Nel pensare la risposta a questa domanda fondamentale, preferisco spostare l’attenzione cambiando il verbo “deve” con “vuole”.
Rispondere a questa domanda un pò diversamente impostata, per voi investitori, uomini d’affari e lavoratori, è molto più importante che rispondere alla domanda nella sua prima formulazione.
Se la BCE decide di staccare l’assegno, i risultati economici e di mercato saranno molto diversi se non lo “dovesse” fare.
La vostra prospettiva personale in qualità di investitore, uomo d’affari o lavoratore cambierà drasticamente nei prossimi decenni sulla base di questa unica scelta politica e sulla vostra buona preparazione a riguardo.
Allora, la domanda giusta da porsi è: “La BCE vuole “staccare l’assegno” per i governi nazionali dell’Eurozona?”
Fino ad oggi, la mia risposta a questa domanda è stata “sì”.
Si vedano, ad esempio, le mie considerazioni sul
[ why questioning Italy’s solvency leads inevitably to monetisation ] perché il porre in discussione la solvibilità dell’Italia conduce inevitabilmente alla monetizzazione (finanziamento monetario del debito da parte della BCE) e [ why Investors will buy Italian bonds after ECB monetisation. ] perché gli investitori acquisteranno titoli italiani dopo la monetizzazione della BCE.
Ma cosa succederebbe se la BCE non staccasse l’assegno? Ancora, cosa succederebbe se la BCE permettesse il default dell’Italia?
Ecco il mio pensiero su questo punto.
L’Italia in una stretta mortale
Mi sia concesso partire da quello che ho scritto in precedenza in due articoli messi in diffusione dal 7 novembre.
La periferia dell’Eurozona è divenuta un’attrazione. La faccenda con l’Italia è la vera questione. Con rendimenti al 6,7%, e in aumento, i giochi sono finiti per l’Eurozona.
E se voi siete un investitore, questo è il momento della verità. Ogni cosa – ogni categoria attiva – dipende da come l’Eurozona si comporta nella “faccenda italiana”.
A questo punto, ci sono solo due esiti.
Se salta l’Italia la depressione è alle porte, le banche sarebbero insolventi, i “cds” come fattori scatenanti farebbero implodere il sistema, avrebbero inizio le corse agli sportelli, i mercati azionari potrebbero schiantarsi, e si vedrebbero i rendimenti del debito sovrano crollare a valori increbibilmente bassi per nazioni soggiacenti a condizioni da usura.
Se l’Italia sopravvive, ci si dovrebbe aspettare un recupero colossale del debito periferico, dei mercati azionari e dei titoli bancari e una messa in liquidazione al minimo dei “cds”. Tuttavia, l’Eurozona è già in recessione, e questo recupero non sarà sostenuto.
[N.d.tr.: i “Credit Default Swap” (CDS) sono contratti derivati che permettono agli investitori, pagando un premio, di proteggersi dall’eventuale fallimento di una obbligazione (soprattutto titoli di Stato).
Una vera e propria polizza assicurativa, che di conseguenza segnala il livello di rischio di un titolo, dalle azioni alle obbligazioni governative. Infatti più aumenta il costo per stipulare un “credit default swap”, quindi per assicurarsi, più significa che il sottostante (l’oggetto del contratto) aumenta il suo grado di rischio.
Il problema è che spesso questi sottostanti sono rappresentati da titoli di Stato di un paese sovrano.
A questo punto una domanda sorge spontanea: possono le banche e le istituzioni private decidere sul destino economico e finanziario di interi paesi e di milioni di cittadini?
Un discorso simile alle recenti polemiche sul ruolo eccessivo assunto dalle agenzie di rating americane. Non a caso, se andiamo ad analizzare come funzionano (e chi gestisce) i cds, le curiosità non mancano.
Anzitutto sono contratti stipulati sui mercati non regolamentati, sono comprati e venduti dagli operatori al telefono, senza un sistema elettronico e quindi privi di trasparenza. Il loro mercato è concentrato nelle mani di 4-5 colossi bancari americani e rimangono accessibili solo ai grandi investitori. Insomma si tratta di strumenti opachi e senza tracciabilità, che hanno però un potere enorme: quello di influenzare e condizionare mercati enormi, come quello dei titoli di Stato.
Possono diffondere il panico e far lievitare i rendimenti, contribuire a destabilizzare i governi, le borse e di conseguenza i risparmiatori.]
Dimenticatevi di Berlusconi e dell’austerità in Italia. Si tratta di un baraccone da circo eccessivo. L’austerità non riuscirà a riportare i rendimenti italiani ai valori precedenti. Gente, sono finiti quei giorni!
Ecco il vero problema: l’Italia ha bisogno di un avanzo primario di bilancio (al netto degli interessi) di circa il 5 per cento del PIL, solo per mantenere il suo indice di indebitamento costante a rendimenti attuali. Questo non è possibile che succeda. Allora, o i rendimenti dei titoli italiani devono scendere, o l’Italia diventa insolvente.
Più di questo, un’Italia sottoposta a pressione significa un’Eurozona sottoposta a pressione, e una recessione sempre più profonda con tutti i guai che si possono aspettare significa questo: l’Irlanda comincerebbe improvvisamente a non raggiungere i suoi obiettivi di disavanzo, per esempio. I titoli azionari bancari andrebbero sotto stress, scatenando situazioni peggiori di quella bancaria di Dexia.
Quindi, se l’Italia procedesse in sofferenza lungo sentieri di resa del 7 per cento, assisteremo ad una sgradevole recessione in doppia picchiata e a fallimenti bancari. E sappiamo che i rendimenti saliranno!
Lo scorso novembre, stavamo discutendo sull’Irlanda che si trovava nelle stesse condizioni con i suoi rendimenti a questi livelli. Tosto, i rendimenti balzavano al 9% e l’Irlanda veniva costretta ad un piano di salvataggio finanziario – un piano che per l’Italia sarebbe decisamente notevole.
Quindi siamo sicuramente di fronte ad un vero e proprio scenario da Armageddon (Apocalisse) finanziario.
Ecco quello che voglio ribadire. L’Italia ha bisogno di esercitare un avanzo primario di bilancio (al netto degli interessi) di circa il 5 per cento del PIL, solo per mantenere il suo indice di indebitamento costante a rendimenti attuali. Non sarà mai in grado di farlo!
Pertanto, i rendimenti per i titoli di Stato italiani devono scendere, o l’Italia risulterà insolvente quando dovrà onorare oltre 300 miliardi di euro di debito, solo nel prossimo anno.
L’austerità non tende a riportare i rendimenti italiani ai valori precedenti. In primo luogo, ora è in questione la solvibilità dell’Italia e gli scoraggiati venderanno.
Inoltre, gli investitori nei debiti sovrani ora temono di essere [ unhedged due to the Greek non-default plan ], senza copertura a causa del piano di non-default per la Grecia elaborato a Bruxelles il mese scorso.
Come mi ha dichiarato Marshall Auerback, dopo questo piano qualsiasi gestore di denaro con responsabilità fiduciaria non può comprare debito italiano o un qualsiasi debito sovrano di un membro dell’Eurozona.
Conclusione: senza l’intervento della banca centrale, l’Italia dovrà affrontare una insolvenza per crisi di liquidità. Gli investitori venderanno i titoli di Stato italiani e i rendimenti saliranno quando la crisi di liquidità diventerà parte di una spirale che tende ad auto-riprodursi: rendimenti più elevati generano un peggioramento dei fondamentali macro, che provoca un rischio di insolvenza più elevato, e quindi rendimenti ancora più elevati.
Depressione “morbida”
Credo che l’economia globale sia in una fase di ripresa ciclica all’interno di una depressione di più larga scala. Due anni fa, ho scritto:
“… tutti i paesi che mettono in circolazione la maggior parte del debito nella propria valuta (Stati Uniti, Eurozona, Gran Bretagna, Svizzera, Giappone) inflazioneranno. Essi stamperanno più soldi possibili in ragione di farla franca. Mentre l’economia vive una ripresa, questo creerà un falso boom, basato sugli aumenti dei prezzi delle risorse e delle materie prime. Si produrranno enormi dividendi per materie prime come l’oro, platino o argento. Tuttavia, quando il puntello della spesa pubblica sarà sottratto, l’economia globale ricadrà nella recessione.” –Credit Writedowns, ottobre 2009
La settimana scorsa ho scritto che l’attuale è “uno scenario di depressione morbida, in cui i paesi con un vero finanziatore di ultima istanza possono godere di misure di sostegno senza problemi.”
Il problema, tuttavia, è che la BCE non è un vero prestatore di ultima istanza, come andremo ora ad analizzare. La BCE dovrebbe puntare tutto, o no? Non ci sono molte opzioni.
Nessuno sta andando a comprare obbligazioni italiane ad una bassa resa senza contropartita, a prescindere dalla austerità, ora che il genio dell’insolvenza è uscito dalla bottiglia. Con misure di sostegno, alcune persone lo potrebbero fare.
Un default italiano equivale all’insolvenza del sistema bancario italiano. Un default italiano significa perdite massicce per le banche tedesche e olandesi ed altre. Qualsiasi scenario che presenta un default italiano provoca una Depressione, con la “D” maiuscola! La questione è solo politica e, quindi, imprevedibile.
I Tedeschi (e gli Olandesi), o consentono misure di sostegno, o devono affrontare la Depressione. La questione è del tutto semplice.
–Italy’s debt woes and Germany’s intransigence lead to Depression (La calamità del debito dell’Italia e l’intransigenza della Germania causano la Depressione).
Si delinea uno scenario apocalittico
Questo è il punto centrale per comprendere come proteggersi nel caso in cui la BCE decida di non comportarsi da prestatore di ultima istanza in favore dei governi nazionali dell’Eurozona. Si tratterebbe di un vero Armageddon, di un’autentica Apocalisse e lo scenario sarebbe la Grande Depressione.
La ragione per cui nessuna reale alternativa all’azione della BCE come prestatore di ultima istanza è offerta da parte della classe dei falchi è perché la sola alternativa è il collasso economico – e il riconoscere questo non è politicamente gradevole.
Sappiamo che l’Italia dichiarerà bancarotta senza il sostegno della banca centrale, sulla base dell’analisi di cui sopra. Il default in Italia scatenerebbe una cascata di fallimenti di banche tutte interconnesse, come è successo a causa della [ the insolvency of Creditanstalt in 1931 ] insolvenza del Creditanstalt (Istituto di Credito) nel 1931.
L’Italia potrebbe uscire unilateralmente dall’Eurozona e ridefinire i suoi debiti, ora quantificati in euro, nominalmente in una nuova valuta, la Lira, per prevenire il default? Forse.
Questo è un fatto da considerare in un secondo momento. Per ora, ecco cosa accadrà in caso di insolvenza dell’Italia.
Evento di credito (credit event, quando l’emittente del titolo assicurato si rivela impossibilitato a rimborsare il capitale):
Un default italiano comporterebbe un evento di credito, il che significa che il default non potrebbe verificarsi secondo un concordato volontario, che l’Unione Europea sta cercando di strappare nel caso della Grecia, perché l’Italia è semplicemente troppo grande perché le banche possano assumersi spontaneamente il carico degli ammortamenti necessari a far fronte alla sua insolvenza. In questo modo si renderebbero insolventi molte istituzioni finanziarie.
Anche nel caso greco, dubito che riceveranno la partecipazione da parte del settore privato sufficiente per ridurre significativamente il carico del debito sovrano greco.
Così, un default italiano sarebbe incontrollato, e subito cristallizzerebbe le perdite che dovranno essere iscritte nei bilanci di esercizio di coloro che detengono le obbligazioni italiane.
Assalto agli sportelli bancari:
Una volta si verificasse il default in Italia, le banche italiane sarebbero insolventi come risultato di queste perdite, poiché sono le più grandi detentrici del debito sovrano italiano. Dati i [10 billion euro writedown at Unicredit ] dieci miliardi di euro persi proprio ieri dal deprezzamento delle azioni di Unicredit, possiamo già constatare la debolezza di queste banche. Pertanto, dovremmo prevedere in Italia corse agli sportelli bancari in generale, e non solo a quelli delle banche più deboli.
Insolvenza della Spagna e della Slovenia:
Altri creditori sovrani più deboli all’interno dell’Eurozona, in assenza di stanziamenti da parte del Fondo Monetario Internazionale, si troverebbero sotto pressione di vendite pesanti. Questi paesi includono primariamente la Spagna e la Slovenia, ma sarebbero coinvolti anche il Belgio e poi forse l’Austria a causa della sua esposizione bancaria verso l’Europa orientale.
I rendimenti della Spagna hanno già oltrepassato il 6% e quelli della Slovenia hanno superato già il 7%. Questi governi andrebbero in default, e poi le perdite si riverberanno a cascata sui loro sistemi bancari.
I fallimenti porterebbero all’insolvenza delle banche nazionali e alla corsa agli sportelli bancari come in Italia.
Paesi come Irlanda, Portogallo e Grecia potrebbero predefinire il default (default controllato) per sfuggire alle restrizioni soffocanti di austerità, dato che il percorso di solvibilità ora insostenibile potrebbe causare una profonda depressione. Verosimilmente, anche questi paesi andrebbero in default.
Gli analisti come Sean Egan stimano eventuali perdite in Grecia attorno al 90% [ eventual losses in Greece will be 90%.] Nello scenario di default italiano, queste perdite andranno a cristallizzarsi da un giorno all’altro.
Contagio verso l’Europa dell’Est:
Le perdite dell’Unicredit hanno incluso deprezzamenti significativi in Europa orientale e nell’Asia centrale (Kazakistan e Ucraina). Un’area di contagio potrebbe coinvolgere altre banche altrove con l’esposizione di economie deboli in Europa orientale, come l’Ungheria e la Slovenia.
Banche greche, tedesche e austriache sarebbero più vulnerabili a causa della loro esposizione verso l’Europa centrale e i Balcani. L’Ungheria, già sotto la minaccia di un declassamento del debito sovrano ad alto rischio, nel mezzo di una diminuzione record del tasso di cambio fiorino/euro, soffrirebbe del contagio: la sua moneta sarebbe sottoposta a pressioni di vendite pesanti.
[N.d.tr.: 21 novembre 2011; al nucleo dei Paesi europei a rischio dopo Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia si aggiunge anche l’Ungheria che ha chiesto ufficialmente aiuto alla Commissione europea e al Fondo monetario internazionale.]
Altri debitori sovrani più deboli ne sarebbero influenzati.
Euro insolvenza delle banche:
Altri debitori con una significativa esposizione verso l’Italia soffrirebbero di svalutazioni enormi. L’esposizione della banca centrale verso il debito italiano è di un ordine di grandezza più grande di quella periferica nel suo insieme. Comunque, gli istituti finanziari esposti potrebbero essere ricapitalizzati dallo Stato. Le domande che si pongono per paesi del calibro di Germania, Francia e Paesi Bassi sono a) come esplicitare una contropartita da ottenersi da queste banche? gli obbligazionisti avrebbero delle perdite; b) come questo andrebbe a influenzare il livello del debito sovrano e la valutazione del credito? c) come potrebbe questa mancanza di capitale incidere sulla disponibilità del credito e sulla crescita economica?
Credit default swaps:
Visto che il default italiano sarebbe un evento di credito, si innescherebbe l’azione dei credit default swap, molti dei quali sono stati venduti da istituti finanziari statunitensi. Sarebbero queste istituzioni a pagare? Potrebbero farlo? Quanto le perdite italiane incideranno sul loro capitale di base?
Le stesse domande per i paesi dell’euro diventano applicabili anche per le banche statunitensi, che potrebbero anch’esse essere ricapitalizzate dallo Stato. (Gli Statunitensi permetterebbero un altro piano di salvataggio?): A) come esplicitare una contropartita da ottenersi da queste banche? gli obbligazionisti avrebbero delle perdite; b) come questo andrebbe a influenzare il livello del debito sovrano degli Stati Uniti e la valutazione del credito? c) come potrebbe questa mancanza di capitale incidere sulla disponibilità del credito e sulla crescita economica negli Stati Uniti?
Esistono un buon numero di altri potenziali eventi per cui potrebbero avvenire controlli sui capitali, disordini civili, disgregazione dell’Eurozona, colpi di stato di governi, ecc, ecc. Tutto questo è speculazione.
Ma soprattutto sono sei gli eventi che prevedo come una cosa certa: evento di credito, corsa agli sportelli bancari italiani, la Spagna e la Slovenia insolventi, contagio in Europa orientale, euro insolvenza bancaria, e innesco dei credit default swap. Chiaramente, ciò significherebbe una recessione economica di almeno pari grandezza della Grande Depressione.
Ho anche la tendenza a pensare che il contagio si diffonderà per tutta l’Eurozona, fino a quando questa non andrà in frantumi – e prendiamo in considerazione proprio gli attuali rendimenti in aumento in tutta la zona euro, oggi in Francia, Austria e anche in Olanda: questa è un’onda di crisi travolgente che attraversa l’Eurozona e che va ad infettare sempre più paesi, vicino, sempre più vicino al nocciolo duro.
Come Marshall ha scritto di recente, questo è un problema strutturale. Tutti i paesi dell’Eurozona devono affrontare vincoli e restrizioni di liquidità [ All of the euro zone countries face liquidity constraints ] e tutti alla fine soccomberanno all’onda travolgente dei picchi di rendimento, uno per uno, fino ad arrivare ad una soluzione sistemica: [ full monetisation and union or break up ], la monetizzazione e l’unione completa, o l’andare in pezzi.
–Felix Zulauf on the inevitability of further crisis in Europe, [Felix Zulauf sulla inevitabilità di una ulteriori crisi in Europa], luglio 2011
Mettete al riparo il vostro patrimonio
Mettersi al riparo contro questo esito significa prepararsi ad uno scenario a tinte fosche per azioni, titoli di Stato, valute, materie prime e metalli preziosi. Questo è un mondo di percorsi politici imprevedibili che certamente scateneranno disordini civili, repressioni governative e nazionalismo economico, ma che potranno comportare anche svalutazioni di monete competitive, controlli valutari, e guerre commerciali.
La mia opinione è che un tale scenario significherà assoluta perdita di peso economico a causa di dinamiche di deflazione del debito. La produzione economica dovrebbe diminuire in modo significativo, quanto i valori dei titoli e del debito ad alto rendimento. Anche i prezzi delle materie prime potrebbero abbattersi. Ma dipendendo dalla risposta politica dei governi, le obbligazioni e i metalli preziosi hanno andamenti di quotazioni dal carattere imprevedibile.
I governi come la Norvegia sono protetti a causa di un debito basso, e perché sono ricchi di risorse naturali. D’altra parte, i governi come l’Australia e il Canada sono esposti a causa del significativo indebitamento del settore delle famiglie e dall’alta valutazione dei beni immobili.
In buona sostanza, non esiste un posto dove trovare riparo nella zona dei titoli sovrani di Stato.
Se un investitore straniero in titoli di Stato vuole sapere dove stanno andando le valute e i tassi di interesse, non è nemmeno prevedibile in questo corso di eventi.
Se i governi cercano di inflazionare per cercare una via d’uscita, i metalli preziosi potrebbero essere un buon rifugio sicuro, anche se l’oro finanziario o cartaceo presenta un problema di affidabilità e l’oro fisico è soggetto a confisca.
Sul fronte dei terreni agricoli, come testimonia Jim Grant, i rendimenti sono già molto bassi, quindi bisogna chiedersi quanto di utile ci si possa ricavare da questo commercio. Ovviamente, in un mondo di repressione finanziaria e di deprezzamento delle valute competitive, tali investimenti non necessariamente perdono di valore. Obbligazioni societarie ad alta quotazione e titoli di alta qualità che pagano dividendi possono attualmente costituire il rifugio migliore.
Queste sono le mie considerazioni su ciò che un default italiano potrebbe significare. Gli argomenti nel complesso portano a concludere che un default sarebbe economicamente catastrofico e metterebbe in campo una serie di scenari insostenibili. Il potenziale di perdite di grandi dimensioni sarebbe significativo, e, quindi vale la pena di pensare come mettere al riparo i risparmi in un ambiente del genere, dato che i responsabili politici seri credono che abbandonare l’Italia al default possa essere una scelta politica giustificabile.
P.S. – dopo aver scritto questo articolo, ho notato un documento di David McWilliams, un noto economista irlandese, che prende in considerazione uno scenario di uscita dall’euro dell’Irlanda, come quello che ho ipotizzato per l’Italia qui sopra. Vedi il mio articolo highlighting McWilliams main points here.
* *Edward Harrison è il fondatore del blog Credit Writedowns (www.creditwritedowns.com) ed è uno specialista di finanza presso Advisors Global Macro. In precedenza, Edward è stato dirigente di strategie finanziarie presso Deutsche Bank, Bain, e Yahoo. Ha iniziato la sua carriera come diplomatico e parla tedesco, olandese, svedese, spagnolo e francese. Edward ha conseguito un MBA, diploma in economia aziendale alla Columbia University e una laurea in economia presso il Dartmouth College.
http://www.nakedcapitalism.com/2011/11/italian-default-scenarios.html
Articolo riportato da Credit Writedowns
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)
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