Due grandi bandiere quella di Cuba e quella della Palestina hanno fatto da sfondo alla manifestazione, che ha visto la partecipazione di tatissimi compagni e compagne che si sono dati appuntamento al Colosseo per la giornata internazionale del prigioniero politico. Il 17 aprile la giornata internazionale del prigioniero politico palestinese a Roma così ha assunto un carattere pienamente internazionalista allargandosi a sostegno della battaglia di libertà per tutti prigionieri politici antimperialisti. Nella stessa piazza si è celebrata infatti la prima delle cinque giornate (17 -21 aprile) di mobilitazione internazionale a sostegno della liberazione dei cinque patrioti cubani imprigionati da oltre 14 anni nelle galere statunitensi .
A chiamare la manifestazione sono stati il Forum Palestina, la Palestinian Prisoners’ Society, Nuestra America, Comitato Italiano Giustizia per i 5, Comitato con la Palestina nel cuore, Radio Città Aperta, Circolo Italia-Cuba di Roma “Julio Antonio Mella”, il Collettivo Militant e con un specifico comunicato l’Unione Sindacale di Base.
La Federazione sindacale Mondiale (FSM- WFTU) ,di cui l’USB fa parte, ha infatti aderito alla giornata mondiale a sostegno del prigioniero politico palestinese, dando vita a sit in e manifestazioni di fronte ai consolati israeliani in diverse città nel mondo. In questo modo il sindacalismo di classe e conflittuale ha portato il suo sostegno concreto a questa importante giornata di mobilitazione .
Tanti popoli una lotta c’era scritto nei comunicati: ”la lotta di Cuba rivoluzionaria non è separata dalla lotta del popolo palestinese, non è diversa e non può essere separata dalla lotta di quanti in tutto il mondo si battono per il progresso e l’indipendenza del proprio popolo, in Latino America, in Africa ma anche in Europa; è lo stesso blocco di interessi economici e politici che, in forme diverse da paese a paese, impone il suo dominio a danno dei popoli”.
Alla manifestazione si sono aggiunte le bandiere del PKK del Kurdistan sotto occupazione Turca una folta delegazione di curdi si è unita alla manifestazione ed ha denunciato le condizioni dei prigionieri e del Presidente Ocalan anch’esso sepolto vivo nell’isola prigione di Imrali. La bandiera basca (Ikurrina) ricordava il prezzo durissimo che la sinistra di classe ed i sindacalisti baschi stanno pagando per una lotta che dura da decenni e che anche nell’ultimo periodo ha visto appunto l’incarcerazione di diverse figure del movimento sindacale.
In diverse città d’Italia si sono svolte manifestazioni a sostegno dei prigionieri politici palestinesi,Pisa, Milano solo per citarne alcune e senza dimenticare quelle messe in campo negli scorsi mesi a testimoniare l’attenzione che giustamente i compagni riservano al tema della resistenza popolare. In questa cornice la campagna per la liberazione dei cinque rivoluzionari oltre a continua ad attivare con grande impegno tutte le associazioni e comitati di solidarietà sta ormai investendo settori sempre più ampi della società, persino ambienti per noi inusuali e non coincidenti e coinvolte nei nostri percorsi di lotta, ad esempio come il mondo cattolico , in particolare delle parrocchie dei quartieri popolari, insieme ad altri settori religiosi che si sono dimostrati culturalmente sensibili ed interessati a sostenere la campagna promossa e organizzata in Italia dal Comitato Giustizia per i Cinque. Negli ultimi tre decenni l’ideologia del nuovo ordine mondiale attraverso delle guerre senza fine ha messo in atto un offensiva su vasta scala.
Con questa iniziativa si è deciso di sottolineare come la repressione dei movimenti di liberazione debba essere inquadrata nel più ampio conflitto che contrappone le forze imperialistiche al fronte antimperialista internazionale. In questo senso la lotta e la solidarietà internazionalista per la liberazione dei prigionieri politici rafforza i legami tra le organizzazioni ed i movimenti rivoluzionari e progressisti.
Privo di un effettivo contrappeso il capitalismo, anche in ragione della crisi sistemica in cui si dibatte, ha ridisegnato gli equilibri contro la classe lavoratrice a livello mondiale, attraverso un’ offensiva che è stata ideologica, economica, sociale, ma è stata anche segnata dalla chiusura degli spazi di agibilità politica e dal costante ricorso alla guerra e alla repressione sempre più dura contro i movimenti rivoluzionari, dell’opposizione sociale, del sindacalismo di classe,indipendente e conflittuale. Davanti alla crisi, all’accentuata competizione tra aree valutarie e nuove potenze emergenti, il capitale internazionale chiude gli spazi di mediazione e contrappone la più ferrea repressione contro tutte le spinte emancipatrici dei popoli.
Ritorna con forza la politica neo coloniale che in alcuni casi si traveste da guerra umanitaria, in altri si presenta come lotta al narcotraffico, è il caso del Plan Colombia, oppure attraverso le politiche di strozzinaggio del FMI e della Banca Mondiale. Questa offensiva però deve fare i conti con la resistenza dei popoli, in Europa, in Medio Oriente, Afganistan, ed in maniera politicamente più avanzata in Latino America con l’alleanza politica, esocio- economica dei paesi dell’ALBA nel progetto del Socialismo nel XXI secolo.
Il “nuovo ordine mondiale”, il “nuovo Medio Oriente”, o “ l’iniziativa per il Sud America” assumono così il significato di fronti di battaglia antimperialista , sempre di più anche a carattere anticapitalista, contro il barbaro dominio imposto dagli Stati Uniti , da Israele, dall’Unione Europea e da tutti gli alleati della NATO .
Nel caso dell’occupazione israeliana, questa si fa ogni giorno più dura e si rafforza facendo leva sul ruolo strategico che ricopre nei confronti della politica neocoloniale delle potenze imperialiste nell’area del Medio Oriente e del Nord Africa. Sarebbe un errore non mettere in relazione , l’aumento della repressione israeliana contro il nemico “interno” palestinese e la politica di aggressione verso i paesi dell’area, Siria ed Iran in primo luogo. Per Israele la questione palestinese deve essere tenuta duramente sotto controllo a maggior ragione di fronte all’apertura di possibile conflitto regionale. Anche per queste ragioni Israele si sente legittimata ad incrementare l’uso della forza all’interno dei confini imposti dalla sua occupazione. La lotta dei prigionieri, e per la loro liberazione, è bene ricordarlo per stessa dichiarazione dei palestinesi in carcere e fuori , è tutta interna al movimento di liberazione nazionale. Nelle prigioni il movimento palestinese serra le fila contro l’occupante sionista e trova elementi di unità nelle parole dei suoi leader e nell’azione dei detenuti. Sostenere questa lotta è un dovere ed insieme una necessità politica tutta interna ai valori più alti dell’internazionalismo .
Nella stesso modo i popoli dell’America Latina combattono il nemico imperialista che aggredisce i popoli del Medio Oriente. La battaglia lanciata per il ritorno immediato nel loro paese dei Cinque rivoluzionari cubani, rientra a pieno titolo nella lotta internazionale di resistenza antiimperialista, anticapitalista ,per il diritto all’autodeterminazione dei popoli. I Cinque cubani sono ostaggi politici in mano all’impero USA, perché pagano con lunghe pene detentive la colpa di avere smascherato le complicità tra lo Stato Nord Americano e la rete terroristica anticubana. L’attuale fase di rinascita politica dell’America Latina segnata da un forte protagonismo delle masse popolari, è fortemente legata a Cuba. Le esperienze dei governi del Venezuela, della Bolivia, dell’Ecuador,del Nicaragua, come di altri paesi a guida progressista come l’Argentina o del Brasile, hanno sviluppato con il governo cubano un processo di relazioni socio-economiche e politiche che di fatto contrastano gli interessi economici imperialisti in Latino America . Cuba attraverso i Cinque paga quindi per essersi difesa dal terrorismo di Stato, paga perché il suo carattere rivoluzionario socialista continua ad essere un riferimento importante per il Continente Rebelde e per i rivoluzionari in tutto il mondo.
Da sempre l’imperialismo, degli Stati Uniti ed europeo,usa ogni mezzo contro i governi ed i paesi che si liberano dal dominio del capitale e scelgono la strada dell’autodeterminazione , dell’indipendenza. Il diritto alla resistenza, questo è quello che l’imperialismo vuole seppellire nelle prigioni di annientamento turche, nei supercarceri israeliane, nelle carceri spagnole, nei penitenziari statunitensi; ecco perché è sempre centrale il percorso della solidarietà internazionalista di classe, una ragione in più per sostenere la resistenza dei popoli in lotta e rivendicare da subito la liberazione dei prigionieri politici .
Commissione Internazionale Rete dei Comunisti
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