nazioni problematiche dell’eurozona.

Il fondo avrà il potere di portare i paesi in sofferenza verso l’amministrazione controllata per gestire le loro economie. Il documento, intitolato “Il futuro dell’UE: le migliorie alle politiche di integrazione richieste per la creazione di un’Unione di Stabilità”, dichiara che le modifiche al trattato sono in una prima fase “in cui l’UE potrà trasformarsi in un’unione politica”. “Il dibattito sul modo di arrivare a un’unione politica deve iniziare appena verrà fissato il percorso verso l’unione di stabilità”.

Ma lo scontro nell’Euro-zona non è tanto sulle “cure” da infliggere ai PIIGS, paesi che cominciano ad essere giudicati complessivamente troppo grandi per essere salvati, e per i quali non è affatto esclusa l’ipotesi della bancarotta, ma sul fatto che la bancarotta si estenderebbe a quel punto inevitabilmente all’intera Europa.

In Francia ad esempio, l’UE  sia pure sotto il segno di Sarkozy e Merkel, comincia a piacere sempre meno, e riprende quota il mai sopito sentimento nazionalista. In un recente sondaggio il 48% delle risposte indica che le persone intervistate sono “stufe” della situazione economica della Francia, mentre il 30% afferma di essere “rassegnato”. Solo il 14 per cento ha fiducia o è entusiasta.

La categoria sociale dove predomina il sentimento di rivolta è quella degli operai (il 64%), seguiti degli artigiani e dai piccoli commercianti (il 55%) e dagli impiegati (il 52%). Il sentimento di rivolta è più debole nelle libere professioni e tra gli alti dirigenti, ma raggiunge comunque il 36%.

La schiacciante maggioranza dei francesi ritiene che l’apertura dell’economia ha avuto conseguenze nefaste ed infine la gran parte delle persone intervistate ritiene che l’Europa debba ripristinare politiche protezioniste (80%). Ma, nel caso ci fosse un rifiuto dei partner europei di acconsentire a queste iniziative, il 57% degli intervistati ha risposto che la Francia dovrebbe proseguire da sola.

Le cose non vanno meglio dall’altra parte della Manica. In un recente incontro con la cancelliera tedesca, seguito a settimane di polemiche tra i due paesi, il leader britannico David Cameron ha ribadito la sua fiducia nella capacità dell’eurozona di trovare una via d’uscita alla crisi del debito e ha dovuto dire che l’impegno della Germania per salvare l’euro ”è anche nell’interesse della Gran Bretagna”. Ma sul come, le distanze restano tutte. Cameron ha infatti chiesto con forza che la BCE sia utilizzata come un ”grande bazooka” per difendere l’euro, potendo comprare titoli del debito pubblico su vasta scala e diventare acquirente di ultima istanza per gli stati in crisi, possibilità alla quale Berlino si oppone fermamente.

Ma è la stessa Germania, ad oggi indiscussa “titolare” dell’UEM, a non essere più sicura del proprio futuro. Jean-Claude Juncker, capo dell’Eurogruppo, ha ammonito che la Germania non è più un porto sicuro avendo un debito pari all’82 per cento del PIL. “Penso che il livello del debito tedesco sia preoccupante. La Germania ha più debiti della Spagna“, ha detto. “È comodo dire che le nazioni meridionali sono pigre e che i tedeschi sono gran lavoratori, ma le cose non stanno così,”

Ed è ancora il Telegraph ad informare che gli investitori asiatici e le banche centrali hanno cominciato a vendere i bond tedeschi e a ritirarsi da tutta l’eurozona per la prima volta dall’inizio della crisi, ritenendo i dirigenti dell’UE incapaci di accordarsi su politiche coerenti.
E infine, “La domanda che tutti si fanno nei mercati del debito è se mollare la Germania. La Banca Centrale Europea ha un bilancio di 2 trilioni di euro e, se l’eurozona dovesse scivolare nell’abisso, la Germania ne subirà le conseguenze. Siamo davvero vicini al punto in cui i mercati si muoveranno in questa direzione, o forse già ci siamo“, ha detto Andrew Roberts, responsabile dei tassi alla Royal Bank of Scotland.

 

In conclusione, e per tornare ai destini di noialtri PIIGS, ci sembra che le strategie che i poteri forti europei stanno dibattendo unite alle politiche sociali devastanti attuate dai governi del sud Europa posti sotto commissariamento dalla Troika (UE, BCE, FMI), rafforzino le nostre convinzioni.

Prima di essere cacciati e comunque sbriciolati economicamente dopo che è stata cancellata la sovranità dei paesi, rilanciamo con forza le lotte dei lavoratori e costruiamo l’uscita dei PIIGS dall’Unione Economica Monetaria, perchè come è stato scritto si può anche vivere da “maiali”, ma non essere tritati come mortadella.

* Commissione internazionale della Rete dei Comunisti

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