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“Mediterraneo mare di guerra”. Capire la crisi, opporsi alla guerra

La campagna riprende l’analisi già avviata lo scorso anno con i due convegni su “La mala Europa” e ha lo scopo di approfondire gli sviluppi e le conseguenze della crisi globale sull’area definita Mediterraneo allargato che comprende, oltre all’Europa centrale e mediterranea, il Nord Africa e il Medio Oriente, e i paesi dell’ex blocco socialista dell’Est Europa.

L’ assemblea che ha visto la presenza di oltre 120 compagni, organizzata in collaborazione con il Comitato Con la Palestina nel cuore e con il Collettivo Militant, aveva come sottotitolo Libia, Siria…Iran? Le guerre “umanitarie” ai tempi della crisi globale, e ha preso in esame gli sviluppi della situazione in Nord Africa e Medio Oriente dopo la cosiddetta Primavera Araba, proprio per la pericolosità della crisi in atto nell’area.

Sono state dimostrate le profonde differenze tra le rivolte popolari in Tunisia e in Egitto e la guerra colonialista, imperialista e di rapina scatenata da Stati Uniti, Francia, Inghilterra e Italia contro la Libia e spacciata come guerra umanitaria. Con il sostegno in Italia non solo del centro sinistra, ma anche di una parte dell’ex movimento pacifista che non ha saputo comprendere le dinamiche in atto, e che ha finito per assumere posizioni subalterne e funzionali al mainstream occidentale.

La relazione introduttiva ha sottolineato il ruolo giocato dalle petro monarchie e dall’Islam religioso sia nella normalizzazione dei movimenti della Primavera Araba che nell’attiva partecipazione ieri contro la Libia e oggi contro la Siria, contro la quale di nuovo c’è una convergenza tra islamici e potenze imperialiste nel sostenere la guerra “umanitaria” per deporre Bashar al Assad, l’ultimo alleato dell’Iran nell’area medio orientale.

La crisi economica ha reso cruciale il controllo politico ed economico di un’area vasta, ricca di risorse, militarmente e commercialmente strategica, in cui non c’è spazio né per le richieste di democrazia e giustizia sociale avanzate dalle proteste in Tunisia, Bahrein ed Egitto né per paesi che si oppongono ai dettami del FMI. Il disegno del Grande Medio Oriente oggi ha messo in piedi una variegata alleanza che va dagli USA,UE, Israele, al GCC (Gulf Countries Council) e alla Turchia.

Una volta eliminate dalla scena la Libia e la Siria, ha sottolineato nel suo intervento Giulietto Chiesa, Israele avrà la strada aperta per colpire l’Iran, coinvolgendo tutti in un conflitto che potrebbe portare direttamente alla catastrofe della terza guerra mondiale.

L’intervento del Collettivo Militant ha proposto uno studio attento e dettagliato sull’informazione e sulle tecniche di manipolazione mediatica usate dall’imperialismo in tutte le guerre degli ultimi venti anni.

Tema questo ripreso anche da Maurizio Matteuzzi de Il Manifesto che nel suo intervento si è soffermato soprattutto sulla manipolazione mediatica nella guerra in Libia e nelle provocazioni in atto ora contro la Siria.

Di grande interesse l’excursus storico sull’Islam politico oggi alleato dell’occidente, nell’intervento di Vincenzo Brandi del Comitato Con la Palestina nel cuore, che ha ricostruito il ruolo giocato da questa forza politica, dall’Indonesia al Pakistan, dall’Afghanistan alla Libia nel rovesciamento di governi scomodi non aderenti al Washington Consensus.

Marinella Correggia ha parlato specificatamente degli effetti collaterali delle guerre “umanitarie”, tra i quali spicca la tragedia dell’esodo di quelle fasce di popolazione appartenenti ai “vinti” che sono costrette a espatriare per sopravvivere alle vendette dei “vincitori”, come gli irakeni di allora e i libici di oggi.

Concludendo l’incontro, la Rete dei Comunisti ha ribadito come i conflitti e gli scenari che si stanno delineando nell’area mediterranea allargata stiano tutti all’interno del principale conflitto capitale-lavoro, che oggi si ripropone con tutta la sua forza a causa della crisi sistemica del modo di produzione capitalistico.

E’ stato evidenziato, inoltre, come questa area stia diventando il teatro principale dello scontro tra blocchi politico-economici, interno alle dinamiche del conflitto di classe determinate dalla nuova divisione internazionale del lavoro e dalla competizione globale inter imperialistica che ne deriva.

L’unica risposta possibile a tutto questo è quella dell’organizzazione e del rafforzamento politico del conflitto sociale e di classe e la strategia politica non può che essere quella del superamento del capitalismo, come ci insegnano i paesi dell’Alba in America Latina, che partendo dalle lotte contro il neo-liberismo hanno intrapreso una strada per l’uscita dal capitalismo e la costruzione del socialismo possibile nel XXI secolo.

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