La nuova formazione politica spera già di poter influire sulle decisioni in materia finanziaria del prossimo governo.
IL DIPARTIMENTO dell’Aube ha fama di essere saldamente ancorato a destra. Il deputato locale e sindaco del principale agglomerato urbano della zona, Troyes, altri non è se non François Baroin, ministro dell’Economia, delle finanze e dell’industria di Nicolas Sarkozy. Prima della scomparsa dell’industria tessile, il movimento operaio era fortemente radicato nel dipartimento. Oggi invece, quella che era la Bourse du travail [un tempo ufficio di collocamento per iscritti al sindacato, poi trasformato in sede di tutte le confederazioni, ndt] sta per essere trasformata in un centro commerciale. «Uno scandalo» per i militanti comunisti della città, che hanno dato vita a un’associazione per preservare la memoria di quel luogo. Erede di questa tradizione di lotte operaie, il Partito comunista francese (Pcf) costituisce un ingranaggio fondamentale all’interno dell’organizzazione del Front de gauche. È infatti nella sede del giornale di partito, La Dépêche de l’Aube, in avenue Anatole France, che gli attivisti si ritrovano per programmare le riunioni e fare scorta di volantini. Qui come altrove, la costruzione del Front de gauche racconta la storia di un superamento progressivo dei particolarismi. «Questa unità non si è fatta in un giorno – spiega Jean-Pierre Cornevin, segretario dipartimentale del Pcf. Partivamo dalla disfatta del 2007. Era necessario un po’ di tempo per elaborare qualcosa di nuovo».Qualcosa di nuovo: ecco il sentimento forse più tangibile nelle gigantesche adunate di Parigi, Marsiglia, Tolosa. «Dove eravamo andati a finire per tutto questo tempo? Ci mancavamo, ci aspettavamo. Ci siamo ritrovati…»È così che il candidato del Front de gauche, Jean-Luc Mélenchon, salutava, il 18 marzo 2012, a piazza della Bastiglia, a Parigi, un’immensa folla ammantata di rosso, venuta a sostenere la sua candidatura alle elezioni presidenziali. Negli incontri organizzati dappertutto nel paese, a stupire è soprattutto la diversità dei partecipanti: uomini e donne di tutte le età, lavoratori precari e impiegati, semplici curiosi o, all’opposto, agguerriti militanti affiliati alla miriade di formazioni associative, sindacali e politiche che compongono questa galassia. Sulla scia di Die linke in Germania o del Bloco de esquerda in Portogallo, il Front de gauche aspira a realizzare in Francia la ricomposizione unitaria di un movimento situato a sinistra del Partito socialista (Ps), a lungo disperso e spesso frammentato.Si tratta di un’ambizione non nuova, ma anzi costitutiva, della storia di questa famiglia politica: infatti, sono stati molteplici gli appelli all’unità e le alleanze con cui si è cercato di organizzare una formazione capace di contendere l’egemonia al Ps e promuovere progetti di trasformazione della società.
La battaglia fondativa del 2005
GIÀ NEL 1998, la candidatura alle presidenziali di Pierre Juquin, ex dirigente del Pcf, fu appoggiata da comitati misti di militanti di diversa provenienza, tra cui alcuni trotskisti e membri del Parti socialiste unifié (Psu). Quanto al Mouvement des citoyens (Mdc), fondato nel 1993 da Jean-Pierre Chevènement, si proponeva di riunire socialisti contrari al trattato di Maastricht e alla prima guerra del Golfo, rinnovatori comunisti, femministe e radicali.Alla fine dell’era Mitterand, la mobilitazione sociale di novembre e dicembre 1995 inaugurò una serie di contestazioni contro le politiche neoliberiste, tanto sul terreno sociale che su quello intellettuale. Ma il radicalismo della sinistra sindacale o associativa si esprimeva solo a margine dei partiti, attraverso una distanza spesso critica nei confronti della politica istituzionale (1). Mentre il Pcf faceva la scelta della «gauche plurielle», cioè dell’alleanza con i socialisti e gli ecologisti, la sinistra estrema si concepiva come incitamento a una combattività sociale renitente all’esercizio del potere sotto tutela socialdemocratica. Ma, per quanto unita nelle mobilitazioni (lavoro, pensioni, scuola), la sinistra antiliberista restava divisa nelle urne: i suoi voti si contavano, ma non si sommavano.La battaglia del 2005 contro il trattato costituzionale europeo (Tce) ha rappresentato un punto di svolta nell’emergere di una dinamica unitaria. «Una campagna di base condotta, durata mesi, è stata condotta da collettivi unitari bersaglio dell’ostilità dei grandi media», ci ricorda Mathieu Colloghan, membro degli Alternatifs, i cui striscioni mescolano il verde con il rosso. Sindacalisti, noglobal, comunisti, trotskisti, militanti di associazioni uniti a ecologisti e socialisti dissidenti, si sono ritrovati fianco a fianco in una lotta infine vittoriosa: è stato in parte grazie alla loro azione se, al momento del referendum del 29 maggio 2005, il «no» al trattato si è imposto con il 54,67% dei voti. Un episodio che ha segnato gli animi e ridisegnato il quadro delle divisioni, e ha dimostrato, secondo Colloghan, «la disponibilità di tutta una frangia della popolazione francese verso idee orientate a una messa in discussione del sistema».L’anno seguente vengono creati dei comitati per dare uno sbocco politico a questa mobilitazione unitaria. E, se i trotskisti di Lutte ouvrière (Lo) e della Ligue communiste révolutionnaire (Lcr) restano al di fuori di tale processo, la direzione del Pcf decide invece di prendervi parte. L’iniziativa si arena sulla designazione di un candidato comune per le elezioni presidenziali del 2007. Il risultato è catastrofico: Olivier Besancenot (Lcr) ottiene il 4,08% dei voti, Marie-George Buffet (Pcf) l’1,93%, Arlette Laguiller (Lo) l’1,33% e José Bové (il candidato dei comitati) l’1,32%, quando, nella precedente consultazione del 2002, i candidati trotskisti e comunisti avevano totalizzato da soli il 13,8% dei suffragi. Sarkozy trionfa e la sinistra critica crolla. Per molti, questo è il prezzo che paga per le sue divisioni. «Gli elettori pensavano che l’unica alternativa che avevano fosse tra una sinistra di governo che non fa più sognare e una sinistra contestataria senza futuro– spiega Marie-George Buffet. Bisognava trarre le giuste lezioni di quel fallimento». Il 2008 rappresenta un momento di maturazione sulla strada della ricomposizione. Da una parte, nel febbraio del 2009, l’Lcr si dissolve in una struttura che si auspicava più larga, il Nouveau parti anticapitaliste (Npa). Dall’altra, nel novembre 2008, nasce il Parti de gauche (Pg), da una frazione del Ps vicina a Mélenchon che si era molto impegnata nella lotta contro la ratifica del trattato costituzionale europeo.
Di colpo, questo «partito-crogiolo» ambisce alla riconfigurazione di tale spazio politico. Creato nel marzo del 2009, il Front de gauche «vuole riunire l’insieme delle forze che intendono promuovere una vera politica di sinistra». Inizialmente, si tratta di una semplice alleanza elettorale che raggruppa, oltre al Pcf – che dispone di una robusta rete di eletti e militanti –, il giovane Pg e la Gauche unitaire (Gu), scaturita dalla Lcr. Lanciata in concomitanza con le elezioni europee del giugno 2009, la coalizione viene rinnovata anche in occasione delle elezioni regionali dell’anno seguente, poi di quelle cantonali del 2011, ma sulla base di alleanze variabili a seconda delle condizioni locali. Alla fine, l’alleanza trova un accordo per le elezioni del 2012: il Pcf, spinto dal suo segretario nazionale, Pierre Laurent, accetta la designazione di un non comunista in vista delle presidenziali, ottenendo in cambio che la maggior parte delle candidature alle legislative siano riservate ai propri militanti, che spesso sono deputati uscenti. La coalizione si regge su un «programma condiviso», presentato in occasione della festa de L’Humanité nel settembre 2011. Come il programma comune del 1981 tra Ps e Pcf, anch’esso sarà pubblicato sotto forma di un libricino destinato alla più larga diffusione (2). «Tutto ciò si è fatto non senza difficoltà – precisa la Buffet. Come sempre quando si costrusce un’iniziativa unitaria. Ma ha funzionato». Al movimento si sono unite anche altre piccole formazioni (3).La scelta di una personalità capace di affrontare il caos mediatico – sono le elezioni presidenziali a richiederlo – si rivela essenziale. Ex senatore socialista, ex ministro per l’insegnamento professionale nel governo di Lionel Jospin, deputato europeo, Mélenchon è un uomo politico d’esperienza. Avversario temuto nei dibattiti, si è segnalato al grande pubblico per l’atteggiamento decisamente derisorio tenuto nei riguardi delle star del giornalismo che si ergono a paladini dell’ordine neoliberista. I suoi discorsi insistono sui rapporti di forza economici e sull’urgenza di difendere «chi non ha niente» contro le «persone altolocate», il «popolo» contro i «potenti». Delineano inoltre una narrazione sociale capace di realizzare una «sintesi ideologica» tra le diverse sensibilità della sinistra (la solidarietà, la fratellanza, l’uguaglianza), così come fra i valori repubblicani e quelli della rivoluzione francese.Ma se il Front de gauche è riuscito a innescare un processo, è anche grazie alla forza di una mobilitazione capace di sostenere un lavoro sul territorio. Nel dipartimento dell’Aube, l’intesa tra i militanti si è realizzata senza difficoltà. Molti si conoscevano da tempo. «Possiamo parlarci francamente e risolvere più facilmente i nostri disaccordi», dice Mireille Brouillet, insegnante in pensione e responsabile del Pg nel dipartimento. Il movimento annovera tra i suoi membri anche dei militanti provenienti dall’Npa. Per Denis Canton, sindacalista, «è riuscito là dove l’Npa ha fallito. Mentre quest’ultimo tentava di aggregare dei militanti attorno a un progetto politico chiuso, il Front de gauche aggrega dei partiti su un progetto politico aperto».
Un progetto politico capace di attrarre cittadini esterni al circuito della militanza, come Alain Moustier, giovane informatico giunto alla sinistra in seguito ad una presa di coscienza ecologista. «Non avevo mai incontrato una proposta politica uguale a questa», confida. Si è unito all’Association citoyenne pour une dynamique Front de gauche nell’Aube, che consente ai cittadini di aderire senza passare per l’iscrizione ai partiti. La militanza tradizionale (affissione di manifesti, volantini) si mescola così a delle forme innovative, come la costituzione di diversi «fronti» destinati ad intessere relazioni con settori specifici della società: il Front des luttes riunisce ad esempio i lavoratori che si battono per impedire la chiusura delle proprie fabbriche.Tale complesso di azioni mira a contrastare lo scenario mediatico, di elezioni dall’esito già deciso in partenza e lo zelo degli «esperti» nel circoscrivere il perimetro delle possibilità in campo. «Noi abbiamo condotto una battaglia sullo stesso oggetto delle elezioni – spiega François Delapierre, direttore della campagna elettorale di Mélenchon. Al di là della necessità di battere Nicolas Sarkozy, per noi il problema era quello di imporre i nostri temi nel dibattito pubblico: la VI Repubblica, controllo della finanza, tetto ai redditi più alti, pianificazione ecologica, ecc.»
L’era delle rinunce al tramonto
IL FRONT DE GAUCHE associa parole d’ordine combattive («Prendete il potere», «Resistenza») all’obiettivo di ripoliticizzare scelte economiche presentate come ineluttabili. «Da trent’anni a questa parte, i poteri in carica hanno predicato l’idea che noi non potessimo fare niente. Un discorso di rinuncia che va fatto esplodere», insiste Marie-George Buffet. Il programma proposto riabilita così la spesa pubblica, raccomanda un innalzamento dei salari (il salario minimo a 1.700 euro) e delinea rotture strutturali, soprattutto rispetto al quadro europeo: anche se la tematica è stata poco evidenziata, parla infatti di «affrancarsi dal trattato di Lisbona» e praticare una «disobbedienza alle direttive europee». Ostenta lo stendardo del volontarismo politico, abbandonato dalla sinistra di governo e recuperato nel 2007 da Sarkozy. «Per noi è centrale il riferimento all’America latina», precisa Delapierre. In questo senso, non si tratta di «cambiare il mondo senza prendere il potere», ma al contrario di prendere il potere per innescare un’ «insurrezione dei cittadini».Il Front de gauche ormai non è più un semplice cartello di organizzazioni, ma travalica gli interessi particolari dei suoi membri. Senza tuttavia cancellarli. La sua coesione dipende tanto dalla personalità di Mélenchon quanto dall’aspirazione dei suoi militanti a perseguire questa strategia di unità. Per il sociologo Razmig Keucheyan, che ha preso le distanze dall’Npa per partecipare a questo processo, «il contesto attuale impone di costituire un fronte unico contro l’austerità che riunisca i diversi settori della contestazione – partiti, associazioni, sindacati –, senza comunque far sparire le differenze esistenti. Tutto ciò richiede tempo. Si devono tirare le somme delle nostre esperienze collettive e andare avanti».Ma che ruolo politico può giocare il movimento in un momento di così grandi turbolenze? Allo stesso modo in cui il Front national si propone di essere il vettore di una possibile ricomposizione della destra, il Front de gauche intende spostare le linee di frattura esistenti nell’altro campo. Mélenchon ritiene che in caso di vittoria dei socialisti, la situazione imporrà loro di allinearsi alle sue idee: «Penso che François Hollande sarà obbligato ad adeguarsi ai miei metodi e che sia sufficiente aspettare del tempo – ha dichiarato a Les Echos il 19 aprile scorso. La finanza lo attaccherà, come ha attaccato Sarkozy. A quel punto non avrà che due opzioni: resistere o capitolare».
* Da Le Monde Diplomatique (Maggio 2012). Politologo, coautore de L’Europe sociale n’aura pas lieu, Raisons d’agir, Parigi, 2009.
(1) Stathis Kouvélakis, «Echecs et recompositions de la gauche radicale», Mouvements, Parigi, n° 69, 2012.
(2) L’Humain d’abord. Le programme du Front de gauche et de son candidat commun Jean-Luc Mélenchon, Librio, Parigi, 2011. La diffusione del libro ha superato le quattrocentomila copie.
(3) La Fédération pour une alternative sociale et écologique, Convergences et alternative, République et socialisme, le Parti communiste des ouvriers de France.
(Traduzione di Fran. Bra.)
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