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Honduras: 59 assassini politici nel 2011

Immaginate che un attivista dell’opposizione venga assassinato in piena luce del giorno in Argentina, Bolivia, Ecuador o Venezuela da pistoleros mascherati, o sequestrato e assassinato da guardie armate di un notissimo sostenitore del governo. Sarebbe una notizia di primo piano nel New York Times e in tutti i notiziari televisivi. Il Dipartimento di Stato degli USA emetterebbe un’energica dichiarazione sui gravi abusi dei diritti umani. Se qualcosa di simile succedesse.

Ora immaginate che 59 assassini di questo tipo siano avvenuti fino ad ora quest’anno, e 61 l’anno scorso. Molto prima che il numero delle vittime sia arrivato a questo livello, questo fatto si sarebbe trasformato in un importante tema della politica estera statunitense, e Washington avrebbe già richiesto sanzioni internazionali.

Però stiamo parlando dell’Honduras, non della Bolivia o del Venezuela. Per questo, quando il presidente honduregno Porfirio Lobo si è recato a Washington recentemente, il presidente Obama lo ha salutato calorosamente e ha dichiarato:

“Due anni fa abbiamo assistito a un golpe in Honduras che ha minacciato di allontanare il paese dalla democrazia, e in parte per la pressione dell’opinione pubblica, ma anche per il forte impegno democratico e la leadership del presidente Lobo, ciò che vediamo è la restaurazione delle pratiche democratiche e un impegno per la riconciliazione che ci dà molte speranze”.

Non va dimenticato che il presidente Obama si è anche rifiutato di incontrarsi con il presidente democraticamente eletto che era stato rovesciato dal golpe menzionato, nonostante tale presidente sia stato tre volte a Washington cercando aiuto dopo il golpe. Era Mel Zelaya, il presidente di centro-sinistra rovesciato dai militari e dai settori conservatori dell’Honduras dopo aver varato una serie di riforme per le quali aveva votato la gente, come l’aumento del salario minimo e leggi di stimolo alla riforma agraria.

Ma ciò che più aveva fatto infuriare Washington era stato l’avvicinamento di Zelaya ai governi di sinistra dell’America del Sud, compreso il Venezuela. Non era più vicino al Venezuela di quanto lo fosse al Brasile o all’Argentina, ma ciò venne considerato un crimine inopportuno. Pertanto quando i militari honduregni rovesciarono Zelaya nel giugno 2009, il governo di Obama fece tutto il possibile nei sei mesi seguenti per assicurarsi che il golpe avesse successo. La “pressione della comunità internazionale” a cui ha fatto riferimento Obama nella dichiarazione riportata è arrivata da altri paesi, specialmente dai governi di sinistra dell’America del Sud. Gli USA stavano dall’altra parte, lottando – alla fine con successo – per legittimare il governo golpista attraverso “elezioni” che il resto dell’emisfero non ha voluto riconoscere.

Nel maggio di quest’anno Zelaya ha dichiarato pubblicamente ciò che aveva previsto la maggioranza di coloro che hanno seguito da vicino gli avvenimenti: che Washington si trovava dietro il golpe e che ha fatto in modo che si perpetrasse. Sebbene sia probabile che nessuno si prenda il fastidio di indagare il ruolo degli USA nel golpe, ciò è sufficientemente plausibile, vista la straordinaria evidenza delle circostanze.

Porfirio Lobo ha assunto il potere nel gennaio 2010, ma la maggioranza dei paesi dell’emisfero si è rifiutata di riconoscerne il governo perché la sua elezione era avvenuta attraverso gravi violazioni dei diritti umani. Nel maggio del 2011 si è arrivati finalmente ad un accordo a Cartagena, in Colombia, che ha permesso il rientro dell’Honduras nell’Organizzazione degli Stati Americani. Ma il governo di Lobo non ha rispettato la parte degli accordi di sua competenza, che comprendeva le garanzie per i diritti umani dell’opposizione politica.

Mi sembra opportuno menzionare due delle decine di assassini politici che sono avvenuti durante la presidenza di Lobo, secondo la lista compilata dal Chicago Religious Leadership Network on Latin America (CRLN):

“Pedro Salgado, vicepresidente del Movimento Unificato Contadino del Aguan (MUCA) è stato eliminato a colpi di arma da fuoco e successivamente decapitato approssimativamente alle 8 di sera nella sua casa dell’impresa cooperativa La Concepcion. Anche sua moglie, Reina Irene Mejia, è stata assassinata a colpi di arma da fuoco nella stessa occasione. Pedro aveva subito un tentativo di assassinio nel dicembre del 2010… Salgado come i presidenti di tutte le cooperative che rivendicano il diritto alle terre utilizzate dagli impresari dell’olio di palma africana nell’Aguan, era stato oggetto di continue minacce di morte dall’inizio del 2010”.

Il coraggio di questi attivisti e organizzatori davanti a tale violenza e orribile repressione è sorprendente. Molti degli assassini dell’anno scorso sono avvenuti nella Valle Aguan nel Nordest, dove i piccoli agricoltori lottano per i diritti alla terra contro uno dei proprietari terrieri più ricchi dell’Honduras, Miguel Facussé. Produce biocombustibile in questa regione di terre contese. E’ vicino agli USA e ha rappresentato un importante appoggio per il golpe del 2009 contro Zelaya. Le sue forze private di sicurezza, insieme a poliziotti e militari sostenuti dagli Stati Uniti, sono responsabili della violenza politica nella regione. L’aiuto degli USA ai militari honduregni è aumentato dal momento del golpe.

Recenti dispacci diplomatici USA pubblicati da WikiLeaks rivelano che i funzionari statunitensi sapevano dal 2004 che anche Facussé aveva trafficato con grandi quantitativi di cocaina. Dana Frank, professoressa dell’Università di Santa Cruz, esperta dell’Honduras, lo ha così riassunto per The Nation: “Fondi e addestramento della “guerra contro la droga” degli Stati Uniti, in altre parole, si stanno utilizzando per appoggiare la guerra di un noto narcotrafficante contro i contadini”.

Anche la militarizzazione della guerra contro la droga nella regione spinge l’Honduras sulla stessa pericolosa strada del Messico, un paese che ormai ha uno dei più alti tassi di assassini nel mondo. The New York Times informa che l’84% della cocaina che arriva negli Stati Uniti passa ora per l’America Centrale, in comparazione con il 23% del 2006, quando Calderon era arrivato alla presidenza del Messico e aveva lanciato la sua guerra contro la droga. Anche The Times riferisce che “i funzionari statunitensi sostengono che il golpe del 2009 ha spalancato la porta ai cartelli [della droga]” in Honduras.

Quando ho votato per Barack Obama nel 2008 non avrei mai immaginato che in America Centrale sarebbero ritornati al governo gli squadroni della morte, del tipo di quelli che Ronald Reagan aveva appoggiato così vigorosamente negli anni ottanta. Sembra invece che in Honduras sia avvenuto proprio questo.

Il governo ha ignorato fino ad ora la pressione di quei membri democratici del Congresso che hanno chiesto il rispetto dei diritti umani in Honduras. Tali sforzi continueranno, ma l’Honduras ha bisogno dell’aiuto del Sud. E’ stata l’America del Sud a guidare gli sforzi per respingere il golpe del 2009. Washington è riuscita a sventarli, ma non può abbandonare l’Honduras mentre gente non diversa dai suoi amici e sostenitori nel paese viene assassinata da un governo sostenuto dagli USA.

http://www.counterpunch.org/2011/11/21/the-bloodshed-in-honduras-obamas-disgrace/

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